INCENDI, UN INFERNO QUOTIDIANO
MA LA TRISTEZZA PIU’ GRANDE E’ CHE NON FACCIANO NEPPURE PIU’ NOTIZIA
di Maria Antonietta Vacca ______
Impegni di lavoro mi portano in giro per il Salento per un’intera mattinata. L’aria è rovente, si prevede un fine settimana con temperature record. Ma per quello c’è il mare e i lidi sono già colmi: quasi tutti indigeni, i turisti, quelli in massive quantità, devono ancora arrivare.
L’entroterra però non gode di refrigerio marittimo, anzi, l’aria è non solo rovente, ma anche intossicata da un ormai sconsiderato numero di incendi, fuochi o fuocherelli disseminati nelle campagne salentine.
Sono in auto da appena mezz’ora ed è il terzo che incontro; e questo è particolarmente importante.
Ma nessuno sembra preoccuparsene, tutti ci passano attraverso come fosse foschia, alla quale ci si abitua e con la quale si convive. Guardo gli automobilisti che neppure per errore si voltano per capire. Nulla: come se nulla stesse bruciando.
Eppure questo è il triste epilogo di una storia annunciata e poi trascurata.
È l’ultimo capitolo della saga degli ulivi abbandonati: la cremazione.
E sono le ultime devastazioni operate in altri contesti di macchia mediterranea, in zone di alto pregio naturalistico, da piromani criminali senza scrupoli.
Ora legittimamente sarebbe opportuno chiederci cosa verrà dopo gli ulivi, perché è impensabile destinare inesorabilmente il territorio alla desertificazione.
Mentre in altre parti del mondo si studiano alternative valide a ridurre anche di solo mezzo grado le temperature con conseguenti risparmi in termini di energia, noi dovremmo prendere consapevolezza che ri-piantare alberi sia la nostra unica speranza di salvezza.
Questa mattina ci ho provato a contare le colonne di fumo ma alla fine ho perso il conto.
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LA RICERCA nei nostri articoli del 3 e del 2 giugno scorsi
Category: Costume e società, Cronaca