IL PRANZO DELLA DOMENICA / A CASA DI LUIGI PASCALI, PARLANDO DI TEATRO DIALETTALE SALENTINO

| 18 Agosto 2024 | 0 Comments

di Raffaele Polo ______  

Sembra ieri, eppure era il 1976 e un giovanissimo Luigi Pascali si affermava, con la sua commedia ‘Lu saccu spunnatu’ alla Prima Rassegna del Teatro salentino. Io c’ero, e da lì è nata una lunga amicizia e collaborazione che dura tutt’ora… Tant’è che sono a San Cesario, a casa di Luigi e Annamaria che, per la verità, ha preparato un pranzo che, da solo, è un po’ la summa di tutto ciò che di buono può offrirci il Salento.

«È vero» ci dice sorridendo il padrone di casa. «E nelle mie commedie, nei miei lavori non manca mai l’inserimento di un piatto particolare della nostra terra. Guarda questi antipasti e dimmi…»

Gli antipasti che vedo (e assaporo) sono Lupini salati, Mandorle fresche e Vino bianco alle percoche (ghiacciato)come aperitivo. E poi Pomodorini scattarisciàti, Zucchine e melanzane grigliate, Involtini di melanzane,Peperoni alla brace…

«Una vita dedicata al teatro, Luigi… Cosa puoi considerare, a questo punto, e cosa puoi dire a chi afferma che il teatro dialettale non ha avvenire?»

Luigi trascura per un attimo i primi che Annamaria a portato a tavola, con rapida successione: Minchiarièddhri fatti in casa con cacio ricotta di masseria e Parmigiana di melanzane.


«Se parliamo di quantità direi che ce n’è pure troppa e non è sinonimo di qualità.

Le “compagnie” spuntano come funghi,  parimenti gli “autori” che scopiazzando qua e là, infarcendo i testi di strafalcioni, piccole (e non) volgarità, sfornano “commedie” in quantità industriale, in una lingua che molto spesso nulla ha che fare con il dialetto: una sorta di italiano dialettizzato (male).

Le trame inesistenti,  l’archetipo della famiglia salentina povera, ignorante e arraffona quasi mai viene superato.

Molti poi hanno il vezzo di tradurre in dialetto note opere,  -spesso napoletane- (a volte dichiarate, spesso spacciate per testi originali): si può dire teatro dialettale?»

La nota pessimistica di Pascali viene addolcita dal secondo che riempie occhi e stomaco con la prelibatezza del tipico piatto che a San Cesario si usa nella festa del santo Patrono: la Cujunàra, ovvero lo “Stanàtu” di agnellone castrato con patate e aromi.

Luigi riprende, tra un boccone e l’altro: «Credo proprio che manchi una sana dose di umiltà. Un tempo si imparava da Raffaele Protopapa, Mario Perrotta, Don Franco Lupo, Vincenzo Abbate, Uccio Colonna, Maria Doria, Franco Ciardo, Uccio Piro… e tanti altri… adesso sono tutti “imparati”.

Ovviamente non voglio dire che non bisogna seguire le proprie passioni recitative e autoriali, ma sarebbe opportuno collocarle nel giusto alveo.

Se parliamo di rappresentazioni farsesche tese ad  intrattenere allegramente per qualche ora va benissimo, se si parla di teatro è un’altra  storia.

Da qualche tempo il dialetto è diventato di moda, ma se nel campo musicale è riuscito a conquistare posizioni lusinghiere, lo stesso non si può dire per il teatro.»

Non potevano mancare i testimoni salentini di ogni ‘pranzo della domenica’: i ‘subbrataula’ che, stavolta, sono le  Menunceddhre di San Donato (cu lu pilu). E,con il dolce (Torta pasticciotto, naturalmente), la conclusione che l’amico Pascali ci regala, come digestivo:

« Non vi è una selezione, non vi sono incentivi, manca una visione globale. Politica e amministratori si “accontentano” o latitano. Il teatro in dialetto ahimé è vittima di sé stesso  invischiato com’è nella sua stessa mediocrità.

Le poche eccellenze (ve ne sono) spesso rimangono di nicchia, e rischiano seriamente di rimanere impantanate nella palude di quanto detto sinora.

Mi rendo conto di essere molto severo, ma ti assicuro che ciò scaturisce da un amore profondo, viscerale, come quello di un padre che mette in guardia un figlio per il quale vuole le cose migliori.

Sarei  dunque felicissimo di essere smentito dai fatti in ogni mia considerazione, oggi stesso.»

Concordiamo con Luigi e ringraziamo di cuore Annamaria per tutto ciò che ci ha ammannito. Con un sapore dolce (il pranzo) e amaro (le considerazioni sul teatro, tutte purtroppo veritiere) lasciamo San Cesario e torniamo a casa, domani è lunedì… ______  

( 13 ‐ continua )

Category: Costume e società, Cultura

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