COME ERAVAMO / ALLA POSTA
di Raffaele Polo ______
Aveva un fascino particolare, l’ufficio postale del secolo scorso… Ci andavamo con la mamma, raramente con papà: dovevamo accompagnare la mamma che prelevava o versava qualcosa sul ‘libretto’ e noi ci sentivamo fieri e sicuri nel nostro compito di scorta, pronti ad intervenire in caso di furti o rapine.
L’ingresso dell’Ufficio postale aveva sempre qualcuno appostato che ci pareva stesse lì ad aspettarci, con cattive intenzioni. Era, per la verità, quasi sempre un anziano male in arnese che attendeva il suo turno. Ma noi ci sentivamo autorizzati a guardare biecamente tutti coloro che si avvicinavano alla mamma, depositaria di quel magico libretto che aveva una serie di numeri scritti in bella calligrafia e contornati da bolli ben visibili e testimoni della ufficialità di tutte le operazioni.
Invidiavamo l’impiegato postale che aveva quella scrittura così evidentemente comunicativa, c’era un accenno di svolazzi e lo scritto non debordava mai dallo spazio assegnato… Lo stesso impiegato, poi, aveva a disposizione una serie di oggetti che non finivamo di guardare con invidia: le forbici e il taglierino, la cucitrice, i timbri di varie dimensioni ma, soprattutto, quello che più ci affascinava: la boccettina con la colla liquida e il pennellino che venivano utilizzati con maestria e cura, non se ne spandeva neanche una goccia, i pezzettini di carta erano applicati con precisione sui pacchetti e sulle ricevute; a volte veniva fuori, come per incanto, un’altra meraviglia: la ceralacca che, applicata a sigillo di pacchetti e grosse buste, dava un senso di importanza e di colore a quell’ufficio altrimenti scuro e con le luci perennemente accese.
C’erano, poi, i francobolli custoditi nello specifico album, formavano intere pagine che dispiaceva dover scompaginare per staccare i francobolli richiesti. E poi, dulcis in fundo, quando l’impiegato ci restituiva il libretto, controllavamo subito l’aggiornamento. E anche poche lire di interessi, ci riempivano di gioia: la Posta, l’amica Posta si era ricordata di noi, anche i più piccoli facevano parte del magico mondo di timbri, colla e ceralacca…
Ci regalarono, poi, un ‘buono postale fruttifero’ e aspettavamo con ansia che quel documento instoriato si trasformasse in un vero e proprio tesoro, da utilizzare quando saremmo stati grandi…
Ora, poi, guardavamo con interesse quel giovanotto che compilava un foglio verde, un telegramma che veniva esaminato e corretto dall’impiegato postale che assurgeva all’importanza che aveva, a scuola, il nostro maestro… E, infine, ecco l’anziano che era fuori, arrivato il suo turno, firmava con impaccio una carta e riceveva biglietti nuovi di zecca e monetine sonanti. Ci meravigliavamo che non sorridesse, davanti a tutto quel ben di Dio che noi consideravamo per la presenza delle monete, così simili a quelle che avevamo trovato nella calza della Befana, ma di cioccolato. Queste no, erano vere, e invidiavamo il vecchio che, zoppicando, usciva dalla Posta.
Poi, con un ultimo sguardo alla boccettina della colla, uscivamo, tenendo d’occhio la mamma, che non perdesse il denaro o non se lo facesse rubare. Eh, le donne! pensavamo. Se non ci fossimo noi maschi a proteggerle…
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Gli anni passano, ma il fascino della Posta in piazza Libertini conserva ancora quel fascino seppure segnato dal tempo! Da ragazza, anche quel luogo catturava la mia attenzione non solo per la bellezza maestosa e austera dell’edificio ma soprattutto per il continuo viavai di un’umanità alle prese con la propria quotidianita… Ricordo le lunghe file di attesa per attendere il proprio turno, mentre qualche intollerante sbuffava o scalpitava… e poi finalmente davanti agli sportelli, da cui si affacciava l’impiegato postale, ognuno svolgeva la propria commissione… Mi piacevano tutti quei finestroni alti attraversati dal ferro battuto e da dove penetrava la luce e quegli sportelli in legno con il davanzale in marmo, dietro ai quali gli impiegati accoglievano i clienti con un fare garbato e rispettoso, quelle buone maniere di una volta, per intenderci. Erano i tempi in cui i documenti venivano scritti a mano, quasi fosse un esercizio di bella scrittura, sui quali si apponevano timbri, francobolli, ceralacca e quant’altro occorresse per compiere ogni tipo di operazione… Insomma, anche la Posta è stata una realtà legata al mio vissuto e a quello di tanti altri ma non di meno a tanti ricordi…