RESILIENZA DEGLI ULIVI E RIGENERAZIONE DEL TERRITORIO
ECCO IL DOCUMENTO SOTTOSCRITTO DA QUARANTASETTE ASSOCIAZIONI SALENTINE
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Marcello D’Acquarica ci manda per conto delle Associazioni che lo hanno sottoscritto il seguente documento:
Mai come in questo periodo storico, il nostro territorio rischia la desertificazione, causata in maniera traumatica dal fenomeno del disseccamento degli ulivi, patrimonio identitario della nostra bellissima terra.
Giovanni Seclì – di Forum Ambiente e Salute
Crocifisso Aloisi -di- Associazione Cambiamenti Galatone
Marcello D’Acquarica – di – NoiAmbiente e Beni culturali di Noha e Galatina
(nella foto di copertina, Oreste Caroppo, Suggestioni paesaggistiche là dove sorge il fiume Asso tra Cutrofiano e Collepasso)
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RESILIENZA DEGLI ULIVI RIGENERAZIONE DEL TERRITORIO
documento di associazioni salentine
all’attenzione dei Rappresentanti di Istituzioni ed Enti di ricerca nazionali e regionali
A quindici anni dalla segnalazione dei primi disseccamenti degli ulivi nel Salento; a 10 dalla
individuazione del complesso CoDi.R.O e della xylella, batterio da quarantena, è doveroso un checkup dell’associazionismo salentino sullo stato attuale della fitopatia e della sua dinamica
epidemiologica, modificatasi soprattutto negli ultimi tre anni : regressione della virulenza e del ritmo
di diffusione, rivegetazione e resilienza. La finalità è focalizzare l’attenzione dei decisori politici su
tale nuovo scenario positivo, ma accompagnato anche da dinamiche negative perduranti e più
accentuate: abbattimento di ulivi, perfino monumentali e non, disseccati e non, a favore di impianti
anche superintensivi e campi fotovoltaici, ripetuti incendi, abbandono dei campi, criticità ambientali
e connesse ai nuovi impianti il tutto in assenza di una reale ed efficace pianificazione agricola e
paesaggistica. Pertanto si impone la revisione delle strategie in atto per promuovere una gestione più
articolata e virtuosa della fitopatia, finalizzata alla rigenerazione agroecologica del territorio, con una
visione lungimirante e sistemica, facendo altresì tesoro di analisi, criticità e limiti pregressi.
1- La rivegetazione perdurante negli ultimi tre anni, da molti a lungo imprevista ed esclusa, il
rallentamento della diffusione del contagio e la minore virulenza del patogeno sono acclarati dal CNR
-ISP di Bari e Crea nazionale (cfr. audizioni parlamentari 6.06.2023); l’insegnamento conseguente
(permanendo tale scenario) è che le dinamiche fitopatologiche e naturali non sono del tutto
pronosticabili e spesso comportano una regressione della virulenza nel corso degli anni (es. il cancro
corticale del castagno ha presentato l’adattamento del sistema endofitico al patogeno, con ripresa
produttiva, così l’alereocanthus spinifer degli agrumi, etc). Test recenti nell’area del primo focolaio
hanno riscontrato elevata presenza di xylella in ulivi tuttora vegeti e produttivi.
Pertanto si impongono, ancor più in tale fase, interventi non invasivi e irreversibili: quindi vanno
bloccati gli espianti di massa ( quelli generalizzati, liberi ma incentivati dal 2017 nella vasta area
infetta , oltre gli altri obbligatori dal 2013, ad epidemia da anni ormai conclamata , ora previsti nelle
aree cuscinetto e contenimento ) anche di ulivi -monumentali , compresi gli asintomatici e in stato
vegetativo. E’ insostenibile e ingiustificabile la reiterata opzione politica regionale di finanziare con
500 milioni di euro l’espianto totale degli ulivi nel Salento; è invece doveroso il sostegno alla gestione
virtuosa dei milioni di ulivi che presentano resilienza e rivegetazione.
2- I dati sulla situazione attuale degli ulivi salentini dovrebbero essere puntuali e veritieri, per
costituire un elemento utile per corrette ed efficaci scelte politico-agronomiche: 21-22 milioni sono
gli ulivi dichiarati “morti” da media e dalle superficiali affermazioni politiche della narrazione
prevalente. Al 2015 si stimavano ufficialmente 21,5 milioni di piante presenti nelle tre province
salentine. Almeno 3 milioni sono leccine tolleranti; ancora vegete e produttive sono le cultivar
tradizionali ( circa al 10% nel leccese, 60% nel brindisino 75% nel tarantino). Di conseguenza il
numero di piante considerate morte è un grossolano e forse strumentale errore non solo matematico,
utile per richiedere interventi economici maggiori, ma fuorviante. I dati del Consorzio Italia Olivicola
(incrociando nel 2019 quelli Istat, Ismea e Sian) stimavano in 4 milioni le piante morte-disseccateimproduttive; quelli delle immagini satellitari (Sentinel 2 e Modis) erano di 6,5 milioni; nei tre anni
successivi solo un incremento di pochissimi milioni. I 21-22 milioni di piante “ morte” sono quindi
smentiti anche semplicemente dall’aritmetica: la falsità su tali dati legittima le riserve anche
sull’attendibilità di altri relativi alla gestione della fitopatia. Ancora: i decreti Martina richiedevano 2
esami per ogni albero da monitorare; non risulta siano stati eseguiti 44 milioni di test; ma si è ricorso
in gran parte a superficiali esami visivi, che hanno prodotto una visione distorta, non oggettiva,
gravida di valutazioni enfatizzate e discutibili. Ad oggi sono state effettuate, nell’arco di 10 anni,
1.200.000 analisi, da cui risultano 14.000 alberi infetti, con un tasso medio dell’1,18%, con picchi al
2016 del 4,5%, ridottisi allo 0,15% nel 2023 (nel 2018 su 450 ulivi espiantati per TAP in zona infetta
solo 3 erano risultati infetti agli esami di laboratorio). Nel frattempo, oltre i probabili falsi negativi,
quanti sono stati i falsi positivi -poi derubricati solo talvolta come tali- che hanno causato espianti
massivi circostanti nelle province di Lecce Brindisi Taranto fino al territorio barese? Vi è stata finora
rigorosità nel monitoraggio e nell’elaborazione dei dati? Ne sono derivate sempre misure necessarie
o discutibili? E’ doveroso che enti e istituzioni pubbliche forniscano dati fondati, incontrovertibili e
circostanziati, per promuovere interventi opportuni, a tutela dell’ambiente e della loro stessa
credibilità .
3- Vengono dichiarati alberi morti tutti quelli disseccati nella parte aerea (rami e foglie), quindi
improduttiva; ma la rivegetazione da tre anni persiste grazie all’apparato radicale vivo che è parte
fondamentale della pianta. Solo il 15/20% dei non espiantati sono morti, non presentando alcuna
rivegetazione. Tale distinzione è fondamentale in quanto il danno derivato dal Co.Di.R.O non è solo
economico e produttivo, ma anche ecosistemico. Gli apparati radicali vivi e rivegetanti contrastano
le criticità della desertificazione , del ciclo meteo-idrogeologico, dell’erosione e dell’assenza di
sostanza organica nel suolo. Quindi non vanno incentivati gli espianti generalizzati (imposti per
accedere a misure di finanziamento) anche su ceppaie vitali e in primis sugli alberi in rivegetazione.
E’ doveroso assecondarla , accudirla e studiarla, accompagnarla con misure di sostegno a pratiche
virtuose (trattamenti opportuni che stanno ormai dando ottimi risultati riconosciuti da più parti, tutela
dei bioritmi).
4- Finora la ricerca ha messo sotto accusa solo Xylella, rimuovendo l’iniziale imputazione al
complesso Co.Di.R.O. (xylella, funghi, rodilegno). Fino al 2013 (scoperta della xylella) i
disseccamenti erano addebitati solo ai funghi patogeni già da tempo riscontrati: se tale diagnosi era
da tutti considerata veritiera perché è stata poi derubricata mirando solo a xylella? Ricercatori
dell’univ. di Foggia e del CREA, fitopatologi del disseccamento dell’inizio XX sec, recenti ricerche
denunciano la estrema contagiosità aerea delle spore funginee, la loro atavica presenza nel Salento,
la virulenza tale da provocare da sole il disseccamento degli ulivi (audit Sanco 2014). Perché
disseccavano la maggior parte degli alberi, se nel 2013 solo il 2% dei testati nel gallipolino -quasi
tutti sintomatici- era positiva a xylella? Come spiegare il disseccamento in piante negative a xylella?
Va approfondita la indiscussa patogeneicità dei funghi, all’interno di un approccio multifattoriale al
disseccamento finora carente, per evitare che, inseguendo solo xylella, se ne ignorino e non
contrastino altre cause. La priorità data dall’UE all’eradicazione ( da tutti i ricercatori considerata
impossibile) di Xylella non può rendere insignificante e subordinata l’esigenza fondamentale del
territorio di contrastare il disseccamento individuandone la complessità eziologica. Oltre a monitorare
e contrastare i fattori batterici e funginei, occorre considerare le variabili agronomiche, la
monocultura, lo stato del suolo, le condizioni di biodiversità a livello di cenosi vegetali e di microbiota
delle piante. La stessa commissione dell’Accademia dei Lincei stigmatizzò la strana “ mancanza di
semplici esperimenti agronomici, (come invece fatto in USA negli ultimi 40 anni) non condotti né
programmati, utili per favorire misure applicative per il contenimento dell’infezione e contribuire a
salvare gli ulivi monumentali” (2016) . Le fitopatie non vanno indagate solo nella sterilità del
laboratorio (pur fondamentale) ma all’interno di un contesto vitale multifattoriale e sinergico, con un
approccio epidemiologico.
5- I dati del laboratorio infatti talvolta non coincidono con quelli dei campi: la coratina per i primi era
la più resistente a xylella (anche rispetto a favolosa e leccino), negli uliveti salentini presentava invece
disseccamenti (non assenti anche nelle altre due cultivar): errori di laboratorio oppure altre cause
patogene non testate ? Inspiegabilmente tale cultivar è stata esclusa dalle varietà tolleranti e
autorizzate al reimpianto. L’Efsa, interpellata in merito, ha dato risposta evasiva. Serve un’ indagine
fitopatologica ad ampio spettro per chiarire la corrispondenza tra esperimenti scientifici ed esperienza
reale, anche in relazione ad altre stridenti anomalie nel monitoraggio e nelle decisioni politicoamministrative conseguenti, nonché per comprendere l’attuale resilienza .
6- La dinamica della diffusione della fitopatia stride rispetto alla versione reiterata. Si afferma che da
Gallipoli è avanzata fino ai confini del barese nell’arco di circa quindici anni: quindi meno dei 20
km/anno declamati. Un solo focolaio iniziale o invece di più se nel 2014-15 si presentavano uliveti
sintomatici già a Veglie, Trepuzzi e Oria , mentre stranamente vaste aree intermedie e viciniore al
gallipolino erano ancora senza sintomi? Diffusione a macchia d’olio o di leopardo? Perché poi in tanti
anni il disseccamento non ha raggiunto la costa otrantina (distante appena 30 km dal primo focolaio),
dove gli ulivi, anche delle cultivar suscettibili di contagio, sono stati molto di più vegeti e produttivi
? Sarebbe doveroso approfondire la problematicità di tali aspetti finora ignorati, per capire e gestire
meglio la fitopatia.
7- Stasi, rallentamento, regressione della diffusione e della virulenza del Co.Di.R.O. e della
sintomatologia dei disseccamenti si manifestano già da tre anni, dopo i 15 dai primi sintomi segnalati
dagli agricoltori, spesso senza i riscontri doverosi e necessari. Arco temporale analogo a quello delle
due principali e ampiamente documentate epidemie storiche di disseccamento degli uliveti salentini,
fine XVIII (cfr. Presta e Moschettini) e inizio XX secolo (cfr. L. Petri, G. Cuboni ed altri),
denominate Brusca, imputate prima al clima poi a virosi funginee. L. Petri nel 1910 chiuse il suo
Osservatorio sulla fitopatia degli ulivi nel Salento (operante da un decennio e voluto dal governo
Giolitti) in quanto dopo circa 15 anni il disseccamento si era imprevedibilmente fermato! A tale
analogia tra le tre epidemie tipiche del Salento si unisce anche quella, non meno singolare, delle
cultivar di ulivo e delle specie vegetali in esse coinvolte oppure esenti dalla fitopatia del
disseccamento.; .
8- L’endemizzazione pluridecennale e forse plurisecolare di xylella nel Salento è prospettata come
plausibile da A. Purcell (Il Foglio luglio 2015): lo studioso afferma che potremmo aver convissuto
fin dal XVII sec., con alternanza di fasi di virulenza e lunghi periodi di latenza. (Insieme alla fillossera
chi può escludere l’importazione dagli USA di Xylella fine XIX sec. con conseguente disseccamento
degli ulivi?). Perché non provare a fare carotaggi negli ulivi plurisecolari, per verificare eventuali
antiche tracce di xylella? (si interroga il prof. A. Basset docente di ecologia nell’ Unisalento). Purcell
riconosce che anche gli espianti tempestivi non sempre sono efficaci nel contrasto della diffusione
dell’epidemia (utili negli agrumi del Brasile ma non nei vigneti californiani). Il suo allarme su Xylella
in Europa risale al 1997; nel 1998 quella riscontrata su vigneti del vicino Kosovo era testata nei
laboratori USA; altre segnalazioni in Francia prima del 2013. Tali ed altre vicende pregresse , anche
relative alla gestione dell’attuale Co.Di.R.O. (con i loro insegnamenti, anomalie, inazioni e
dinamiche) non possono essere rimosse o ignorate; anzi sono utili per comprendere meglio l’attuale
disseccamento.
9- E’ acclarata la disponibilità di strategie di contenimento -vagliate, pubblicate e sperimentate ormai
da anni- per il contrasto anche della fitopatia di Xylella, sia a livello sintomatico che per la carica
batterica, riducendola a quella delle cultivar tolleranti e favorendo la ripresa vegetativa e la
produzione. Essi si uniscono alla resilienza autonomamente manifestata dalle piante (soprattutto
cellina) determinando la convivenza con la fitopatia batterica , impossibile da eradicare, come accade
anche con altre funginee. Eppure latita la sperimentazione di prodotti , alcuni anche presenti sul
mercato: batteriofagi Xyfi.Pd di C. Gonzales, quelli adoperati con successo sui vitigni da D.L.
Hopkins , Acetilcisteina , Cellule mutanti di S.E. Lindow, l’Octonus vulgatus dell’Univ. di
Montpellier antagonista della sputacchina, i microbioti antagonisti come Parabrkolderia
phytofirmans, il recente studio Argirium SUNc, applicato su xylella con successo dall’università di
Pescara. Vengono snobbati o ignorati protocolli efficaci (alcuni validati da pubblicazioni scientifiche
) e anche pratiche empiriche che stanno consentendo il recupero o la resistenza al disseccamento di
oliveti autoctoni. Soprattutto dai decisori e da diverse associazioni di categoria si declama solo il de
profundis degli ulivi, negando l’evidenza dell’attuale resilienza, tacendo su strategie di contrastoconvivenza, ma continuando a prospettare solo ingiustificati espianti di massa.
10- Va pianificato un nuovo e più strutturato meeting (dopo quello del 2018 nell’Università del
Salento) per focalizzare e censire la pluralità di strategie -messe in campo o studiate nei laboratoridi contrasto e convivenza con il batterio e gli altri patogeni. Vanno approntati ulteriori progetti pilota
sul territorio per monitorare non solo la resistenza-tolleranza di cultivar a xylella-Co.Di.R.O. ma
anche la resilienza, attraverso buone pratiche, trattamenti, o per semplice naturale evoluzione della
fitopatia, grazie all’adattamento delle piante ai patogeni. L’indagine scientifica in merito deve essere
improntata al massimo pluralismo e coinvolgimento dei diversi esperti e delle diverse esperienze
finora maturate, sia a livello locale che internazionale;
11- La rigenerazione agroecologica del Salento non può essere sinonimo di espianti e reimpianti,
senza pianificazione, visione d’insieme e di lungo periodo, senza controlli. Dei nuovi impianti è
incerto il futuro mentre è già precario il presente con il 30% circa disseccati o abbandonati, in
particolare quelli in intensivo e superintensivo . Si vanificano così investimenti e obiettivi (denuncia
L. Catalano, nel convegno Ordine agronomi Lecce 2023) per non parlare poi del potenziale sperpero
di risorse pubbliche. Tali nuovi impianti richiedono apporti idrici insostenibili, per lo stato critico
della falda, depauperata, salinificata (3g/l) a causa dell’emungimento incontrollato e la ridotta
piovosita.
Negli ultimi due anni la crisi idrica in Spagna ha inferto un durissimo colpo al superintensivo, finora
sbandierato come prospettiva ottimale. Ulteriore criticità di tali impianti è l’uso notevole di
fitofarmaci indispensabili per tale gestione ulivicola: veleni per la salute, il terreno, la falda e la fauna,
in un territorio che ne riscontra l’uso tra i più alti in Italia. Il Ministero della transizione ecologica ha
inoltre classificato come SAD (sussidio ambientalmente dannoso) quello a favore del reimpianto di
leccina e favolosa (cui si unirà la S. Agostino?), per il rischio di favorire la riduzione di biodiverità e
quindi anche eventuali future epidemie vegetali. In tema di reimpianti la Regione Puglia dovrebbe
riconsiderare la scelta unidirezionale a favore dell’espianto-reimpianto (in primis ma non solo delle
cultivar resistenti/tolleranti), anche alla luce della generale e spontanea ripresa vegetativa delle
cultivar autoctone, e finanziare non oltre il semintensivo ( secondo indagine dai costi di gestione e
dalla resa migliori) proposto come il più adeguato per il contesto agronomico del Salento da eminenti
ricercatori e il reimpianto all’interno degli uliveti tradizionali non disseccat da preservare i, senza
incentivarne l’espianto, per ridurre le predette criticità e tutelare l’ecosistema e il paesaggio.
12- La rigenerazione del territorio salentino può avvenire solo con un approccio ecosistemico. Per
questo tutti i proprietari di uliveti devono essere resi protagonisti, all’interno di una pianificazione
generale e locale. Vanno promosse, e sostenute adeguatamente con incentivi pubblici, pratiche di
bioeconomia alternativa, sostenibile e multifunzionale, di rigenerazione del suolo, di tutela idrica,
coinvolgendo università, istituti scolastici, comuni, attivando cooperative giovanili. Il DM
70574/2021 dichiara gli “uliveti ad alto valore ambientale e a rischio abbandono “ allarme lanciato
per la prima volta in relazione all’olivicoltura (considerata dal Piano ulivicolo nazionale del 2016 “in
condizione di precarietà”) soprattutto per motivi orografici e la parcellizzazione fondiaria. Opportuna
risulta la delibera della regione Toscana del 29 nov, 2023 per promuovere interventi a favore di tutti
i proprietari che si impegnano a mantenere la gestione degli uliveti in aree a forte pendenza collinare
e rocciosi, per la loro valenza ambientale e paesaggistica.
Una strategia da attuare in Puglia , con incentivi generalizzati per accudire gli uliveti in rivegetazione,
a partire da quelli secolari e in aree collinari o rocciose, e poi anche agli altri a rischio abbandono:
con conseguente ricaduta sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio, nonché degli aspetti tipici del
territorio!
Prioritario è anche il censimento di tutti gli areali olivetati delle cultivar tradizionali ancora vegeti,
per tutelarli , studiarli, sostenerli con interventi pubblici; come pure delle aree incendiate (previsto
dalle norme ma inattuato da quasi tutti i comuni); infine dei campi abbandonati da affidare in
comodato d’uso a cooperative giovanili da incentivare anche questi con opportuni interventi pubblici.
Primaria attenzione va riservata alla pianificazione pubblica di imboschimenti in biodiversità (da
sostenere nel tempo per il mancato reddito conseguente)o, anche produttivi, nonché l’aridocoltura di
specie arboree, soprattutto nelle aree marginali e in quelle demaniali , superando il gap che vede il
Salento ultimo per la presenza di boschi.
Tali interventi presuppongono un assiduo e strutturato monitoraggio del territorio, innanzitutto in
termini di prevenzione e controllo. Il proliferare degli incendi spesso dolosi, la speculazione sui prezzi
dei terreni , la loro devastazione chimica o meccanica con la macinazione e lo spianamento di aree
rocciose, la distruzione della architettura rurale spontanea, richiedono una strategia pianificata.
Occorre promuovere la rigenerazione della sostanza organica dei terreni, che ne sono gravemente
privi, anche attraverso l’uso del compost derivato dalla Forsu e delle acque reflue, ricche di sali
minerali, ancora quasi totalmente sversate a mare.
13-Tutela dei monumentali su tutto il territorio: la Regione ha stabilito nel luglio 2022 la opportuna
deroga all’espianto dei monumentali contagiati nella Piana del brindisino-barese (anche in base
all’art.33 dell’atto di governo 209-2016, che prevede deroghe per l’abbattimento delle piante
monumentali), ricorrendo alle potature e alla discutibile pratica dell’incappucciamento degli olivi e
degli innesti anche se gli abbattimenti selvaggi continuano nel raggio di 50 mt.
Deroga dunque di fatto violata da diktat incontrollati di espianti e quindi azzerata . Ma perché imporre
nella zona infetta, invece, senza alcuna ratio agronomica, l’espianto anche dei monumentali
(disseccati o talvolta anche in rivegetazione ), per poter beneficiare dei ristori per i reimpianti? La
legge regionale del 2007 di tutela dei monumentali è ancora in vigore e non può essere vanificata e
di fatto violata da irrazionali disposizioni regionali di rango inferiore. Paradossalmente non si è
proceduto con analoga determinazione a esigere l’espianto di decine di altre specie vegetali
suscettibili e quindi fonte di contagio sempre nelle stesse zone dove invece si procedeva all’espianto
soltanto degli oliveti.
Vanno azzerati questi come altri perduranti diktat assurdi, violenti , ingiustificabili sul piano
fitosanitario, che offendono la sensibilità dell’opinione pubblica verso i “patriarchi” : essi causano
discredito delle istituzioni e vulnus alla cultura del territorio.
14-il paesaggio salentino è figlio di diverse pratiche agroecologiche correlate alle matrici del
territorio; è frutto di un “popolo di formiche” , di relazioni di comunità, di legami affettivi e
generazionali diffusi; anche questa è cultura da tutelare. Per questo la rigenerazione deve coinvolgere
tutti i soggetti presenti sul territorio, partendo dai singoli comuni, dalle istituzioni culturali, attivando
cooperative giovanili. Il Progetto integrato di Paesaggio nelle aree compromesse da Xylella e
nell’area interna Sud Salento, elaborato in collaborazione con le università pugliesi, va discusso e
socializzato per essere attuato con il coinvolgimento delle comunità. Esso deve intrecciarsi con il
PPTR, emarginando le nefaste e miopi richieste del suo azzeramento a favore di una libera,
indiscriminata e spesso miope iniziativa privata.
I tempi e le dinamiche della natura sono differenti da quelle burocratiche e talvolta imposte dall’alto
in modo affrettato e con risvolti assai gravi e irreversibili.
Pertanto si impone e si chiede una strategia nuova, conseguenziale a quanto evidenziato, che superi
l’unica finora perseguita, discutibile e devastante dell’espianto generalizzato, incentivato e finalizzato
al reimpianto: urgono azioni di sostegno pubblico a favore di tutti i gestori di uliveti resilienti , per
accompagnarli e accudirli in questa fase di tolleranza e rivegetazione, foriera di prospettive positive
sul piano ambientale, economico, paesaggistico e culturale del territorio; tale fase “fa intravvedere la
possibilità di mantenere in vita gli ulivi di affezione o valore paesaggistico” (CNR XIII commiss.
Parlamentare). Va quindi pianificato un censimento generalizzato degli uliveti vegeti e resilienti,
utilizzando anche la collaudata fotogrammetria aerea.
Urge una visione d’insieme , multifattoriale, prospettica verso il passato e il futuro, lungimirante;
occorre rivedere strategie e opzioni, in base all’esperienza maturata nei laboratori e soprattutto sui
campi e non riproporre rigidamente protocolli e schemi non condivisibili né incontestabili, nocivi
soprattutto se dagli effetti irreversibili. La partecipazione plurima del territorio, senza esclusioni e
pregiudizi e ostracismi ingiustificati, può favorire scelte efficaci e condivise, non parziali, superate e laceranti.
Questo è il documento presentato pubblicamente a Galatone il 13.11.2023 e sottoscritto dalle seguenti
Associazioni:
ACQUA BENE COMUNE, Alezio, Marta Innocente
ADOC Lecce Alessandro Presicce
AIAB ass. regionale agricoltura biologica, Bari , Patrizia Masiello
AMANTI DELLA NATURA APS, Acquarica Presicce, Silvia Cino
ARCI PROVINCIALE, Lecce, Cosimo Botrugno
ARCO CULTURA TERRITORIO AMBIENTE, Cavallino, Francesco Quarta
ADIPA Lecce M. Luisa Quintabà
AMBIENTE SANO Veglie Dario Ciccarese
AUSAPIETI , San Cesario, Antonio Bascià
CAMBIAMENTI Galatone Crocefisso Aloisi
CASA DELLE AGRICOLTURE , Castiglione – Andrano, Luigi Coppola
CENTRO STUDI GUIDETTI SERRA, Bologna – Tiggiano, Donato Cardigiano
CLARISSE , suore, Lecce suor Celeste
COORDINAMENTO ALBERI E VERDE PUBBLICO Lecce, Maria Cucurachi
COORDINAMENTO CIVICO AMBIENTE E SALUTE prov. Lecce, Galatina, Alessandra
Caragiuli
COPPULA TISA, Tricase, Geni De Giuseppe
CULTURA DEL LEGNO D’ULIVO, Salento, Giovanni Seclì
DIRITTI A SUD , Nardo Rosa Vaglio
ECOSCIENZE Lecce Fabio Palma
FATTIZZE Bosco didattico Nardò Cosimo Rolli
FORUM AMBIENTE E SALUTE Lecce, Innocenzo Graziuso
FRIDAY FOR FUTURE Lecce Marco Elia
GALATONE BENE COMUNE, Sebastiano Zenobini
ISDE Medici per l’ambiente, Salento, Sergio Mangia
KRIFO progetto ambientalista Galatone, Tommaso Filieri
La FINESTRA Galatone, Francesco Mandoi
LAUDATO SII, Lecce, Cristina De Pascalis
LECCE CITTADINANZA E’-VIVA, Alberto Siculella
LIDA Lega diritti animali Nardò Massimo Vaglio
MARINA SERRA ETS Tricase, Angelo Chiuri
MANU MANU RIFORESTA, Miggiano Vito Lisi
MEDICINA DEMOCRATICA Brindisi, Maurizio Portaluri
MISSIONARI COMBONIANI Lecce, padre Piercarlo
NOI AMBIENTE, Noha e Galatina, Marcello D’Acquarica
NUOVA MESSAPIA, Soleto, Francesco Manni
OLTRE MERCATO SALENTO, Virginia Meo
RITORNO ALLA TERRA, Zollino, Giovanni Pellegrino
SALENTO KM ZERO , Zollino, Francesca Casaluci
SALENTO SOSTENIBILE, Acquarica-Presicce, Roberto Polo
SALVIAMO GLI ULIVI DEL SALENTO, Sannicola Chiara Idrusa Scrimieri
SISPED Puglia, Lecce, Giovanni De Filippis
SPAZI POPOLARI, Sannicola, Ivano Gioffreda
TANDEM Leverano, Walter Tramacere
TURISMO VERDE , Roma -Tricase, Giulio Sparascio
UDICON LECCE, Biagio Malorgio
VERDSALIS Nardò, Ivano Manca
WWF Salento Vittorio De Vitis
Non è la resilienza che ci fa vedere una ripresa della vegetazione come voglono farci credere per nascondere il fatto che non è stata la Xylella la causa del CoDiRO.
Le vere cause del CoDiRO sono state le criticità ambientali, che purtroppo ancora ci sono, ma che in parte, grazie alla consapevolezza degli abitanti, principalmente degli agricoltori, sono meno acute. La Xylella è stato un paravento per chi voleva cogliere l’occasione per ricevere finanziamenti europei e per cambiare sia le colture e sia il paesaggio sempre per motivi economici e finanziari. Peccato però che si sbagliavano e continuano a sbagliarsi. Nel Salento pensare di fare agricoltura industriale è una vera follia.
Chi è il fondatore!? Se un associazione o movimento vuole aderire a chi si può rivolgere?