UNA MOSTRA PER RISCOPRIRE PAOLO EMILIO STASI
di Raffaele Polo ______
Sarà inaugurata giovedì 22 dicembre alle 17.30, a Lecce, al Museo Castromediano, in viale Gallipoli 31, la mostra Paolo Emilio Stasi. Pittore e archeologo in Terra d’Otranto tra Otto e Novecento.
al Museo Castromediano di Lecce dal 22 dicembre 2022, ore 17.30
Si intende coì recuperare la figura di P. E. Stasi come pioniere di studi preistorici (Grotta Romanelli, Grotta Zinzulusa di Castro, Cunicoli dei Diavoli di Porto Badisco) e come esponente in Terra d’Otranto della pittura “napoletana” di fine ‘800-inizi ‘900. La mostra sarà visitabile fino al 31 gennaio 2023, tutti i giorni dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 20.
“Questa mostra è un progetto che unisce le vocazioni del Museo Castromediano, dall’archeologia alla storia dell’arte, dalle attenzioni verso gli archivi, all’impegno sul restauro: perciò l’omaggio a Stasi è un vero e proprio paradigma, che fa del nostro impegno di studio e ricerca un ulteriore punto di partenza per nuove visioni aperta alla comunità”, commenta Luigi De Luca, direttore del Polo biblio-museale di Lecce e coordinatore della mostra curata da Brizia Minerva, Annalucia Tempesta, Michele Afferri e Salvatore Bianco, autori anche dei contributi testuali che a breve saranno pubblicati sul catalogo concepito per l’occasione.
Nel centenario della scomparsa di Stasi, il Museo Castromediano dedica quindi un importante progetto curatoriale a una delle personalità più stimolanti e meno note della cultura di Terra d’Otranto di fine Otto e inizi Novecento: Paolo Emilio Stasi (Spongano 16 gennaio 1840 – 4 marzo 1922).
Pittore, archeologo, pensatore illuminato, Stasi è al centro di un progetto che include opere d’arte, reperti archeologici, fotografie, documenti e altri materiali provenienti da collezioni private e dalle raccolte del Museo Castromediano. Le opere, provenienti dalle collezioni degli eredi, sono state oggetto di un importante lavoro di restauro a cura del Museo Castromediano di Lecce, realizzato dai restauratori Mary Coppola e Giuseppe Tritto.
Da settembre 2022 ad oggi infatti le operazioni di restauro conservativo – consolidamento della pellicola pittorica, applicazione di fasce perimetrali, pulitura, stuccature e integrazione pittorica – hanno interessato 35 opere tra dipinti su tela, cartone pressato, compensato e disegni su carta. Il Museo Castromediano pertanto per questa mostra ha messo in campo tutte le sue professionalità, dal settore storico-artistico, a quello archeologico, all’ambito del restauro.
Il progetto, concepito con la fondamentale disponibilità degli eredi (in particolare il pronipote, arch. P.E. Stasi) e in collaborazione con la Soprintendenza ABAP per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, il Teatro Pubblico Pugliese e la Provincia di Lecce, è stato realizzato grazie alla collaborazione della società Esterno Notte, associazione che opera seguendo una linea etica di valorizzare i beni architettonici, il paesaggio naturale e il patrimonio culturale, nel rispetto e nella tutela della natura e del territorio, attraverso la proposta di allestimenti artistici.
Esponente della pittura napoletana del tardo Ottocento, Stasi si forma a Napoli, dove era studente di farmacia negli anni 1865-66, con i maggiori maestri di quel periodo, tra cui il salentino Gioacchino Toma. Rientrato in Terra d’Otranto insegna disegno presso il Real Ginnasio “Capece” di Maglie e diviene figura di riferimento per Giuseppe Casciaro e altri.
La produzione pittorica di Stasi – ritrattistica, soggetti sacri, paesaggi e nature morte – è poco conosciuta da studiosi e grande pubblico. Stasi, infatti, non ha effettuato in vita operazioni commerciali ed espositive della propria produzione, a parte alcuni ritratti commissionati da famiglie amiche o le pale d’altare nelle chiese matrici di Nociglia e Castrignano del Capo.
P. E. Stasi era un appassionato naturalista, aperto alle nuove correnti di pensiero di matrice positivista ed evoluzionista, sulla scia delle teorie di Charles Darwin.
Dal 1870 si appassiona alle ricerche paleontologiche condotte in Terra d’Otranto da Ulderico Botti, toscano di nascita e consigliere prefettizio a Lecce, formatosi presso la Cattedra di Antropologia di Firenze. Seguendo le orme del Botti, P. E. Stasi scopre delle “brecce ossifere” sulle scogliere di Castro (pietrame sgretolato dal freddo dell’ultimo glaciale, poi trasportato dalle acque insieme a resti di faune fossili presenti sul terreno e quindi cementato nelle terre rosse locali).
Stasi scopre anche il deposito preistorico di Grotta Romanelli, in cui esegue dei saggi poi editi nel 1904 insieme con Ettore Regàlia del Gabinetto di Paleontologia di Firenze. La scoperta del primo sito del Paleolitico superiore in Italia viene però smentita nel 1905 dalla Scienza accademica rappresentata da Luigi Pigorini della Cattedra di Paletnologia di Roma. L. Pigorini per 40 anni ha affermato l’inesistenza del Paleolitico superiore in Italia solo per motivi ideologici. L’Italia sarebbe stata colonizzata da ondate etniche indoeuropee nell’età del Bronzo, che avrebbero dato origine alle genti italiche grazie alle quali sarebbe sorta la grandezza di Roma.
Ciò nonostante la scoperta di Stasi-Regàlia sarà riconosciuta da molti studiosi, in particolare a seguito degli scavi ripresi in Romanelli dal Barone Gian Alberto Blanc nel 1914 su incarico ministeriale. Questi riconosce la tesi di Stasi-Regàlia mettendo fine alla disputa tra la Cattedra di Paletnologia di Roma e quella di Antropologia di Firenze, cui afferivano P.E. Stasi ed E. Regàlia.
A causa di quella disputa scientifica P. E. Stasi, dal 1904 al 1914, attraversa un periodo di emarginazione grazie alla borghesia e agli esponenti della cultura di Terra d’Otranto. Determinata appare, nonostante le garbate lettere intercorse tra loro, la sottile chiusura di Cosimo De Giorgi, che continua a nutrire dubbi sull’operato scientifico di Stasi e ad intrattenere rapporti con Luigi Pigorini, che invita più volte in Terra D’Otranto al fine di valorizzare quelli che considerava i monumenti simbolo della preistoria locale (menhir, dolmen).
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