INTELLETTUALI ANTICHI E MODERNI PC
IO E LUI
Eccolo, è qui di fronte a me, domato, almeno per ora, sia pur parzialmente, nonché a costo di lunghi ed estenuanti tentativi, che si sono protratti con alterne vicende per tutti questi ultimi cinque giorni, tanto è vero che lo sto usando, ci sono riuscito, almeno a scrivere, perché – vedete? – sto scrivendo, sono ritornato a scrivere, che è come dire che son ritornato a vivere, perché scrivere è la mia vita.
Causa anche cattive condizioni di salute, ho passato soltanto con lui tutto questo tempo, ingaggiando un formidabile duello per riuscire a farlo funzionare, almeno nelle funzioni essenziali.
Credo di avercela fatta: e se, come spero, poi leggerete questo “pezzo” in cui voglio raccontarvi cosa è successo, per condividere con voi, anche per capire qualche cosa in più, grazie al vostro aiuto, allora ne avrò la conferma.
Per ora mi pare di sì, di esserci riuscito, per quanto lui ora se ne stia apparentemente docile, ma altero e quindi pure minaccioso, in tutto lo splendore dei suoi non so quanti e nemmeno che cosa di potenza, vagamente sinistro in altri tasti che mi guardo bene anche soltanto dallo sfiorare, perché non appena lo sfiori soltanto, parte con tutta una serie di funzioni che solamente lui conosce e riconosce, ma soprattutto perché ho imparato – e sorrido – che nella vita non bisogna mai toccare i tasti sbagliati, se no son sempre guai.
Era successo che per tanti motivi che non sto adesso qui a specificare, ho dovuto e ho potuto comprarmi, e finalmente, un mio pc.
Così, dopo una mezza giornata verifiche e confronti, presso i rivenditori specializzati, scarsamente aiutato dai commessi che, come tutti gli esperti di informatica, sono particolarmente odiosi, con quell’aria di superiorità che hanno e con il loro linguaggio tecnico che si ostinano ad adoperare per confonderti ancor più le idee, facendoti sentire un ignorante analfabeta, alla fine, anche per sfinimento, ho optato per un prodotto dell’ultima generazione, per quanto dal costo tutto sottratto accettabile, almeno così mi han detto, nel rapporto qualità/prezzo, anzi decisamente buono, se non per le mie povere finanze, alle quali, appunto, ho dovuto sottrarre quattrocento euro, azzerandole di brutto, e insomma, “tutto sottratto” è proprio l’espressione giusta, visto che il mio budget si è così esaurito, come me.
Infatti, falsamente rassicurato, non pensavo certo di esaurirmi, nel poterlo far funzionare. “Vedrà” – mi aveva detto il giovane esperto della rivendita, rispondendo alle mie perplessità, con le sue ipocrite rassicurazioni con i congiuntivi rigorosamente fantozziani – “E’ facilissimo da usare…Che ci vuole? Collega la spina, accende, segui le istruzioni ed è subito pronto…”. E invece…Adesso vi racconto che cosa è successo durante questi giorni, fra me e lui, il Mostro.
***
Con tutta la mia buona volontà, ma vigile perché memore di tutte le precedenti esperienze in materia sempre tragicamente sconfortanti, soltanto ripetendo nella mia mente“E’ facilissimo” di tanto in tanto, ho cominciato con lo scartare lo scatolo e trovare le istruzioni.
Mi aspettavo un manuale, che so? Un depliant riccamente illustrato. Ma ho trovato una paginetta tipo i bugiardini dei medicinali, scritto in una decina di lingue, per cui le istruzioni per l’uso in italiano si riducevano a poche righe, giusto per descrivere dove collocare le prese, con figure stilizzate. Ma tanto, mi son ripetuto “E’ facilissimo…E che ci vuole?”, se non hanno ritenuto di dare tante spiegazioni, è perché sarebbero state inutili, mi son detto, mettendomi all’opera di buzzo buono.
La prima difficoltà è stata nel collocare la pila nell’apposito vano. Sarà che era difettosa, sarà che era nuova e quindi originale, almeno rispetto alle altre collocazioni abituali, standard, sarà che la prima volta è sempre la più difficile – e sorrido di nuovo – sarà che sono imbranato io, che pure avevo chiesto ripetutamene, m inutilmente aiuto alla figura stilizzata, comunque è successo che nel riuscire a mettere la pila al posto giusto avevo già esaurito la dose di pazienza che mi ero auto – imposto, di certo non aiutato dall’andirivieni in postazione dei gatti di casa, irresistibilmente attratti dal nuovo oggetto, con cui parevano voler prendere immediata confidenza.
Poi, ho cominciato a mettere le prese nei buchi, perché è sempre una questione di buchi da colmare, ma anche in questo me la sono cavata, aiutato dai colori e dalle rappresentazioni grafiche, compresa la spina del mouse, che non sapevo dove mettere, forse perché il Mostro il mouse non lo voleva, perché costruito per farne a meno, ignaro del fatto che io, antico, erede della lettera 22, delle linotype, della carta carbone, senza mouse non so scrivere, dal momento che non saprei dove posizionarmi, ma insomma, alla fine, puro lo spinotto del mouse, di cui mi ero ovviamente munito, in un modo o nell’altro, da qualche parte è entrato.
Trattenendo il fiato, ho acceso. Il Mostro si è illuminato d’immenso. Scegli la lingua che devo parlare, m’ha scritto in sovrimpressione per prima cosa, l’italiano? Sì, scriviamoci in italiano, mio caro. Clic.
Musichetta. Colori. Ora ti dico che fare, segui con ordine, mi ha aggiunto, con tono perentorio e già qui mi sono sentito lievemente alterato.
Non sei collegato a internet, collegarsi a internet, ha proseguito subito dopo in tono perentorio. Come, non sono collegato? Ma se c’è internet libero per tutta la casa, quello senza limiti e senza fili, avrei voluto stupidamente scrivere per rispondergli, ma il Mostro ha fatto prima, come sempre fa prima lui e devi fare come dice lui, tanto per mettere in chiaro le cose, per cui ho imparato subito l’amara verità e difatti ha specificato con supponenza, “Ci sono connessioni disponibili” facendomele vedere e aggiungendo “Scegliere una connessione disponibile”.
Grazie al mio buon mouse, ho scelto, la mia Telecom senza limiti e senza fili, con tutte le telefonate verso fissi e pure verso i cellulari, tutto compreso, pure la bolletta che ti tramortisce quando arriva, ovvio.
Ma qui sono cominciati i guai seri.
***
E’ cominciato il dialogo silente, che nemmeno Samuel Beckett sarebbe riuscito ad articolare talmente assurdo e surreale, durato alcuni giorni. E’ cominciata la sfida, il duello, l’assurda lotta senza esclusione di colpi, l’arma letale, la missione impossibile.
Metti il codice di autenticazione, ha intimato il Mostro. Ma quale codice di autenticazione?
Inserire password, ha cominciato a lampeggiare, ogni volta che a me scattava un pensiero, per quanto, appunto, assurdo e surreale, nel dialogo silente, ancora civile, iniziato con lui. Ma quale password? Internet qui è già autenticato nella centralina! Funziona già libero. L’Alessandra accende e si collega col suo computer, pure con il telefonino, infatti, perché tu vuoi l’autenticazione?
Ma non c’è stato verso.
Forse voleva sapere che tipo di connessione c’era? “Telecom”, ho scritto. E lui: “codice errato”. “Alice” ho riscritto. E lui sempre: “codice errato”.
Poi mi è venuto in mente un’operazione che il tecnico della Telecom fece la prima volta, quando venne a installare l’impianto, trascrivendo un’assurda serie di lettere e numeri, che, dopo alcuni tentativi a tentoni, ho ritrovato dietro l’apparecchietto e, dopo altri tentativi infruttuosi di ricopiarla e digitarla correttamente, sono riuscito a replicare davanti al Mostro, che a questo punto, tutto soddisfatto, finalmente è andato avanti, incurante delle mie prime imprecazioni nei suoi confronti, per la sua supponenza, alterigia e stupida avidità.
Inserire un indirizzo e-mail, mi ha scritto il Mostro dopo pochi secondi. Ma perché ti devo dire il mio indirizzo di posta? – ho pensato, ma non mi faceva andare avanti senza. Va beh, ‘mo ti frego io- e ho inserito il mio indirizzo farlocco, mica quello buono, il vero, con il mio nome e cognome, no, ma quello inutile, con lo pseudonimo, che tengo buono per le notifiche inutili, tipo quelle di Facebook e lo spam collegato: professore.to@hotmail.it, tiè, beccati questo!
Il Mostro non ha battuto ciglio. Ha recepito e si è congratulato.
Si è colorato, ha aumentato la musichetta e ha scritto: “BENVENUTO GIUSEPPE PUPPO”, non solo, m’ha messo pure la mia foto, una delle mie foto, in tutta evidenza, sul monitor.
Sono rimasto basito. Che cazzo ne sai tu come mi chiamo? E chi ti ha dato la mia foto? Ma lui è rimasto indifferente, e ha proseguito imperterrito, con l’identificazione: bisognava dare la foto, cioè faceva tutto lui, io dovevo solamente stare fermo davanti all’obiettivo, con tanto di freccette, che intanto erano uscite sul deskop.
Mi sono sentito come un criminale davanti alla Polizia che ti fa le foto segnaletiche prima di sbatterti in galera, ma tant’era. Avrei scoperto nei giorni seguenti a che cosa serviva. Infatti, ogni volta, appena lo accendi, il Mostro ti inquadra e ti identifica. Se no non c’è modo di andare avanti. Se provi a fare il furbo, che so? Mettendoti di traverso, chinando il capo, abbassando gli occhi, non si apre. Procede solamente se ti vede bene e ti riconosce completamente, il bastardo.
***
Difatti, appena acceso, espletate le formalità di rito, BENVENUTO, ha ripetuto il Mostro compito e compunto il giorno dopo, con tutte le informazioni su data, ora, condizioni meteo e pure il numero delle mail che nel frattempo si erano accumulate.
Beh, vediamo chi ha scritto, ho pensato io. Già…Facile a dirsi. Come si fa? Dove sta il sistema operativo? Come si usa sto Windows 8, che nessuno gli aveva chiesto e che a me la metà bastava? Per non dire la soddisfazione di continuare ad arrichire gli eredi di Bill Gates.
Così – Come cazzo si avvia?- gli ho intimato col pensiero.
Niente, sordo. Ho passato ore e ore a esplorare col mio mouse triste e sconsolato tutta una serie di punti oscuri, ognuno dei quali rimandava ad altre funzioni, chiamate app, ognuna delle quali, a sua volta, apriva modi nuovi, ma per me sconosciuti e irraggiungibili, quanto indesiderati e inutili.
Telefonare, comprare e vendere, giocare, fare conversazioni più o meno amichevoli, girare video, guardare film, ascoltare musica, di tutto, di più, con altre cose che nemmeno riuscivo a capire che cosa fossero, tranne l’unica cosa che a me interessava, scrivere, con un normalissimo, fottutissimo programma di scrittura che già esisteva vent’anni fa, all’alba dei computer, la prima cosa che imparai a usare e che invece il Mostro, fra l’altro sempre occupato a mandare nuovi aggiornamenti, non richiesti e non graditi, del tutto e del di più sembrava non avere.
L’aveva, l’aveva, naturalmente. Proprio quando non sapevo più come insultarlo, me l’ ha fatto scoprire, il giorno dopo ancora.
***
Ma bisognava pagare, ovvio, arricchendo ancor di più i fortunati eredi e i famelici azionisti. Bontà sua, mi metteva a disposizione il programma per un breve periodo, visto che mi ero categoricamente rifiutato di sottoscrivere alcunché e tanto meno di indicare la mia carta di credito, del resto da tempo ampiamente screditata.
None, nienzi ( avevo scoperto che il Mostro capiva pure il dialetto leccese), perché mi voglio mettere di nuovo Libre Office, il programma gratuito e perfettamente funzionante come quello a pagamento, di cui mi aveva detto Michele. Bastava scaricarlo, un’operazione all’altezza delle mie capacità tecniche. Detto fatto.
Ma il Mostro evidentemente sapeva difendersi: per quanto correttamente scaricato, non mi faceva ritrovare il programma gratuito e ogni volta che volevo scrivere o leggere qualunque cosa, mi riproponeva invece il suo maledettissimo Microsoft office. Non solo, aveva ripreso a propormi in modalità analoghe l’anti – virus, accessorio indispensabile e sempre a caro prezzo.
Ma l’ho fregato. Possibile che una macchina dovesse avere la meglio su di un essere umano? Oppure che per farla funzionare ci fosse bisogno di un tecnico specializzato? No, non era possibile. Mi sono attrezzato, ho dato fondo a tutte le più remote capacità di pazienza e di sopportazione, e sono riuscito un giorno a far funzionare l’anti – virus senza pagare niente. Almeno per ora.
Il giorno dopo, sono riuscito a ritrovar pure il mio programma di scrittura gratuito.
L’aveva nascosto fra i file scaricati, il bastardo. Bastava adesso applicarlo al sistema operativo, e sarei stato apposta.
Ma come si usa il sistema operativo, insomma, come si fa ad aprire la posta?
Bastava pigiare sulla figurina della busta che appariva eloquente sulla schermata iniziale? Sì? E vai…
Ma no, ti pareva, troppo facile. Aperta la posta, perché allora il famigerato windows 8 aveva cominciato a funzionare, il Mostro ci ha messo del suo.
Ah, ti devi prima accreditare, “devo verificare che sei attendibile”, una semplice formalità, come dicono nei film i Poliziotti prima di sbatterti in galera, il Mostro voleva ulteriori rassicurazioni, insomma, come la legge sulla privacy, che, partita per tutelare, agevolare e difendere i cittadini, si è trasformata in uno strumento ulteriore per colpire, ostacolare e offendere i cittadini: ad un certo punto mi ha imposto di andare a recuperare un codice segreto di protezione dei dati, da inserire per poter accedere alla mia casella. Ma c’era qualcosa che non quadrava, dal momento che era appunto per poter accedere alla casella di posta che il codice mi serviva.
Come se m’avesse letto nel pensiero, il Mostro però è venuto subito in mio soccorso: se non sai come fare, cambia le impostazioni iniziali di accredito.
Sfinito, senza più insulti, né bestemmie da lanciargli contro, ho spento, stremato.
***
Affranto, il giorno successivo ho scoperto però che non potevo modificare le impostazioni iniziali di accredito, dal momento che il Mostro mi aveva nominato amministratore unico, unico, appunto.
Sospettoso e guardingo, alla faccia della privacy, ha preso pure ad informarmi tempestivamente ogni volta che l’Alessandra si collega ad internet da un’altra stanza, ovviamente con il suo pc o con il suo telefonino. Mi aspetto da un momento all’altro che adesso mi mandi un’ app (a pagamento, ovvio) che mi consenta di scoprire che cosa ella faccia per fatti suoi.
Già adesso, sulla schermata iniziale, del resto lui mi aggiorna costantemente, secondo dopo secondo, che cosa stiano facendo alcuni suoi amici, così, senza collegarsi a Facebook, o altri social network: il Mostro sapeva chi sono i miei amici e si è messo di impegno a dirmi subito, all’inizio, in quali faccende essi siano affaccendati.
Ma figurati, Mostro. Piuttosto aiutami a capire sto maledetto windows 8.
Di nuovo, come se m’avesse letto nel pensiero, ha deciso di aiutarmi facendomi trovare la guida apposita, on line, da compulsare al bisogno.
Beh, non ci potevo credere, le prime cose che mi ha detto sulla guida delle istruzioni per l’uso, sono state di non fumare, come invece io faccio sempre quando scrivo, perché la cenere cadendo può danneggiare la tastiera, e poi di non pigiare troppo sui tasti, che invece io percuoto con forza, come se zappassi, retaggio della mia mitica “lettera 22” dei tempi che furono.
Insomma, sapeva tutto di me.
***
Come si fa a combattere con un Mostro?
Vincere non si può, ma si può convivere. Adesso credo che il sistema funzioni, almeno per quello che serve a me, perché mi fa scrivere nel modo che ho scelto io, e tanto mi basta. Per il resto, mi devo autenticare con la faccia da ebete ogni volta che lo apro, e ho dovuto fare tutto il resto, pure per poter accedere alla mia posta, come ha detto lui. Ma le app no, eh?!? Le app, no, va bene?
Va bene, cazzi tuoi se non le vuoi usare, sembra sorridermi adesso, con la sua aria di strafottenza. Basta non sfiorarlo, perché se no ci riprova e mi rimanda da attivare questo o quello indicibile trastullo, o questa o quella fenomenale funzionalità, che io però con altrettanta tenacia mi ostino a rifiutare.
Abbiamo raggiunto un precario equilibrio. Non ci amiamo, anzi, ci detestiamo cordialmente, conviviamo forzatamente, ecco tutto, ma abbiamo imparato a tollerarci a vicenda e ci sopportiamo nelle rispettive aspettative del tutto divergenti. Ma sono passati appena pochi giorni, chissà come si evolverà il nostro rapporto però pure necessariamente indissolubile, mi sorprendo a pensare preoccupato, trattenendo il fiato ogni volta che l’accendo.
Giuseppe Puppo
Category: Costume e società