GERONTOCOMIO DI NARDO’, ULTIMO ATTO
di Graziano De Tuglie ______
E’ in atto la demolizione dell’edificio che a Nardò sarebbe dovuto diventare un gerontocomio (termine vecchio e un poco sgradevole) ma che nessuno degli amministratori che si sono succeduti alla guida della città è riuscito a mettere in funzione.
Fu una felice e lungimirante intuizione quella degli amministratori di cinquantacinque anni addietro che prevedeva un luogo dove la comunitò avrebbe dovuto prendersi cura dei concittadini anziani, più o meno malati, che non erano autosufficienti ma dopo fiumi di denaro impegnati e spesi, per appalti e incarichi (sindacature passano ma questi sono i fulcri di tutte, comprese le rivoluzionarie) la struttura è rimastasempre inutilizzata e vandalizzata. Un vero e proprio “mostro” dello spreco.
La decisione dell’attuale sindaco di abbatterlo ha suscitato tante polemiche; in particolare si sono rivoltati i cultori della valenza architettonica del manufatto che ne hanno rimarcato l’unicità e il valore della progettazione che, a loro dire, testimoniava una particolare stagione creativa del progettista indicato come uno dei maestri dell’architettura italiana negli anni Settanta e Ottanta del Novecento.
Strano però che tutti questi fautori della creartività dell’architettura di alto livello non si fossero mai accorti del degrado in cui versava questa pregevole, secondo loro, realizzazzione. Secondo queste opinioni questo edificio era a livello delle progettazioni di Renzo Piano, di Gae Aulenti, di Massimiliano Fuksas o forse addirittura superiore. Ma per cinquantacinque anni nessuno aveva mosso un dito o elevato una sia pur timida protesta per lo stato di abbandono in cui versava l’edificio, nessuno aveva lanciato un appello, nessuno aveva promosso una raccolta firme nessuno aveva sollecitato un’audizione, un’interrogazione parlamentare uno straccio di intervento presso la Soprintendenza alle Belle Arti o presso i competenti ministeri. All’improvviso si sono svegliati da un letargo pluridecennale solo perchè è sorta l’idea di abbatterlo.
In realtà il progettista di quell’immobile era anche autore di un piano particolareggiato di attuazione del Piano Regolatore Generale di Nardò che, in ossequio alle derive ideologiche di quegli anni, prevedeva l’edificazione di anonimi, e orrendi, falansteri tipo gli edifici Lurentino38 e Corviale a Roma o Le Vele a Napoli che sappiamo bene a quale disagio sociale hanno dato luogo. Quel Piano Particolareggiato fu totalmente riprogettato durante la prima sindacatura Vaglio (1994) lasciando a testimoianza dello scampato pericolo solo l’edificio costruito a ridosso dell’area di servizio per auto vicino alla Chiesa dell’Incoronata.
Ma le fumisterie pretestuose di questo dibattito architettonico post mortem hanno steso una cortina di nebbia che ha sviato un serio dibattito sulle finalità della demolizione dell’edificio; secondo gli intendimenti dell’attuale sindaco al posto dell’edificio demolito dovrebbero sorgere 19 appartementini destinati ad anziani AUTOSUFFICIENTI contornati da alcuni fumosi servizi di socialità.
Questo qundo oltre 120 anziani e disabili di Nardò sono sparsi nelle varie RSA della provincia e le previsioni stratistiche derivanti dal processo si invecchiamento della popolazione indichino che il numero è destinato a crescere. Ma le teste d’uovo dell’attuale amministrazione ritengono che 38 posti nei 19 appartamentini siano sufficienti per soddisfare le necessità dei neritini. Così gli attuali amministratori neritini si dimostrano decisamente meno lungimiranti dei loro precedessori di cinquantacinque anni addietro che almeno avevano previsto un fabbisogno per la comunità molto maggiore. Evidenziano una ristrettezza di pensiero, di progettualità, di raziocinio spaventosa rispetto a coloro che sedevano in giunta e in consiglio mezzo secolo addietro.
Non comprendono neanche l’utilità di una RSA comunale in un complesso abitativo (Nardo’ e Galatone) di quasi 50mila residenti che hanno subito lo scippo di un ospedale da oltre venti anni e che devono macinare decine di chilometri per visitare i propri cari sparsi per le strutture in tutta la provincia. E non hanno neanche valutato la possibilità di usufruire dei posti di lavoro, e del conseguente ritorno economico-stipendiale, che una struttura costruita per assistere 150 degenti potrebbe offrire. Una visione misera chi chi non vede oltre la punta del proprio naso e che comprende solo gli incarichi e gli appalti che l’ordinaria manutenzione delle strade può offrire.
Rimane poi irrisolto il nodo del valore dell’immobile che si sta abbattendo che negli ultimi decenni era sempre, e da tutti i sindaci, inserito come asset patrimoniale nei bilanci con valori compresi tra il milione il milione e mezzo di euro evitando disinvoltamente dissesti di bilancio. Alchimie, giochi e artifici contabili che nessuno ha intenzione di verificare se siano avvenuti o meno perchè tutti ne hanno fatto uso. Compresi gli odierni oppositori che prima sono stati, a lungo maggioranza di amministrazione.