IL RACCONTO DI NATALE / ”Un invito speciale“
di Luigina Parisi ______
Tra i vicoli del centro storico pullulante di voci gaie, rotte da risate e frammiste al profumo di pittule e cannella, se ne andava intabarrata in un ampio cappotto nero con le mani sprofondate nelle tasche. Un cappello di feltro anch’esso nero calcato in testa le metteva in ombra buona parte del viso chino. Nessuno si curava di lei che con passo lento camminava per nulla contagiata dall’atmosfera di festa, tipica del periodo natalizio. Niente la faceva sentire più sola di quelle ore in cui tutti si riuniscono intorno a una tavola, illuminata da lucine intermittenti di vari colori e dai sorrisi di chi si appresta a scambiare doni.
Si lasciava inglobare ogni tanto da gruppi di passanti frettolosi che in bande numerose si muovevano tirandosi dietro figli recalcitranti, per avere l’illusione e di farne parte. Ascoltava i discorsi cercando di immaginare la loro vita, ben diversa dalla sua, per poi distaccarsene, quasi nauseata. Si infilò in una delle chiese generosamente affacciate nelle stradine scure, con le loro porte spalancate come un gentile richiamo al silenzio. Ci restò per poco, poiché nella quiete profumata di incenso sentiva forte il suo cuore palpitare, farsi dolente, sopraffatto da ondate di buio che ne acceleravano i battiti. Era paura o cosa? “Attacchi di panico” le aveva detto il medico, da cui si era recata per trovare una soluzione al malessere che le rendeva difficile vivere. Sarebbe tornata a casa, la paura di una crisi gliela stava provocando. Ecco, un bel respiro, un altro e poi… fuori dalla chiesa in fretta, bisognava tornare indietro, verso le proprie mura. Tra le sue cose infatti riusciva a riavere il respiro regolare, sebbene gravato da troppa malinconia. L’odore del mare le attraversò le narici dandole un lieve ristoro; quello la salvava sempre. Adorava vivere a Gallipoli, a due passi dai bastioni. In cinque minuti li avrebbe raggiunti e una volta lì il vento salso le avrebbe asciugato la paura. Si avviò accelerando il passo, cercando di tergere gli occhi dalla nebbia che sembrava li avesse invasi.
Poco più avanti notò una bambina minuscola, camminava spedita e sola.
“Che ci faceva una così piccola creatura per strada, a quell’ora tarda?”. Era vestita leggera: un abitino chiaro e dritto le arrivava ai polpacci magri e delle scarpette bianche producevano un rumore ticchettante sul basolato antico. Incedeva a zig zag quasi a scansare buche invisibili o per seguire un filo immaginario palese soltanto ai suoi occhi infantili. Giulia cercò di raggiungerla, ma per quanto aumentasse il ritmo, pur mantenendo la bimba un’andatura costante, le riusciva impossibile ridurre la distanza. “Che prodigio è questo?”, pensò. Allora affrettò ulteriormente il passo, invasa da una sensazione di calore che le si spandeva in tutto il corpo, fino a qualche attimo prima contratto per il freddo. Decise comunque di seguirla, attenta a non perderla di vista malgrado i vicoli affollati, zigzagando pure lei. Era davvero troppo piccola perché se ne andasse in giro di sera sprovvista di un cappottino; appena raggiunta l’avrebbe avvolta nel suo, era abbastanza ampio da scaldare entrambe. Gustava già, senza rendersene conto, il contatto tra il suo corpo e quello gelato della piccina, di certo tremava. Si era persa di sicuro, scappata alle mani di una madre che la stava cercando, chissà con quanta ansia nel cuore. Si ritrovò nei pressi di una cappella dove un nutrito gruppo di persone era fermo a chiacchierare con in mano piattini ricolmi di pittule e un bicchiere di vino rosso. Tre zampognari coi loro abiti tipici suonavano una nenia lamentosa e suggestiva. Vide la piccola fermarsi davanti a loro e con una manina sfiorare l’otre rigonfia da cui la splendida melodia le pareva venir fuori. Questo consentì alla donna di guadagnare terreno e di vedere da vicino il visino dolce, che non pareva per nulla spaventato né infreddolito. Nessuno faceva caso a uno scricciolo che vagabondava vestita leggera e tutta sola? Possibile? Osservò la bimba infilarsi in un capannello di gente sorridente e sparire alla sua vista. Oltrepassò l’assembramento, non vedendola si guardò dietro, pareva averla persa. Ritornata tra la gente cercò ancora, la sensazione che le albergava dentro assomigliava alla perdita. Una strana inquietudine si impadronì dei suoi pensieri e si ritrovò a correre in una ricerca disperata. Arrivò all’angolo della viuzza affacciata su uno slargo dove si apriva l’accesso a un locale tipico addobbato a festa. Forse era giunta lì, magari nel ristorante di famiglia. Varcò l’ingresso malgrado la timidezza che da sempre la caratterizzava e chiese al ragazzo dietro al bancone se fosse entrata una piccina. «No, nessuno», fu la pronta risposta. Uscì afflitta dal locale, con lo sguardo rivolto intorno, niente. Di fronte, a una decina di metri, si apriva una porticina di legno su un cortiletto illuminato da tantissime lucine; creavano un tunnel sotto cui passare. Cercando di sbirciare dentro le parve di vederla varcare la porta della casa o meglio vide un lembo di vestito sparire senza avere modo di notare altro. Subito dopo un uomo di una certa età si affaccio sull’uscio del cortile illuminato, con un sorriso aperto e cordiale.
«Prego, signora, può venire a vedere!», esordì l’uomo. Giulia si avvicinò cauta, stregata da una fascinazione che le rendeva morbidi e naturali i movimenti. Scavalcò il gradino ammirando le decorazioni con cui il cortile stretto e lungo risultava addobbato. Un minuscolo presepe tempestato di lucciole impreziosiva un vano simile a uno stipo. Un Babbo Natale accoglieva all’ingresso, ma ciò che rendeva bello il posto era l’uomo gentile; illustrava il suo giardino quasi fosse un capolavoro. E lo era nella sua semplicità.
«Signora, se venite il ventitré a sera qui troverete una lunga tavolata, chiunque può fermarsi a mangiare. Sono certo l’apprezzerebbe».
«Ma…» fece Giulia sconcertata, «mi piacerebbe…» e poi s’affrettò a soggiungere «occorre portare qualcosa?».
«No, no, chiunque qui si può fermare per stare in compagnia, ci sarà da mangiare per tutti, roba semplice; può venire con qualcuno, coi suoi amici, l’aspetteremo!».
«Non so…» rispose confusa, «Io sono sola, però sarebbe bello, ma quello che mi preme è sapere se ha visto una bambina poco fa, di tre o quattro anni».
«Una bambina? No, io sono qui da questo pomeriggio a sistemare e non ho visto nessuna bambina, non da sola perlomeno.».
«Si sarà infilata in casa a sua insaputa, può dare un’occhiata?», chiese speranzosa.
«No, no, senza dubbio signora; ha perso sua figlia? Qui non è venuta!».
«No, non è mia figlia, può chiedere in casa, per cortesia? L’ho vista qui con i miei occhi!», insistette.
«C’è mia moglie che sta poco bene, e se le chiedo di una bambina… aspetta, chiedo, ma di sicuro nessuno è entrato, l’avrei vista».
Dopo aver dischiuso l’uscio di casa e sportosi con la testa, la moglie doveva essere seduta lì accanto, tornò verso Giulia con le braccia larghe.
«Come le ho detto, nessuno è entrato in casa. Allora verrà il ventitré?».
Nel frattempo la donna dietro la porta si affacciò a guardare la sconosciuta e con voce roca chiese: «Che andate cercando?».
«Una bambina, alta così, ha un vestito beige, leggero… scarpe bianche, l’ho seguita perché penso si sia smarrita».
«Vieni, signora, vieni in casa», ribatté la donna staccandosi dalla porta per fare spazio alla sconosciuta. Indicata un’antica foto appesa nel corridoio arrischiò con una certa agitazione: «Era questa?».
Nell’enorme ritratto due bambini, probabilmente gemelli, posavano in atteggiamento ammiccante, con gli sguardi incrociati, un maschietto e una femminuccia. Giulia restò stupita dell’abbigliamento della ragazzina, identico a quello appena descritto.
«Sì, è proprio lei! Abita qui?».
«È mia figlia» disse l’anziana, «È morta trenta anni fa, come oggi» e lo fece senza stupirsi che un altro essere umano avesse potuto vederla. «Anche io la vedo di tanto in tanto e nessuno mi crede. Sono felice che in particolare oggi sia apparsa a qualcun altro».
L’uomo taceva, sopraffatto da un’emozione difficile da controllare, poi si avvicinò e abbracciò la giovane, avvolgendola del profumo delicato proprio della sua pelle. «Ti aspettiamo il ventitré e ogni giorno che vorrai venire a trovarci, sarà un piacere per noi farti entrare nella nostra famiglia. Clara ti ha condotto qui».
Giulia rimase senza parole nell’abbraccio inaspettato sotto gli occhi molli della donna che guardava muta, mentre un sorriso sereno le abbelliva il volto candido.
«Buonasera, gente!» esordì un bell’uomo appena varcata la soglia del cortile. Aveva tra le braccia una grande stella di Natale che posò subito per dirigersi verso i due coniugi, ancora commossi.
Uno dei due esclamò: «Riccardo, figlio mio, ti presento… come ti chiami?», domandò rivolto alla visitatrice.
Giulia sussurrò timidamente il proprio nome, stendendo la mano verso lo sconosciuto. Questi, interessato, gliela strinse con lo sguardo interrogativo rivolto verso i suoi.
Non sapeva cosa pensare di quegli eventi, avevano preso una strana piega, quanto mai inaspettata, però una sorprendente percezione le inondò il petto con un piacere non provato da tempo. Quel Natale sarebbe stato diverso, ne era certa. Si congedò con il sorriso più sincero in grado di fare e con la promessa che sarebbe ripassata volentieri il ventitré. ______
Luigina Parisi laureata in Scienze Biologiche vive a Racale. Dal 2018 ad oggi partecipa a diversi concorsi di poesia e di narrativa, classificandosi sempre in ottime posizioni e vincendone alcuni.
Nel 2019 pubblica per VJ Edizioni la sua prima raccolta di racconti dal titolo “Malurmia”, nello stesso anno pubblica per Musicaos Editore il suo primo romanzo “Un abbraccio sospeso”. Nel 2021 pubblica una raccolta di poesie dal titolo “Fiori di canto”, nel 2022 in collaborazione con altri tre autori pubblica una raccolta di racconti dal titolo “Risveglio” e nel 2022 esce una nuova edizione rivista di “Malurmia”, lavori questi ultimi curati da Storie di libri.
La ringraziamo per aver accettato l’invito di leccecronaca.it a regalare ai nostri amici e lettori un suo racconto inedito.
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Category: Costume e società, Cultura
Oggi, finalmente , mi sono regalata 3 minuti e l’ho letto!
Bello e leggero come una favola di Natale. Sono rimasta inebriata da tanta dolcezza e delicatezza . Grazie Luigina!
Grazie, Amelia!