LA VERA DEMOCRAZIA E’ QUELLA DELLA VOCE DEL POPOLO di Giuseppe Puppo

| 27 Dicembre 2013 | 0 Comments

 

 

 

 

 

Il confronto pubblico di questa mattina a Lecce voluto dalla Regione Puglia sulla Tap ha generato una pesantissima contestazione al sottosegretario De Vincenti/ Le riflessioni nel racconto del nostro direttore.

LA VERA DEMOCRAZIA E’ QUELLA DELLA VOCE DEL POPOLO

Ma che razza di democrazia è mai questa, dove, in spregio all’etimologia e al senso stesso della parola, comandano in pochi potenti nelle segrete stanze del potere?
Che tipo di società abbiamo costruito e non riusciamo a modificare, dove le decisioni vanno sempre a favore dei potentati economici, serviti e riveriti dai politicanti del regime, per quanto producano effetti disastrosi sulla vita quotidiana e sulla pelle stessa, in termini di salute, della gente?

Ha fatto bene il sindaco di Carmiano, Giancarlo Mazzotta, a spogliarsi della fascia tricolore, e buttarla sul tavolo della discussione, sempre formale e mai sostanziale, in segno di protesta per l’arroganza di chi non soltanto ha già deciso, ma pretende pure ora di convincere, contro il volere delle comunità locali direttamente coinvolte.
Aveva voglia il sindaco di Melendugno Marco Potì di spiegare ancora le ragioni dei suoi paesani, salvo poi spegnersi in una tacita contrarietà quasi di disperazione.
Giustamente l’unica parlamentare salentina presente – ed erano assenze pesantissime, il silenzio di tutti gli eletti in parlamento delle altre forze politiche è stato assordante – la senatrice del Movimento 5 Stelle Barbara Lezzi ha chiesto in apertura – un’apertura ritardata di un’ora e mezzo, una specie di record mondiale del così detto quarto d’ora accademico – che senso avesse la riunione di così detto “dialogo” fra autorità, responsabili dell’azienda e cittadini indetta per oggi, a Lecce, alle Officine Cantelmo, con la regia della Regione Puglia, dopo che il Parlamento aveva ratificato nelle scorse settimane il trattato internazionale di costruzione del gasdotto trans – adriatico e dopo che da qualche giorno le ditte hanno cominciato già i rilievi preliminari, ma sostanziali in mare.
L’assessore alla Trasparenza e al Legale della Regione Puglia Guglielmo Minervini lo ha definito un “percorso di ascolto” e ciò è sembrato ai più una specie di presa in giro, a parte il fatto che sulla vicenda l’amministrazione regionale di Nichi Vendola ha accusato un deficit enorme proprio di trasparenza, perché non si è pronunciata nel merito e non ha fatto pesare la propria volontà, peraltro non chiara nemmeno a sé stessa. Infatti l’approdo di Melendugno è stato deciso unilateralmente dalla azienda costruttrice e inserito nel trattato firmato dal Governo, mentre la competenza sarebbe stata della Regione, non del Governo, come ha ricordato sempre la battagliera Barbara Lezzi, oltre a sintetizzare le ragioni dell’opposizione a un’opera inutile, non strategica, fra l’altro non sostitutiva di altre fonti di approvvigionamento, che non consente risparmi sulle bollette e non crea posti di lavoro.

Insomma, la realtà è l’esatto contrario di quanto sostenuto dalla Trans – Adriatic Popeline nei suoi comunicati – stampa dei giorni scorsi recepiti quali inserzioni pubblicitarie dai quotidiani locali, ealle edizioni locali dei quotidiani nazionali, il che la dice lunga sulla così detta indipendenza di certi giornali e sulla così detta libertà di stampa che vige nel nostro Paese, non a caso agli ultimi, vergognosi posti al mondo come attestato dalle graduatorie stilate a livello internazionale.

Di suo, appunto, in questa opera di disinformazione, la Regione Puglia ci ha messo il festival dell’ipocrisia andato in scena questa mattina alle Officine Cantelmo di Lecce: nelle intenzioni non dichiarate, ma logicamente intuibili degli organizzatori, un atto di coinvolgimento e di responsabilità, per poter poi dire di aver coinvolto e ascoltato i contrari, in quella concezione burocratica e formalmente ineccepibile del “Tutti hanno potuto esprimere la propria opinione”, tanto pi decidiamo noi, anzi, tanto abbiamo già deciso.
Ma l’impatto emotivo, la capacità critica, l’ansia di un nuovo tipo di democrazia che si sta, sia pur lentamente e sia pur faticosamente facendo largo fra la gente, sopratutto quella che difende la sua terra, le sue radici, la sua storia, la sua economia e la sua salute, la democrazia partecipativa e decisiva dal basso, che si è manifestata questa mattina, con il disagio della disperazione e l’agio di mettersi contro, hanno fatto saltare il progetto della furbizia.

Sulle spalle degli organizzatori regionali, la sottovalutazione anche della location, chiaramente inadeguata e comunque sbagliata: eppure, non era difficile prevedere una partecipazione popolare forte sia dal punto di vista numerico, sia della qualità delle argomentazioni, sia, infine, pure dei toni adoperati.

Così, davanti il tavolo dei relatori, circondato da una decina di carabinieri, dietro la prima fila delle autorità, in cui spiccava il volto pallido di preoccupazione del Prefetto Giuliana Perrotta, il cerchio dei contestatori, prima di una cinquantina di persone, poi salito ad alcune centinaia, con gravi problemi di ordine pubblico – ma per fortuna è andata bene, per quanto sarebbe bastata una scintilla, per far saltare il tavolo non soltanto metaforicamente – è scoppiata la contestazione.
Dopo un’ora e mezza di tira e molla, fra tutti dentro e tutti fuori, mentre altre decine di agenti erano schierati fuori la sala, a trattenere quanti nel frattempo sopraggiungevano minuto dopo minuto, la contestazione si è compiutamente articolata.

Ne ha fatto le spese, né poteva essere diversamente, soprattutto il sottosegretario Claudio De Vincenti, presente in rappresentanza del Governo di Enrico Letta.

Dalle sue parole, che hanno preceduto e seguito una decina di concitati, ma efficacemente stringati e stringenti interventi dei rappresentanti dei cittadini e dei comitati No – Tap, si è avuto il suono dello scollamento fra istituzioni e cittadini, questa scollatura, anzi, che dico scollatura, di questa frattura multipla e scomposta, fra istituzioni e cittadini, di cui l’immagine del tavolo circondato e assediato era poi l’icastica rappresentazione.

Uno stanco repertorio fatto di richiami al presunto interesse pubblico, per mascherare i veri interessi in gioco, che sono poi quelli delle multinazionali, e alle decisioni comunitarie, che sono poi quelle della logica del profitto egoistico.

Altro che dialogo! Sordo del tutto, infine, a chi, in ultima istanza, a parte le precise osservazioni di merito, gli gridava l’impossibilità di sopportare un altro pesantissimo oltraggio al territorio, dopo quelli patiti nei due poli di inizio e fine del territorio, con l’ Ilva di Taranto e con la centrale di Cerano, oltre ai siti di rifiuti tossici e chissà che altro ancora disseminati qua e là fra le campagne e gli uliveti.

Così, senza incidenti, con una però assai significativa contestazione, si è chiusa questa mattinata di ordinaria assurdità e di straordinaria esasperazione, questo dialogo impossibile e pure assurdo. Ma non è difficile prevedere nemmeno che certo la storia della Tap non finisce qui.

 

Giuseppe Puppo

 

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Category: Cultura

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