“Le carceri italiane sono diventate invivibili”
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il Comune di Lecce ci manda il seguente comunicato. Nella foto, Borgo San Nicola ______
Comunicato stampa della Garante dei diritti delle persone private della libertà personaledella Città di LecceAppello al mondo della politica perché si occupi del carcere,grande assente da questa campagna elettorale
La Garante, preso atto dell’andamento della campagna elettorale 2022, nella quale il carcere con le sue tante difficoltà è il grande assente, fa suo l’invito che il Garante nazionale Mauro Palma rivolge a tutti i partiti per un deciso cambio di rotta, che porti all’inserimento del tema carcere nel contesto più ampio delle risposte da dare alle difficoltà del nostro ambito sociale e alle lacerazioni che in esso si sviluppano.
La lunga lista di suicidi in carcere, 59 dall’inizio dell’anno, mai così tanti, racchiude storie di solitudine, di disagio psichico, di povertà, esclusione sociale e dipendenze; su queste storie, su queste vite tragicamente interrotte il silenzio della politica è pressoché assoluto.
Le carceri italiane sono diventate invivibili: nelle carceri italiane, anche a Lecce, non c’è solo il sovraffollamento, che ha raggiunto negli ultimi mesi livelli intollerabili, vi è carenza di personale, soprattutto sanitario che si trasforma in carenza di cura nei confronti dei più fragili. Gli operatori dell’area psicopedagogica sono pochi e non riescono a far fronte alle tante richieste e ai complessi bisogni dei/lle detenuti/e; i medici e gli psichiatri sono pochi, i bandi spesso vanno deserti; l’estate poi rende più difficile tutto, anche il normale approvvigionamento di medicinali.
Mentre molte situazioni peggiorano, in alcune sezione le detenute non usufruiscono della sorveglianza dinamica e trascorrono la maggior parte del loro tempo chiuse nelle celle, mentre i lavori di ristrutturazione di alcune aree vanno a rilento e costringono i detenuti a vivere in tre in una cella, mentre il disagio psichico aumenta pericolosamente, il carcere di Lecce “torna alla normalità pre-pandemica” diminuendo, per i detenuti e le detenute di alta sicurezza, il numero e la durata delle telefonate e delle video chiamate, unico grande risultato positivo ottenuto per effetto dell’emergenza Covid.
Nel frattempo nessuno dei candidati e delle candidate locali alle elezioni sembra volersi occupare di tanta sofferenza.
Per questo la Garante di Lecce fa suo l’appello del Garante Nazionale e invita le forze politiche e i/le candidati/e a mettere al centro dei loro programmi il tema dell’esecuzione penale, non per proporre facili e talvolta vuoti slogan di bandiera ma per affrontare concretamente i problemi.
Alcune criticità del sistema possono, infatti, trovare risposte efficaci se si guarda il problema al di là delle diversità ideologiche. Risposte e proposte che possono e devono trovare spazio nel dibattito preelettorale, nei programmi e nelle proposte e negli impegni dei partiti e delle coalizioni.
A tal fine ribadisce i punti essenziali che caratterizzano l’Appello.
1) Più strutture e interventi capaci di intercettare contraddizioni e difficoltà, la cui soluzione viene affidata all’ambito penale.
Quasi un terzo della popolazione carcerarie, a Lecce come in Italia, ha una condanna compresa tra uno e due anni: sono persone per le quali il carcere non può far poco o nulla; “è troppo poco tempo per poter costruire un reale percorso di conoscenza e di riabilitazione, ma è abbastanza per cucire addosso alla persona detenuto uno stigma che ne pregiudica spesso un effettivo reinserimento sociale. Istituire delle strutture di controllo e di accoglienza rivolte ai detenuti con pene brevi e scarsissime risorse e che, per il tipo di reati lievi commessi, non rappresentano certo un elemento di pericolosità è un modo per ridurre i pesanti livelli dell’attuale sovraffollamento e contenere una presenza che parla di povertà e di carenza sul territorio di strutture e interventi a sostegno delle persone più fragili.
2) Rafforzare gli investimenti sull’istruzione e la formazione all’interno degli istituti carcerari significa rispondere al bisogno espresso da molti detenuti di uscire dal carcere almeno con uno strumento più efficace e certificato che li aiuti a migliorare la vita durante la detenzione, a comprendere il presente e a riprendere in mano responsabilmente la propria vita.
Lecce è da circa due anni sede di un Polo Universitario, la cui istituzione abbiamo tutti salutato con gioia e speranza ma che ancora stenta a decollare, nonostante il grande impegno profuso da tutti gli operatori coinvolti. “La cultura e la formazione – scrive il Garante nazionale – svolgono all’interno delle carceri un ruolo centrale nel favorire il percorso di responsabilizzazione e reinserimento delle persone detenute. Sono lo strumento potente di promozione della persona, un veicolo per un ritorno positivo alla collettività, una premessa per un possibile inserimento lavorativo successivo al periodo di forzata distanza dal contesto sociale”.
Investire in cultura e formazione migliora la vita delle persone detenute e di tutta la società.
3) Una maggiore presenza in carcere di operatori sociali, un più efficace adeguamento dei loro profili professionale alle esigenze della vita carceraria e alle sue connotazioni attuali rappresentano un modo per rendere i percorsi di riconnessione con la vita esterna più efficaci e utili.
Più professionisti dell’area educativa, più psicologi, più mediatori culturali significa dotare il carcere di personale competente, chiamato una serie di compiti essenziali di sostegno, contenimento e rielaborazione delle difficoltà che adesso vengono a volte lasciati alla buona volontà e disponibilità della Polizia penitenziaria che, oltre al ruolo di sorveglianza, finisce per farsi carico di altri tipi di problemi per i quali non può essere preparata e su cui ricade una incongrua responsabilità.
È un investimento necessario, uno strumento efficace per consentire un ritorno alla realtà sociale diverso da quello che si è lasciato entrando.
Implementare le piante organica, spesso numericamente obsolete, rappresenta la condicio sine qua non per rendere operative le proposte presenti nella circolare, firmata dal capo Dap Carlo Renoldi, con l’obiettivo di rinnovare, con il coinvolgimento delle Autorità sanitarie locali, gli strumenti di intervento e le modalità per prevenire il drammatico fenomeno dei suicidi.
La circolare fa giustamente riferimento al lavoro degli staff multidisciplinari, composti da direttore, comandante, educatore, medico e psicologo, chiamati ad analizzare in forma congiunta le situazioni a rischio, che – si legge nella circolare – “possono essere intercettate dai componenti dell’Ufficio matricola, dai funzionari giuridico-pedagogici, dal personale di Polizia penitenziaria (al quale, tante volte, si devono i meritori interventi che riescono a salvare la vita di coloro che si erano determinati al gesto estremo), dagli assistenti volontari, dagli insegnanti e, più in generale, da chiunque operi a diretto contatto con la popolazione detenuta, ivi compresi i Garanti, comunque denominati.
Con gli organici attualmente presenti tutto questo è realmente molto difficile da realizzare.
4) Una maggiore attenzione, una assunzione di responsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale per i problemi dei detenuti, maggiori investimenti in strumentazioni e personale per migliorare la capacità di presa in carico delle persone detenute dal punto di vista socio-sanitario non è più un obiettivo rinviabile.
Le difficoltà che la vita reclusa porta con sé, il disagio psichico soggettivo che spesso queste difficoltà generano non possono essere più trascurate o sanzionate come comportamenti inadeguati e pericolosi ma vanno prese in carico con conseguenza di una scarsa qualità della vita, di un malessere esistenziale che la situazione degradata in cui versano molti istituti carcere finisce per acuire gravemente.
È compito dello Stato rimuovere tutte queste carenze anche al fine di migliorare le condizioni di chi nella quotidianità del carcere vive e lavora.
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