TURISTA PER CASO A PARCO LE CAVE

| 6 Gennaio 2024 | 4 Comments

di Teresa Ciulli  ______ 

Venticinquemilioni di anni dopo che si sollevarono le Alpi, emerse il Salento, penisola piccola dell’italica penisola grande.

Qui, dove faccio la spesa, c’era una laguna. Una barriera corallina. Una quantità inimmaginabile di pesci e cetacei di tutte le misure. Individui esperti in svariate efferatezze sulla linea dei centimetri lineari. Il grande mangia il piccolo cose contrarie, da che mondo e mondo, un’eccezione. Anche se oggi i virus si candidano a farla da padroni, senza polemiche.

Di molluschi, conchiglie, un atlante in trenta volumi.  Dove oggi c’è Le mani in pasta, il panificio, la quiete dell’acqua si estende oltre l’orizzonte.

Mi affascina come la Storia, e sua madre, la Geologia, restituiscano in un batter d’occhi la giusta insignificanza a ogni evento.

Bene, da circa un mese alcuni tomi dell’affascinante Storia Geologica della Terra sono consultabili presso l’appena inaugurata Biblioteca a Cielo Aperto del Parco delle Cave di Marco Vito, a Lecce.

Il Parco in questione fa parte di un sistema di antichissime cave che il Comune di Lecce in questi ultimi anni ha inteso restituire alla città in giardini fra loro collegati. Incantevoli luoghi di riposo meditazione raccoglimento, gioco, offerti al tempo libero della gente. Per accedere al Parco è sufficiente desiderio e disponibilità di tempo, una roba oscillante fra dieci minuti e tre quattro ore.

Nel Parco delle Cave avverto l’entusiasmante esperienza di apprendere la città dove vivo, Lecce, sottosopra. La città infatti, possiede una mappa al contrario. Come era prima di essere innalzata, edificata. Costruita intorno a piazzette cortili, ortali. Intorno e a ridosso di scale private. Sui lati delle vie, delle strade: cuciture esterne che tengono insieme il Nord e il Sud, Est, Ovest e tutte le decine di declinazioni possibili che da quella combinazione di punti, ne scaturiscono.

Lecce, da novembre, puoi visitarla in due modi che non si escludono a vicenda: come è. Come era. Un affascinante cortocircuito estetico che accade in pochi altri luoghi.

Su Viale Grassi, lato ferrovia, esiste un grappolo di cave, incipit di questa città di sabbia, di questa meravigliosa Città Clessidra.

Nel sedicesimo secolo Lecce è città strategica del Regno di Napoli e si scava alacremente per innalzarla, farne dimore ripari chiese campanili piazze. Famiglie di cavatori si arrischiano a inabissarsi nella tenera pietra, calandosi con funi carrucole scale di legno nei canyon che progressivamente prendono forma da questa tipologia di estrazione mineraria. La pietra si taglia facilmente è leggera protegge dalle frequenti oscillazioni di temperature, costantemente umide. La materia di colore senape vira decisamente su una tonalità giallina. Prodotto di milioni di anni di lische di pesce, valve di conchiglie, esoscheletri di gamberetti e tartarughe, senza trascurare la doppia dentatura degli squali o le cartilagini dei pesci martello e tantomeno l’ombra delle ali delle razze inchiodate sul fondale dal sole del Mesozoico: duecentoventicinquemilionidiannifa.

Questa calcarenite è frutto di mastodontici depositi marini, ma anche vegetazione, pigne e tronchi di piante estinte ben prima che qualcosa somigliante alla specie Homo si aggirasse sulla terra. Ci troviamo dentro un pulviscolo di stelle cavallucci marini cozze ricci felci tronchi di conifere. Una fossa comune di milioni di tranquille giornate al mare venute in superficie quando il mare si ritirò.

La pietra leccese è l’assemblaggio di un numero incommensurabile di cadaveri.

Ma non finisce qui. Sito di rilevanza storico architettonica sovrastante la Cava è Masseria Tagliatelle, insediamento cinquecentesco elegantemente ristrutturato in funzione di Ostello, Biblioteca e Servizi immaginati alla promozione delle politiche di cittadinanza attiva. Ha sede un Bar, dispone di alcune sale. In Biblioteca sono organizzate ore di doposcuola gestite nella forma di uno scambio volontario. Una sorta di Banca del Tempo è attiva.

A Tagliatelle ti rivolgi se hai bisogno di imparare qualcosa risolvere un problema avere una mano; fosse soltanto per andare a comprare delle medicine per una coppia non più autosufficiente che abita vicino.

Tagliatelle è habitat geografico e culturale. Sono state raccolte le storie di chi ci vive da generazioni e sono queste storie e queste persone che hanno amato nel secolo scorso i veri antenati di questo incantevole insediamento. Radici necessarie a sostegno delle azioni che verranno a favore della Cultura dell’Inclusione. Cultura Plurale.

Il Parco è un anfiteatro naturale che gira intorno all’insediamento rinascimentale. Il canyon sottostante all’insediamento cinquecentesco.

Sono luoghi autonomi. La fruizione del Parco è altra cosa da Tagliatelle.

La prima volta ci entro dall’ingresso Sud. Scivolo verso la parte più bassa della Cava. L’impatto mi destabilizza perché mi arriva addosso una quantità di Bellezza tutta insieme, una roba a cui non sono preparata. Mi rendo conto dalle emozioni che provo che l’architetto che ci ha messo mano è persona di grandissima sensibilità. Si chiama Alvaro Siza, portoghese, e con lui hanno collaborato almeno altri tre.

Sono entrata in una dimensione sconosciuta dello spazio e questa dimensione attiva una Teresa sconosciuta.

La quantità di luce che si concentra nella dolina è per me un bagno dentro le sue frequenze, soprattutto in quelle che non percepisco. Sto immersa in colori che non so ma che avverto. Buona parte di questo mistero arriva sotto forma di Silenzio, enorme. Dentro la cava il silenzio lo tocco con i polpastrelli, lo tocco con gli occhi che non sanno cosa guardare prima. Dalla sommità della cava precipitano essenze arboree, vegetazione cresciuta nei secoli intorno alle pareti a picco, perfettamente verticali rispetto al piano di calpestio. Bouganville arbusti di corbezzolo, mirto. Anche canne, alcune selvagge capigliature di capperi.

La natura sacra del luogo non ha bisogno di spiegazioni. Basta che mi avvicino a guardare la pietra che mi sovrasta in verticale, toccarla.

La stessa emozione provo quando mi avvicino a guardare un leone sdentato nel centro storico, a toccare un angelo senza volto: la pioggia il vento il sole di tantissime estati lo hanno cancellato per sempre.

Nel Parco, sotto le pareti a picco, c’è la sabbia del Miocene.

A Lecce, in città, ai piedi delle case dei palazzi, del Castello, pure.  ______ 

(Teresa Ciulli, Lecce, 6 gennaio 2024, testo e illustrazione per leccecronaca.it) 

Category: Cultura

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Comments (4)

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  1. Paolo Marcianò ha detto:

    In questi ultimi anni si sono completati i lavori del Parco delle Cave, ma l’idea del suo recupero risale a più di venti anni fa, quando Sindaco della Città era Adriana Poli Bortone. Il bando internazionale per l’assegnazione del progetto fu pubblicato nel 2008 e aggiudicato (2009) dall’architetto portoghese Alvaro Siza, durante la sindacatura di Paolo Perrone. Il progetto del Parco sarebbe poi diventato una carta da spendere per la candidatura di Lecce a Capitale europea della cultura. Vicino al Parco delle cave, con ingresso da via San Cesario, c’è il Bosco urbano; anche in questo caso recupero di cave dismesse però di proprietà privata; la cura e valorizzazione del quale sono affidate alla sezione di Lecce del WWF. Anche il Bosco urbano è un luogo magico per la vegetazione e per la particolare ambientazione.

  2. Eduardo Sammartino ha detto:

    Grazie per la bella lettura

  3. Alba Monti ha detto:

    Cara Teresa Ciulli, la tua descrizione dei luoghi aggiunge Bellezza a Bellezza.
    E Poesia.
    Complimenti alla tua penna, oltre che al tuo sguardo.

  4. Rossana ha detto:

    Bellissimo mi sono persa e vissuta nella tua descrizione complimenti Teresa

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