TENEDLE BUSSA SEMPRE DUE VOLTE

| 7 Luglio 2024 | 0 Comments

di Roberto Molle  _______ C’è una teoria secondo la quale non siamo noi, ma è la musica a sceglierci. Lei si libera nell’aria e contatta random le varie sensibilità disseminate nel raggio del suo percorso. Non tutte rispondono, questo dipende dalla storia pregressa dell’individuo, da come ha vissuto la propria infanzia e dal grado di dolore che si porta dentro. Delle volte, la musica effettua una “seconda chiamata”, per quelle sensibilità un po’ pigre che hanno bisogno farsi ripetere le cose.

Non so se le fondamenta su cui questa teoria si basa siano attendibili, ma posso dire di essermi trovato nella situazione di avere quella seconda chiamata e affermare che ha funzionato.

Sarà stato poco più di un anno fa, ricevo una richiesta di amicizia su facebook (detto che ormai a usarlo siamo rimasti in pochi) e dopo averla accettata, di lì a poco mi arriva un messaggio: “Ciao, sono Dimitri Niccolai (in arte Tenedle) grazie per l’amicizia, se ti fa piacere ti invio volentieri il mio nuovo album Demetra per un’eventuale recensione. Un saluto e grazie”.

Ricevo spesso mail e messaggi sui social con proposte da parte di musicisti di farmi avere il loro nuovo disco per magari recensirlo: curioso e onnivoro di suoni come sono, ho accettato. Un ascolto distratto di Demetra finito male a causa dell’incipit un po’ anonimo del primo brano, condannò l’album nella mia room of oblivition; di Demetra e del suo autore me ne dimenticai quasi subito.

Qualche mese fa dovevo recarmi in Basilicata e la prima cosa che faccio nel caso di un viaggio più lungo è realizzare una playlist di canzoni adatte agli scenari e alle strade che andrò a percorrere: una specie di colonna sonora che aiuti il viaggio a scivolare più leggero. Ricordo almeno una manciata di dischi che caricai nella pendrive: “Ira” (Iosonouncane), “Storm Damage” (Ben Watt), “From there to here” (I Am A klot), “Queen of Denmark” (John Grant), “Field Songs” (Mark lanegan). Sembrava una buona texture per coprire quel tragitto che mi avrebbe condotto dalle familiari pianure salentine a quei luoghi idealizzati da alcune letture adolescenziali (su tutte “I fuochi del Basento”) e dalla poetica di uno (Franco Arminio) capace di svelare infiniti universi con le parole.

Mi trovo quasi alla fine del viaggio di andata quando uno scenario lunare disseminato da colline fratturate mi mozza il fiato, i calanchi si presentano in tutta la loro disarmante bellezza, fatti di una strana roccia argillosa drenati in mille rivoli da piogge millenarie. Attimi di stupore accompagnati dall’inserimento improvviso di canzoni che si legano perfettamente al contesto; è come se i brani che si susseguono siano stati scelti appositamente per quelle visioni che la natura continuava a proiettare di fronte ai miei occhi. Guardo il display del lettore per capire quale disco sto ascoltando, ma di rimando ho solo due parole: artista sconosciuto.

Mi concentro sulla musica che si fa elemento naturale di quello scenario: le melodie, le parole, la voce, sembrano cucite nell’alveo di un’armonia onirica che rimanda a più alte dimensioni cosmogoniche.

Quando arrivo ai piedi di Craco (la città fantasma) sono totalmente rapido da quello che sto ascoltando.

In particolare la voce, multiforme e delicatamente evocativa. A tratti mi sembra che il David Sylvian di Brilliant Trees si materializzi tra i ruderi e si affacci da una di quelle case che ti guardano dall’alto come occhi minacciosi.

Appena tornato a casa ho acceso il computer, sono entrato nel mio sconfinato archivio mp3 alla ricerca di quell’artista sconosciuto e l’ho trovato: Dimitri Niccolai aka Tenedle, il disco si chiama Demetra.

Che dire, la teoria di cui sopra per me è valsa, almeno in questo caso. Demetra è uno degli album che mi ha affascinato e sto ascoltando di più negli ultimi mesi. E Tenedle (o Dimitri Niccolai)? Per rimediare alla mia superficialità iniziale l’ho invitato a partecipare con una sua versione di “Father, Son” di Peter Gabriel all’ultima edizione di CANTO ALLA LUNA (svoltasi un paio di settimane fa) dedicata allo stesso Gabriel.

Ma chi è Dimitri Niccolai – Tenedle?

TENEDLE è un Compositore/Cantautore, Produttore, Sound Designer e Performer nato a Firenze. Vive attualmente in Olanda. Negli anni ha esplorato e sperimentato svariate discipline artistiche, esprimendosi oltre che con la musica, soprattutto con le arti visive. Compone colonne sonore e musiche di scena per teatro, danza e per immagini in genere. Dopo gli inizi con i Laughing Silence, anni Ottanta, ha intrapreso il proprio percorso solista pubblicando 9 album: Psicfreakblusbus (2003), Luminal (2005), Alter (2007), Grancassa (2010), Vulcano (2014), Odd to love – A tribute to Emily Dickinson (2015), Traumsender (2018), The Beast of Tenedle (Raccolta 2019), Glossophobia (Soundtrack 2020) Stellar (Digital EP 2020) Dark Traumsender (Digital Remixes 2021), Shakespeare (Soundtrack 2022).

La produzione di Tenedle è diventata nel tempo riconoscibile, una definizione giusta per la sua musica è quella di “Canzone d’autore contemporanea”; le atmosfere ricercate e oniriche di suono, testi e melodie sono come “piccoli film”.

Dalle esperienze teatrali sono nate le performance multimediali di Tenedle, concerti dal vivo che fanno uso di immagini. Tenedle ha proposto negli anni le proprie performances in Italia, Spagna, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania e Regno Unito. Il suo ultimo album “Demetra” è uscito nelle prime settimane del 2023.

Per presentare “Demetra” ho pensato di lasciare la parola allo stesso Tenedle.

“Demetra è innanzitutto la versione femminile del mio nome – Dimitri – perfetta per costruire un tetto sotto il quale riappropriarmi della mia parte femminile. La ricerca e gli studi sulle antiche culture matriarcali mi hanno ricondotto al mito di Demetra Dea e tutte le possibilità che ancora offriva per scrivere “di oggi. Tutto ha cominciato ad avere senso. Con una parola che riconduceva anche alla mia idea sonora iniziale, la ciclicità, elemento femminile per antonomasia. Demetra non è un disco che celebra un mito greco ma la mitologia è assolutamente ancora capace di ispirare, anche ai tempi del metaverso. Il concept ha un fortissimo impatto visivo, strumento imprescindibile per la mia espressione; avevo bisogno di luoghi meno “terrestri” per legare il titolo anche ad un messaggio visivo di pericolo, in relazione con il nostro comportamento verso il pianeta, la nostra stessa sopravvivenza, la follia autodistruttiva delle guerre e della corsa irrefrenabile all’iper-produzione. Alla fine ho trovato gli elementi, i colori e le forme giuste, si avvicinavano alle visioni, e come sempre mi hanno “sorpreso”. Il contrasto tra terrore e poesia era quello che cercavo così le figure bianche di Demetra sulla copertina e le altre “in fuga”. Tutti i video dell’album utilizzano questa tecnica di sovrapposizione e doppia suggestione. Mi piace creare un filo concettuale anche in questo campo”.

Category: Cultura

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