IL PRANZO DELLA DOMENICA / POLLO FRITTO CON SARA FOTI SCIAVALIERE

| 16 Giugno 2024 | 0 Comments

di Raffaele Polo ______  

Com’è come non è, mi sono ritrovato in una di quelle enormi strutture contemporanee dove, all’interno di capannoni arredati, c’è veramente tutto: supermercato, negozi di abbigliamento, oreficeria, rivendite di tabacchi, lavanderia, bar, bancomat…  

«Ma è domenica, sarà tutto chiuso» ho esclamato all’indirizzo di Sara, la mia guida (personale, quel giorno, perchè lei è, in effetti, un’apprezzata guida turistica, sempre in giro per il mondo…) che mi aveva prospettato una ‘domenica diversa’.

«Andiamo a mangiare fuori, in un posto diverso!» ha detto, bloccando sul nascere la mia intenzione di un pranzetto con riposino successivo e lettura dell’ultimo libro arrivato fresco fresco con la posta e che era ancora nel pacchetto, pronto per essere estratto ed aperto. Il fascino inenarrabile di un libro sigillato che viene inaugurato dal suo primo lettore, è veramente molto importante. Per la cronaca, il libro appena arrivato era   ‘Il riscatto di Dond’ di Siobhan Dowd..

«Hanno aperto da poco un posto dove fanno il pollo fritto, quello originale, americano, non eri tu che lo hai sempre decantato?» mi ha convinto la giovane guida.

E, l’idea di quel ‘pollo fritto’ del Kentuky, sempre presente nei film e nei romanzi, presentato come il non plus ultra della gastronomia americana, intrisa di patatine fritte, salse, hamburger e hot dog, ha finito per sconfiggere le linguine con le vongole che già pregustavo nel mio immaginario domenicale.

E così, siamo approdati in questo monumentale tempio della contemporaneità, dove c’è veramente tutto, e i negozi della galleria sono aperti e affollati, altro che domenica festiva, tantissima gente affollava quel luogo senza chiese, senza monumenti, solo luci e vetrine.

Ho notato l’abbigliamento dei frequentatori, di ogni età: erano tutti vestiti all’ultima moda, le donne con tenute vistose e trucchi appariscenti, gli uomini rigorosamente con jeans e magliette con scritte misteriose ma evidenti. E tutti esibivano i tanti tatuaggi che mi hanno fatto sentire quasi in imbarazzo, a non averne.

E, mentre Sara è andata ad occupare un tavolino appena liberatosi, è cominciato il complicato movimento delle ordinazioni. Che andavano fatte da un enorme computer che sciorinava tutte le specialità e bisognava selezionare velocemente, completando con l’indicazione dei condimenti, degli optional e tenendo presente le offerte multiple. Il tutto in inglese, naturalmente.

Poi, dopo aver superato questo difficile momento, c’era l’esame delle ragazze che ritiravano il tuo numero e ti preparavano il vassoio con quello che avevi chiesto. E inutilmente cercavi un dialogo con loro, occhi bassi, movimenti scattanti, attente a non intralciarsi tra loro, ti consegnavano il vassoio con una serie di pacchetti, involucri e scatole, un bicchiere vuoto… A cosa servisse l’ho capito guardando cosa faceva una ragazza accanto a me, che andava ad un distributore automatico e lo riempiva.

Ho pagato e sono arrivato col primo vassoio dove era seduta Sara, che mi faceva cenno, proprio come le guide, perchè non mi perdessi. Poi, ho preso anche il secondo menù. Abbiamo scartato tutti quei pacchetti, ci siamo sorpresi e divertiti a cercare di indovinare cosa erano quelle ordinazioni misteriose che avevo scelto dal computer…

«Bello…» ha detto Sara Foti Sciavaliere.

E mi è venuto spontaneo chiederle, tra il serio e il faceto se fosse proprio quella la bellezza che avrebbe salvato il mondo.

Sara è sembrata calarsi nella parte più professionale del suo lavoro, e mi ha apostrofato:

«Travalicando il senso che Dostoevskij, secondo la critica, voleva dare a questa affermazione del principe protagonista dell’Idiota, mi appellerei auna citazione del medesimo romanzo, direttamente riferita a quella stessa:

“Quale bellezza salverà il mondo?”

La bellezza del patrimonio storico, archeologico, culturale e paesaggistico di un territorio, un patrimonio materiale e immateriale. E a questo mi riferisco, quotidianamente, attraverso il mio lavoro. E allora non posso che citare quello che è uno slogan adottato dalla cooperativa di cui sono parte, The Monuments People:

LA BELLEZZA SALVERÀ IL MONDO…MA È NOSTRO COMPITO SALVARE LA BELLEZZA!

L’auspicio è che ciò che di bello e di buono ci circonda e abbiamo ereditato dal passato, come umanità, come cittadini, come parte di comunità possa salvarci, ma forse più urgente oggi è salvare e tutelare quellabellezza, quel patrimonio che ci rappresenta e ci racconta, e nel mio ruolo di guida turistica così per i miei colleghi, è importante non perdere di vista anche questa responsabilità civile: raccontiamo territori e la memoria dei luoghi,  perché vengano conosciuti dagli altri e questo permetta più diffusamente una vigile custodia di quello stesso patrimonio che con la sua bellezza possa salvare il mondo.»

Ho ascoltato Sara con meraviglia e attenzione, senza però tralasciare il pollo fritto.E ho capito che non lo diceva per dire, distratta da tutti quelli che ci attorniavano ai tavolini, giovani, giovanissimi, abbigliamento pieno di toppe, tatuaggi.

«Il pollo fritto del Kentuky!» ho esclamato. E mi sono sentito molto vicino agli eroi americani dei miei romanzi, dei miei film preferiti.  Magari novello protagonista di ‘Happy days’.

 Ma è durato tutto un attimo, solo un attimo.

______  

( 4 ‐ continua )

  

Category: Costume e società, Cultura

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