NIENTE PAURA, IL TEATRO CURA, GUARISCE E SALVA
di Giuseppe Puppo _____
“Gli anni passano? Allora io chiederò un passaggio!”.
E’ la battuta più fulminante, ed è pure quella che conclude lo spettacolo “Paura” andato in scena ieri sera, domenica 29 maggio, nella sala della scuola di teatro e di arti varie di Ivan Raganato a Copertino.
La dice Ilaria Nestola al termine del suo monologo, tutto quanto giocato sul filo di profondo rosso della sensibilità femminile alle prese con le trasformazioni fisiche portate dal tempo.
Gongola Ivan Raganato, che dopo la passerella finale di personaggi e interpreti, ai quali un pubblico partecipe, numeroso e qualificato tributa meritatissime manifestazioni di gradimento, chiama anche i suoi prestigiosi ospiti che hanno contribuito a vario titolo alla realizzazione di questo meritorio progetto.
Ecco allora arrivato da Milano l’attore Luca Toracca, il più anziano fra o presenti, anagraficamente, in realtà con il suo entusiasmo e la sua freschezza il più giovane di tutti. Ecco arrivata da Roma, paziente e laboriosa, la scrittrice Carla Vistarini. Ed ecco a chiudere il viaggio in Italia di affettuosa e attenta compartecipazione nella Bellzezza, l’editore leccese Stefano Donno.
Il tempo di ammirare, esposte in una apposita galleria, che da sole valgono il prezzo del biglietto, le foto di scena realizzate con ispirata maestria, durante le prove delle scorse settimane, da Massimo Cordella, e si può andare fuori, ognuno per sé a cercare di mettere in ordine un guazzabuglio pressoché inestricabile di pensieri e parole suscitate dalla rappresentazione, in un tripudio di emozioni.
Volendo, con l’aiuto di conoscenza e di riflessione – verba volant, scripta manent – dell’omonimo libro, edito da i Quaderni del Bardo, che raccoglie e tramanda tutta quanta l’esperienza
Nel buio della sala, rimane solo il dottore.
Un po’ medico di medicina generale, un po’ ortopedico, un po’ psichiatra. Povero, gli hanno fatto una testa così, i personaggi e interpreti, succedutisi al suo cospetto, nello studio in scena, che lui se l’è staccata, la testa. Ora, composto nella sua logica metafisica da fare invidia a un redivivo Giorgio De Chirico, lo hanno lasciato là da solo, la prima notte di quiete, dopo tante settimane di prove, dopo la prima.
Gliene hanno dette di tutti i colori, hanno pure cercato di blandirlo, di coccolarlo, ma pure di accoltellarlo, gli attori, che qui erano anche singolarmente gli autori dei propri testi in cui hanno raccontato le proprie paure con scrittura creativa.
Povero dottore metafisico, l’hanno massacrato, con le loro paure.
Una storia vera e propria, con una sua logica e la sua compiuta analisi, di un amore malato, malato in quanto vilipeso e tradito, resa con superba interpretazione da Cristina Prenner.
L’atto di accusa contro un sistema che fa di tutto per generare ansia e depressione di Donna Luisella, alias Patrizia Guido.
Le inquietudini giovanilistiche di Agnese, alias Agnese Macchia, personaggio in cerca d’autore.
La pura di volare, in aereo, è poi poca cosa rispetto alla paura di prendere il pullman, come è costretto invece a fare quotidianamente Lorenzo Prete, intimorito alla fermata del bus degli studenti.
La paura per l’esito di un esame medico diagnostico, che potrebbe essere una condanna, rivissuta da Clara Camisa.
La paura di non riuscire ad uscire dalla dipendenza della droga, con ciò continuando a dare delusioni ai propri genitori, esposta da Riccardo Greco.
Particolare nell’ articolazione, resa con straordinaria espressività, la paura di Marzia Giagnorio (nella foto di Massimo Cordella) quando capisce che la ragazza, estranea e pure però famigliare, che vede riflessa tutti i giorni nello specchio non è un’aliena, ma l’altra parte di sé, che abita sul lato nascosto della Luna.
Dalila Grandioso ha raccontato la paura di fronte un cambiamento radicale di identità di genere.
Andrea D’Aprile, i timori di non essere all’altezza richieste dalle situazioni della vita che sopraggiungono nel buio prima di addormentarsi.
Maria Antonietta Vacca, la consapevolezza di chi ha attraversato la paura che fa male, un male fisica, ma che poi permette di rinascere.
Di genere horror la paura – di emozionarsi – di Alessandro Bardoscia, che lo porta ad un gesto estremo.
Del futuro, in un mondo che non ci vuole più, e giustamente, dal momento che continuiamo ad avvelenarlo inquinandolo di giorno in giorno sempre di più, quella di Luca Trevisi.
Esuberante la performance di Pierluigi Quarta, che dà corposa dimensione scenica ad un esile pretesto narrativo, di uno che, per paura di essere in ritardo, arriva sempre in anticipo e per questo è costretto ogni volta ad aspettare Godot.
Un incubo vero e proprio, quello di Mauro Martina, di fronte al bombardamento mediatico quotidiano.
And last but not least – come dicono quelli che parlano bene l’italiano – Alisia Mariano, che, analizzando delicatamente, quanto spietatamente, un’esperienza sessuale infelice, al dottore non chiede una cura, la dà lei stessa.
E qual è questa cura miracolosa per il male di vivere che prima o poi capita a tutti di incontrare?
“Il Teatro è stata la mia salvezza, perché ha compreso la mia paura senza che io dicessi nulla. Non solo l’ha compresa, ma forse l’ha anche amata e mi ha insegnato ad amare la vita e a volermi bene”.
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