L’AMORE AI TEMPI DEL GASDOTTO

| 26 Agosto 2024 | 1 Comment

di Raffaele Polo ______

Mentre era in corso la preparazione per l’opuscolo che, ogni anno, accompagna i festeggiamenti per San Foca, il Presidente del comitato feste mi ha porto una busta, con  francobollo straniero e ricca di timbri. «Tieni» mi ha detto «Me l’hanno portata stamattina, forse tu potrai ricavarne qualcosa di utile…Io non ci ho capito niente…»

Affascinato dall’aspetto misterioso della faccenda, ho subito letto il foglio, scritto al computer e decisamente anonimo: sembrava proprio uno di quei messaggi che vengono rinchiusi in una bottiglia e affidati al mare…

Ecco il testo integrale:

______

«Non ho punti di riferimento, non saprei proprio a chi rivolgermi, il tempo passa e, anche adesso che ne scrivo e cerco di mettere ordine nei miei pensieri, nei ricordi, pure mi sembra tutto un sogno, una vera e propria fantasia che ho vissuto o soltanto ricreato nella mia mente. Ma procediamo con ordine: un passo alla volta e forse, sottolineo forse, approderò a qualcosa.

Chiamatemi Ismaele. Si, lo so che così inizia quel terribile libro, segnato da un destino ineluttabile che, poi, è finito nella letteratura per l’infanzia, dico di Moby Dick che altro non è che la storia di una ricerca, di una maledizione, vedere emergere dalle onde l’enorme cetaceo e cercare di vincere la sua furia, di distruggerlo, è una terrificante identità col libro per eccellenza, con la Bibbia, e con il male supremo.

E il mio sogno, la mia immaginazione vede proprio questo mostro che avanza nelle acque, stavolta è tutto di ferro, ma è ancora più pericoloso, ha un lungo nome stampigliato sulla fiancata, lettere che paiono impresse col fuoco e sono a certificare un nome e cognome, Adhemar De Saint Venant, il mare è quello di casa vostra, lo splendido mare di San Foca, non l’avevo mai visto, me ne sono innamorato subito, il lembo di terra con la chiesa in bella vista  è diventato per giorni il nostro Orizzonte, soprattutto la sera, quel pezzo di costa era un richiamo fortissimo, proprio come le Sirene con Ulisse.

Venivamo dal Nord Europa, imbarcati su quel mostro ultramoderno, una macchina da guerra pronta a scavare, sventrare, stravolgere, posare tubi, distruggere l’ecosistema e far progredire l’avvenire e gli accordi di spietati commercianti e banchieri che non avrebbero mosso una piega pur di raggiungere i propri venali scopi.

Ma a me, Ismaele, non interessava nulla di tutto questo: avevo un ingaggio molto soddisfacente su quella nave e mi piaceva stare lì, a sorvegliare quel pezzo di costa, per portare a termine, ad ogni costo, contro tutto e contro tutti, il lavoro che ci era stato affidato e del quale nessuno parlava, anche a bordo era vietatissimo fare cenno alla ‘missione’ e tutti temevano le sanzioni pecuniarie che il capitano non vedeva l’ora di appiopparci…

Sta di fatto che, con un gruppetto risicato di amici marinai, la sera tardi con un veloce barchino, approdavamo sulla spiaggia di San Foca e ci mischiavamo alla gente del luogo. Trascorrevamo un po’ di tempo nei locali dell’interno, sostavamo nella Piazzetta dei Pescatori, ci fermavamo da Birreghe, ci spingevamo fino a Circus. Sulla via del ritorno, mentre i locali chiudevano, era diventata una tradizione consumare qualcosa al bar sull’angolo, dallo strano nome, non so se ci sia ancora, si chiamava ‘Tu mancia’, non so cosa volesse dire…

Ed è stato proprio lì che una sera, una calda sera come può esserlo proprio in questi luoghi, che ho conosciuto una ragazza, era seduta al bar, con una ‘frisa’ davanti. E abbiamo scambiato qualche parola, io col mio italiano un po’ stentato, lei che sorrideva e abbassava gli occhi, ogni tanto salutava qualcuno che la riconosceva, non ricordo esattamente il suo nome, mi ero subito perso nei suoi occhi, il tempo si era fermato…

E’ iniziato così il mio innamoramento, una vera e propria malattia, mi sono presto accorto che non ne potevo fare a meno, la sera ‘dovevo’ sbarcare clandestinamente a San Foca (guai se il comandante lo avesse scoperto!) e incontrare la ‘mia’ ragazza al bar. Anche a lei piacevano quegli incontri, sennò non sarebbe venuta e non mi avrebbe guardato con quegli occhi pieni di mistero…

Baci, idee di petting e di sesso? Neanche a parlarne, il massimo era tenersi per mano, ma furtivamente, che non lo notasse chi passava e la conosceva.

È andata avanti per tante sere la nostra storia che, improvvisamente, è stata troncata dalla fine dei lavori, la nave è sparita come era arrivata. Ieri c’era la sua mole gigantesca e oggi niente, neanche un segno, una piccola testimonianza della sua presenza.

Io ho ripreso i miei vagabondaggi ma, lo confesso, penso con nostalgia agli incontri con la mia ragazza di cui non conoscevo neanche il nome (una sera me lo ha sussurrato, ma c’era chiasso, c’era la banda in piazza e stavano suonando il Bolero e non sono riuscito a capire: era qualcosa come Lea, ma si capiva che era un diminutivo…)

E così ho pensato che, per ritrovare il mio amore di San Foca, dovevo narrare la mia storia e affidarla proprio a questo opuscoletto relativo alle festività che, ogni anno, celebrano l’estate di questa meravigliosa terra. E ricordo che, una sera, davanti alla chiesa dell’Assunta di San Foca, lei mi indicò due preti che stavano sul portone principale, “Quello è don Mario. E con lui c’è il nuovo responsabile, don Corrado”. Sul momento l’indicazione non mi fece né caldo né freddo. Che mi interssava dei preti di San Foca?

Capisco adesso, invece, che a me, Ismaele figlio di Agar, fu data la possibilità di tornare nella terra del latte e miele…

Don Mario, don Corrado, aiutatemi voi a ritrovare l’amore perduto, il senso perduto, il tempo perduto. Moby Dick è morta, la balena di ferro e acciaio che sconvolge la terra e il mare non verrà più, a disturbare la vostra incantevole realtà.

Ma fatemi incontrare, fra chi frequenta lo vostra festa per eccellenza, la ragazza che mi guardava con  intensità, mentre mangiava la frisa.

Io, erede di un trono immenso ma negato, non aspetto altro.»

______

Mi è piaciuto il messaggio, mi ha affascinato. E l’ho subito inserito nell’opuscoletto dedicato alla festa , col titolo ‘Un amore a San Foca’.  Chissà, mi sono detto, che non avvenga il miracolo…

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura, Eventi, Politica

About the Author ()

Comments (1)

Trackback URL | Comments RSS Feed

  1. Elena ha detto:

    Che bello! GRAZIE Raffaele.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Connect with Facebook

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.