CHE TRISTEZZA LA FESTA NOSCIA SENZA I GIORNALI SATIRICI SCOMPARSI DI BOTTO
di Raffaele Polo ____________
Prendiamo atto, doverosamente, della realtà: a nessuno interessa più quella forma di satira umoristica che era tradizionale dei ‘numeri unici’ pubblicati in occasione della festa del Santo Protettore. Soprattutto da noi, è sempre stato motivo di orgoglio e gradita sorpresa per i cittadini, trovare le edicole imbandite dai fogli colorati che caratterizzavano la ‘Festa Noscia’, ‘Santu Ronzu Nesciu’, ‘La Carrozza’ (nella foto del nostro archivio, al centro, Ruggero Vantaggiato) e via discorrendo.
Niente di eccezionale, per carità: sovente le ‘barzellette’ pubblicate erano già vecchie e prive di verve, i versi in dialetto delle poesia a volte oscillanti, le vignette non tutte efficaci e piacevoli… Ma ‘le cose che brillano’ c’erano sempre… e c’erano anche apprezzamenti e sarcasmi sui personaggi pubblici più o meno conosciuti.
Confessiamo che, ogni volta, sfogliavamo le pagine colorate nella speranza (o timore…) che ci fossimo anche noi, in veste caricaturale, disegnati o descritti…
Adesso no, non c’è più questo pericolo: perchè i ‘giornali umoristici leccesi’ sono scomparsi tutti assieme, così come fu per i dinosauri. E restano un labile ricordo di qualche anziano che, del resto, aveva sempre parole di biasimo per ogni volta che le pubblicazioni comparivano in edicola, nei giorni vicini alla Festa… Sembra di sentirli ancora, quei commenti: “E sempre lu Sindacu stae su la Carrozza?”, “Ogne festa aumentano li prezzi, su troppi 3 euri!!!”, “Ma quante fessarei ca scrivenu!”
Voci del passato: con la scomparsa di questi innocenti fogli, se ne va un grosso pezzo della ‘cultura della tradizione leccese’. Così come se ne sono andate le canzoni in dialetto, come annaspa il teatro dialettale e le stesse poesie che hanno pochi, pochissimi autori che si cimentano a rinvigorire la nostra ‘lingua madre’…
Peccato, dispiace veramente, ma è il segno dei tempi. Ed è la tangibile constatazione che il pubblico non gradisce più di tanto queste espressioni che resistevano da decine e decine di anni. Se poi aggiungiamo al quasi totale disinteresse per l’argomento, la constatazione che, pubblicando e distribuendo il tradizionale foglio, ‘non si sarebbero recuperate le spese’, si comprende come, nell’era dei selfie e di Instagram, non ci sia più posto per la satira alla buona che ci offriva il datato giornale satirico.
Quando capita, però, alla Biblioteca (altro posto destinato alla memoria e alla commemorazione, proprio come il cimitero…) diamo un’occhiata alle vecchie annate di ‘Don Ortensio’, di ‘Festa Noscia’ e de ‘La Carrozza’. E ci pervade l’emozione, riscopriamo una ‘leccesità’ che non si rassegna a morire. Come la cupeta, come la parmiggiana, come i fuochi del 26 a notte…
Che cosa? Dite che scompariranno presto anche loro?
Va bene, ma la cosa ci dispiace, queste manifestazioni ci appartengono e, quando scompaiono, ci sentiamo più vecchi.
Inutili e senza speranze.
Category: Costume e società, Cultura