“Mon amour ”, LA CANZONE DI ANNALISA SPECCHIO DEI TEMPI NOSTRI
di Giuseppe Puppo ______
Domani, non lavora, la protagonista della canzone di Annalisa “Mon amour” che è diventata il tormentone del momento e, suo malgrado, riflette motivi e personaggi di amore e sentimenti ai giorni nostri.
Domani la ragazza non lavora, quindi si può svegliare tardi, e quindi…E quindi, va in un locale a cercare compagnia per la notte appena cominciata, per concluderla… in bellezza? Mah…
C’è uno che le piace, almeno, non ne è del tutto convinta, inoltre non sa se la simpatia sia reciproca, ma non importa, tanto per cominciare decide di farselo piacere sul momento
Anche se è soltanto un altro stupido
Sexy boy, sexy boy
che manda baci al veleno.
Il problema è che la ragazza c’ha una concorrente agguerrita nel locale, che si è portata avanti con lavoro di conquista del sexy boy, a colpi di movimenti tecnici, che poi uno si chiede un attimo quali siano codesti movimenti tecnici, prima di arrivare a capire in che cosa essi consistano.
L’affare si ingrossa… Ma la faccenda si complica.
Allora la ragazza c’ha un’idea… Decide sempre sul momento di farsi piacere pure lei, che piace a lui, che piace a me, e vai…
Ho visto lei che bacia lui
Che bacia lei, che bacia me
Mon amour, amour, ma chi baci tu?
Come vada a finire la nottata, la canzone non lo dice. Ce lo possiamo agevolmente immaginare però…
Comunque la canzone dice tante altre cose.
Dice che la gelosia, quella sana, quella sofferta, ma fondante, non esiste più, già, non esiste più la gelosia teorizzata da Roland Barthes
«Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri»
e io vorrei aggiungerci purtroppo.
Se non esiste più la gelosia, non esiste più nemmeno l’amore, quello sano, quello sofferto, dunque quello autentico.
Esso è diventato relazione frammentaria ed episodica, occasonale ed effimero, è diventato quello teorizzato con lucidità da Zygmunt Bauman
«L’amore liquido è un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame. I cellulari consentono a chi se ne sta in disparte di tenersi in contatto e a chi si tiene in contatto di restarsene in disparte. I legami sono stati sostituiti dalle connessioni».
Si è compiutamente realizzata fra binari e non binari, modificazioni del linguaggio e del corpo, nella nuova impersonale forma del potere che si manifesta attraverso le cose, gli oggetti, e di un nuovo tipo di coscienza, di personalità, di individuo, l’ultima, terribile profezia di Pier Paolo Pasolini di cinquant’anni fa
«I ceti medi sono radicalmente – direi antropologicamente – cambiati: i loro valori positivi non sono più i valori sanfedisti e clericali ma sono i valori (ancora vissuti solo esistenzialmente e non nominati) dell’ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano. E’ stato lo stesso Potere – attraverso lo sviluppo della produzione di beni superflui, l’imposizione della smania del consumo, la moda, l’informazione (soprattutto, in maniera imponente, la televisione) – a creare tali valori, gettando a mare cinicamente i valori tradizionali e la Chiesa stessa, che ne era il simbolo.
L’Italia contadina e paleoindustriale è crollata, si è disfatta, non c’è più, e al suo posto c’è un vuoto che aspetta probabilmente di essere colmato da una completa borghesizzazione modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante».
E nella fattispeci viene da rimpiangere Renato Zero, pure all’epoca simbolo di trasgressione, che però di fronte a certe proposte estemporanee, se ne fuggiva inorridito, gradando, anzi cantando
Il triangolo no…non l’avevo considerato!
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