“Un evento epocale che segnò tutta quanta la mia generazione. Oggi musicalmente c’è il nulla cosmico”. A leccecronaca.it TITO SCHIPA JUNIOR RACCONTA GLI ANNI DEL PIPER. NON PER IL PASSATO, MA PER IL FUTURO

| 14 Luglio 2022 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo ______ 

Sono coincidenze significative – afferma al telefono, da Roma dove l’ho cercato e trovato ieri sera, spinto da un impulso irresistibile, dall’altra sera, da quando, per puro caso, tu chiamale se vuoi coincidenze significative, avevo visto dall’inizio in tv su Rai 5 il documentario inedito di  Corrado Rizza Piper Generation – Beat, Shake & Pop Art neglia anni Sessanta”, bellissimo, e ho così scoperto che di quell’esperienza storica ed anzi leggendaria egli fu protagonista diretto.
Tito Schipa Junior, 76 anni, cantautore, compositore, regista, attore e produttore, figlio del celebre tenore leccese Tito Schipa,  il primo autore di un’opera rock in Italia, ed uno dei primi al mondo, mi chiede il motivo del mio interesse per il Piper.
Gli rispondo dicendo che sono mesi che, per mie esigenze di scrittura, culturali in senso lato, mi ci sono appassionato, e sto ruminando, rimuginando che dir si voglia, da questa notte in maniera irresistibile.
Ma io l’ho raccontato nel documentario, ho scritto anche un libro…
Lo so, il documentario l’ho visto, il libro – Then an alley, Orfeo 9. Storia di due spettacoli, Edizioni Argo – lo leggerò, ma adesso sento il bisogno di approfondire con te, ho qualche domanda da farti… Cominciamo dalle coincidenze significative?

Già, l’inizio della mia carriera…

Quanti anni avevi?
20. Anno di grazia 1966. Eravamo un bel gruppo, Claudio Sabelli Fioretti, Gianni Farneti, e altri che sarebbero poi diventati, giornalisti, scrittori, artisti. Ci eravamo inventati una specie di caccia al tesoro che in breve diventò partecipata in tutta quanta Roma…C’erano gli indiani, vestiti da indiani del Far West appunto, che dovevano trovare e catturare banditi e disertori, sulla base di indicazioni che venivano fornite tramite telefonate che i concorrenti facevano dalle cabine con i gettoni, puoi immaginarti…
Il Piper aveva aperto da poco. Chiedemmo di poter fare la cerimonia della premiazione là e con nostra grande sorpresa ci dissero di sì.
Fu così che ci entrai per la prima volta. Quella sera accadde che il presentatore, quello che avrebbe dovuto presentare la serata, stette male, e così mi ritrovai io sul palco a sostituirlo.
La mia conduzione piacque al direttore artistico  Fabrizio Bogianchino, che mi propose di continuare con regolarità, insomma iniziai così…



Un osservatorio privilegiato…
I Pooh, l’Equipe 84, i Rockers…

E  poi Patty Pravo, e Caterina Caselli, e scusate se è poco. Nemmeno lontanamente immaginabile, ai giorni nostri…
Oggi musicalmente non succede più niente. Solo molto rumore per nulla. Il pubblico segue questa tendenza musicale indistinta, francamente insopportabile. Oggi la musica non esprime più niente, perché non ha più valor l’espressività, e pure i testi non significano più niente.

A me i giovani di oggi, parlo dei ragazzi, dei giovanissimi, nelle loro scelte musicali  sfuggono completamente. Tu che idea ti sei fatto?
Di questo nulla cosmico? Ho cercato di capire, di chiedere, di interrogare, di indagare. Sono arrivato alla conclusione che le loro scelte musicali di oggi siano espressione della loro rabbia, uno sfogo alla loro rabbia, e basta.

All’epoca non era così…
C’era la cultura, c’era la poesia, dietro la musica…

Al Piper c’era pure l’arte…
Già, ce ne rendiamo conto solo adesso, che li sappiamo diventati famosi nel corso degli ultimi decenni, al Piper c’erano esposizioni permanenti o stanziali di opere d’arte, tra cui due dipinti di Andy Warhol, alcuni di Schifano e altre di Piero Manzoni e di Mario Cintoli.

Per non dire dell’architettura originaria…
Un ambiente spettacolare, suggestivo, grandioso, che però pure faceva sentire a proprio agio, per l’allestimento scenico, come a casa, i frequentatori…

Quanti erano mediamente?
Sempre alcune centinaia, spesso da cinquecento fino a mille…


Quindi anche economicamente l’operazione stava bene in piedi e camminava con le proprie gambe…
Al Piper venivano tutti, non solo i ragazzini, per i quali erano previsti due o tre volte a settimana aperture pomeridiane…

Fammi un nome…
Giorgio Albertazzi…Luchino Visconti…

E’ un modello replicabile, ovviamente mutatis mutandis?
No, il Piper non è replicabile. Fu un modello storico. Era moda, cultura, partecipazione propositiva. Un evento epocale.

Si facevano serate culturali? Intendo in senso propriamente culturale?
No. Ma a margine a Roma c’erano i poeti della beat generation..E dietro tutta la musica della beat generation c’era Bob Dylan…

E hai detto tutto. Grazie, Ora ho molto altro da ruminare e da rimuginare.

Category: Cultura

About the Author ()

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Connect with Facebook

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.