LA RIFLESSIONE / VOTO, NON VOTO
di Enrico Giuranno ______Mai come in queste elezioni europee, mi è capitato di assistere a una vera e propria campagna elettorale attiva da parte dei tanti, tantissimi che non andranno a votare.
Sempre di più sono gli amici, i conoscenti, le persone formate, preparate, di valore, che decidono di non andare a votare.
Molti di loro sono giunti a questa decisione sofferta dopo una vita di impegno e militanza sui diversi fronti della politica e in contesti anche molto lontani fra loro.
Sempre più fondate sono le loro obiezioni agli argomenti di chi ancora si ostina a votare: non esiste una vera e valida alternativa politica da poter scegliere, i partiti candidati (almeno quelli che hanno la concreta possibilità di superare lo sbarramento) sono tutte correnti del partito unico in contrasto fra loro per lotte di potere, siamo una colonia dell’impero americano e in una colonia non si può fare davvero politica.
Sono tutte considerazioni oggettive, condivisibili e a quanto pare condivise dalla maggioranza degli italiani se, come si può facilmente prevedere, l’astensionismo crescerà fino a sfiorare, forse a superare la preoccupante soglia psicologica del 50%.
Sempre più stanche, meno convinte e convincenti, sono le voci (ogni giorno più flebili) di chi prova a dire qualcosa per convincere, per incoraggiare il voto o anche solo per ribattere agli argomenti degli astenuti ogni giorno più puntuali e sempre più inamovibili.
Fra chi prova a dire qualcosa, c’è chi nega, o prova a negare l’evidenza con argomenti che sanno di vecchio e non sembrano ancorati alla realtà storica e geopolitica in cui siamo chiamati a vivere.
Come si fa a negare che il parlamento europeo non serve a niente? A cosa servirebbe un parlamento che non fa le leggi?
Cosa ribattere a coloro che additano la truffa dell’integrazione europea? O che lamentano i soldi che negli anni ci abbiamo buttato (l’Italia è storicamente un contributore netto della UE)? Come non denunciare che le indicazioni/imposizioni di Bruxelles siano sempre contrarie ai lavoratori salariati, contro il welfare e in opposizione con la nostra costituzione economica? O come ribattere a chi è convinto che la politica estera dell’Italia sia decisa a Washington (inclusa la partecipazione alla guerra contro la Russia che in Italia non vuole nessuno)?
Le ragioni del non voto non sono banali e provocano una riflessione profonda. Ho guardato, però, i dati dell’affluenza alle varie tornate europee dei diversi paesi. Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria (in modo particolare) sono arrivate anche a picchi di astensionismo dell’80 e anche dell’85% il messaggio era chiarissimo, ma non mi risulta sia stato recepito, non mi risulta ci siano stati clamorosi collassi del sistema.
Anche da noi, nei commenti di giornalisti e politici si sentono diverse voci allarmate dall’astensionismo, ma solo fino all’uscita dei primi exit poll, poi quel dato se lo scordano fino alla tornata elettorale successiva e passano a commentare i dati (al confronto molto più esigui) dei vari partiti.
Non riesco a mettere in discussione le ragioni dell’astensionismo impegnato, ne metto in discussione l’efficacia.
Il non voto non serve, il voto forse neppure, ma ho paura anche solo ad immaginare le alternative, se ce ne sono.
Credo sia giunto il momento, anzi siamo già in ritardo, per una seria riflessione sul perché stiamo insieme e sul come starci. Continuare a far finta di niente, non ci risparmierà dalla valanga in arrivo e che è già visibile se solo solleviamo appena un po’ gli sguardi.
Una seria riflessione va fatta, ma non può farla la politica che è da tempo del tutto delegittimata. L’ultimo che provò a cambiare le cose perché preoccupato da un’iniziale disaffezione degli italiani per le urne, fu Aldo Moro che tentando di riconquistare i comunisti scoraggiati si fece garante del compromesso storico. Gli americani non furono entusiasti dell’iniziativa e la fine di Moro è nota.
Una riflessione, oggi, sul nostro modo di partecipare alla vita comune, di provare ad incidere sulle decisioni che ci riguardano, va condotta a partire da ciascuno di noi, dalle nostre case, dai nostri luoghi di lavoro, dalle strade. Qualcosa deve venir fuori e (spero) possa essere ricondotta nel solco del percorso democratico. Largo alle proposte.
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