NUOVE TARIFFE SOCIO SANITARIE, E’ POLEMICA
(Rdl) ______ “Non corrispondono al vero le dichiarazioni di alcuni rappresentanti di associazioni del settore secondo cui le nuove tariffe adottate dalla Giunta regionale siano a carico delle famiglie. Sono stati aumentati ben 36 profili di prestazioni socio-sanitarie senza ulteriori aggravi per le famiglie. Per ciò che attiene le tariffe per i disabili, che erano stabilite per il 50 per cento a carico dell’Asl e per il 50 per cento a carico delle famiglie, con le nuove tariffe il 70 per cento passa a carico dell’Asl e il restante 30 per cento alle famiglie”.
Così questa mattina l’assessore alla Sanità della Regione Puglia Rocco Palese, che ha poi aggiunto alla sua dichiarazione: ”in un unico caso che riguarda le RSA per anziani, siccome sono inserite nel decreto Lea, la Regione Puglia ha dovuto necessariamente adeguarsi a quanto stabilito dal decreto ministeriale, prevedendo il 50 per cento a carico delle Asl e il 50 per cento a carico delle famiglie. L’adeguamento odierno delle tariffe quindi non comporta maggiori spese per le famiglie ma solo un incremento da parte della Regione Puglia pari a 25 milioni e 300 mila euro”.
Di diverso avviso, la Cgil, che sempre in mattinata ha diffuso un articolato comunicato sgtampa, in cui denuncia gli aumenti, sostenendo che il costo della crisi venga scaricato interamente sulle spalle dei lavoratori, e che si tratti di di un favore alle imprese e di una punizione ai lavoratori penalizzati nei loro contratti collettivi. Qui di seguito – tabella comparativa sinottiche escluse – il testo completo della dichiarazione di Floriano Polimeno, segretario provinciale della Fp Cgil Lecce.______
“La proposta di delibera presentata dall’assessore regionale alla Salute, Rocco Palese, per aggiornare le tariffe per l’assistenza socio-sanitaria fa ricadere il costo della pandemia e della crisi energetica interamente sulle spalle dei lavoratori. Prende infatti in considerazione la media del costo del lavoro dei vari contratti nazionali applicati, anche di quelli che applicano accordi peggiorativi per i lavoratori, sia dal punto di vista normativo (meno ferie, meno permessi, nessun premio di produzione, quattordicesima che se è prevista è spalmata su 13 mensilità) e non sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative aderenti a Cgil, Cisl e Uil.
Siamo fortemente preoccupati. Quanto proposto dall’assessorato alla Salute è inappropriato dal punto di vista economico e da quello dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
La Regione punta a depotenziare il contratto sottoscritto dalle sigle aderenti a Cgil, Cisl e Uil con l’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop, ndr), ossia l’unico accordo capace di garantire davvero il personale dal punto di vista salariale e normativo. È espressamente prevista l’abrogazione dell’obbligo di utilizzo delle tariffe previste dal contratto sanità privata per determinare le tariffe. Ciò taglia notevolmente sia l’aumento delle tariffe, sia il salario. Per le aziende la delibera si traduce in un doppio vantaggio: da una parte ottengono un sensibile aumento delle tariffe giornaliere e di fatto un via libera ad applicare il contratto peggiorativo per abbattere il costo del lavoro. Chi ci perde sono soltanto i lavoratori e i pazienti, che si ritroveranno di fronte operatori di certo meno motivati e gratificati.
L’aggiornamento delle tariffe regionali riguarda l’assistenza socio-sanitaria in favore di (tra parentesi l’aumento medio delle tariffe per ciascun settore): soggetti non autosufficienti (tra il 20 ed il 25%), disabili (tra il 15 ed il 20%), persone con disturbi mentali (tra il 10 e il 15%), persone affette da dipendenze patologiche (circa il 20%), persone con disturbi dello spettro autistico (circa il 30%).
Si tratta di aumenti risibili, scollegati dal reale costo del lavoro e insufficienti a fronteggiare la crisi. È del tutto infondato il presupposto filosofico alla base della proposta: ‘Aiutiamo le aziende, tagliando il costo del lavoro’. Tutto ciò scaturisce, oltre che dalla mancanza di una legge sulla rappresentanza che da anni chiediamo al Parlamento, anche dal mancato coinvolgimento nella fase di preparazione ed elaborazione della proposta delle organizzazioni datoriali e sindacali.
Una modalità che tradisce autoreferenzialità, laddove sarebbero occorsi confronto e percorsi condivisi. Per alcuni servizi, come quelli erogati a soggetti affetti da disturbi psichiatrici, si introduce addirittura la compartecipazione della retta: per noi è un vero e proprio obbrobrio giuridico e scientifico, perché rischia di creare discriminazioni tra pazienti”.