UN ANNO SENZA FRANCO BATTIATO
di Flora Fina ______
” Vorrei tornare indietro nella mia casa d’origine,
dove vivevo prima di arrivare qui sulla Terra.
Entrai per caso nella mia esistenza
di antiche forme di insegnamenti e trasformazioni dell’io ” (Passacaglia – Apriti Sesamo)
Esattamente trecentosessantacinque giorni fa Franco Battiato ci ha lasciati, ed è tuttora inutile spiegare in poche parole cosa “il Maestro” – titolo che lui stesso non voleva mai e poi mai gli fosse attribuito – abbia lasciato in eredità al panorama musicale, evoluto in vera e propria letteratura e filosofia sonora – di cui lui stesso è stato antesignano e fondatore – a noi tutti, più giovani e meno giovani, che siamo e sempre saremo instancabili ascoltatori e sognatori di mondi lontanissimi.
Era il 18 maggio 2021 e lui già non c’era più: andava via in punta di piedi, moriva nella sua casa in Sicilia, alle pendici dell’Etna, ma la sua eterna fiamma ardente si spegneva solo in questo mondo fisico.
Un anno di assenza, che, forse, è pesato un po’ meno su di noi perché Battiato ha continuato a essere presente nel dibattito musicale – e intellettuale- della nostra società: sempre difficile distinguere in lui l’uomo e l’artista, perché metafisicamente aderenti, come due pelli e due anime, l’una da musicista, l’altra da vero asceta contemporaneo dei giorni nostri: una musica così spirituale da sconfiggere finanche la morte, perché la vita, si sa, è avanzare ogni giorno verso di essa.
E lui lo sapeva bene, quando, rivolgendosi all’ascoltatore esattamente 50 anni fa chiedeva: “Ti sei mai chiesto quale funzione hai? ” in Pollution, pochi mesi dopo aver esordito interrogandosi, ancora prima in Fetus, sul fenomeno del concepimento e della venuta al mondo, e sul processo di una cellula che diventa persona “ mi trascinavo adagio dentro il corpo umano/giù per le vene/verso il mio destino ”.
Un destino musicalmente e umanamente magnifico, di sperimentalismo, sinonimo del cammino di un vero e proprio alchimista dell’anima, precursore dell’autentica musica elettronica – fatta di contaminazioni, campionature, alterazioni del suono – e del rock progressivo qui in Italia: una sintomatica altalena di emozioni per l’ascoltatore, bonariamente bombardato dalle sue avanguardie colte, indescrivibili, impalpabili se non soltanto con le orecchie e le profondità dello spirito di chi, accostandosi anche per la prima volta, poteva ascoltare uno dei suoi capolavori.
Dissacrante talvolta, ma lampante nelle sue intuizioni e nei temi, profetici, assurdi ma attualissimi, quando già nell’ormai lontano 1998 nell’album Gommalacca cantava pieno di risentimento “Stiamo diventando come degli insetti, simili agli insetti ” parole che battevano con forza sull’intima cassa di risonanza dell’ascoltatore, che nota dopo nota, indagava ai confini dell’umanità.
I languidi, ridondanti e tintinnanti suoni di Voglio Vederti Danzare – brano tratto dall’album L’arca di Noè – hanno lasciato poi un’impronta indelebile nei mitici anni Ottanta tutti italiani, , ed è così che Battiato si consacra al successo, diviene quasi immortale, quando, nel 1985, con No time No space attraversa gli eoni del tempo e dello spazio, diviene ufficialmente metafisico:
“Parlami dell’esistenza di mondi lontanissimi
Di civiltà sepolte, di continenti alla deriva
Parlami dell’amore che si fa in mezzo agli uomini
Di viaggiatori anomali in territori mistici, di più
Seguimmo per istinto le scie delle Comete
Come avanguardie di un altro sistema solare”
Lui, fautore della sua coscienza dell’assoluto dopo l’impermanenza: dobbiamo partire da una canzone del 1993 “Lode all’Inviolato”, perché qui, come in “E ti vengo a cercare”, “L’oceano di silenzio” e anche la giustamente venerata “La cura” sta il nucleo di una concezione della musica come aiuto alla comprensione e al Passaggio. In questo Passaggio confluivano per lui le tracce del sufismo e della danza circolare dei Dervisci, ma anche una spiritualità che prendeva molto più di quanto si potesse pensare, perché buddismo e cristianesimo delle origini – anche se interpretati in modo che chiameremmo con una inevitabile approssimazione sincretistici – sono sempre stati il perno ed il fulcro della sua ricerca.
E riaffiorano prepotentemente nelle sue canzoni i temi dell’aldilà – se fisici, metafisici, o semplicemente spirituali non ci è dato saperlo – ed è perciò giusto ricordarlo con le parole di un’altra canzone, “L’ombra della luce” non frequentata dai più, ma che esprime tutta la sua fede in ciò che non tramonta nell’occidente del dopo:
Riportami nelle zone più alte
In uno dei tuoi regni di quiete
E’ tempo di lasciare questo ciclo di vite
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai.
Un Battiato mistico, che cercava di capire sé e allo stesso tempo Dio, un viaggiatore del tempo tra le galassie, in altre lontanissime dimensioni, che in una strofa di Passacaglia – tratta dall’album Apriti Sesamo, uno degli ultimi per intenderci – non esitava spesso ad affermare “ Ah! Come ti inganni, se pensi che gli anni, non han da finire… è breve il gioire ”: Franco era un artista in ricerca e in dialogo con l’Assoluto, un musicista poliedrico di straordinaria versatilità, che si cimentava in una sorprendente varietà di generi, dal pop alla musica sperimentale elettronica, dal rock sino al classico, lirico e sacro, e in ciascuno di questi con personalità e originalità tali da restituirne di volta in volta un’espressione particolarissima, al punto che si percepiva e percepisce anche adesso un potente flusso artistico creativo che li rende tutti intercomunicanti, ed è forse riconducibile a quella dimensione di religiosità tensionale aperta, “sperimentale” anch’essa, di cui pressoché tutta la sua produzione risulta pervasa.
Di Battiato ci ha colpito la raffinata preparazione tecnico-compositiva, che sovente si esprimeva in fini tessiture di innegabile sapienza contrappuntistica, con un’ampia documentazione pazientemente condotta in anni di letture e viaggi, con la sua capacità di attenersi a un registro di razionalità nella valutazione delle culture e tradizioni spirituali incontrate e conosciute, dove se accanto a moltissime felici intuizioni si incontravano posizioni e dichiarazioni non sempre condivisibili, l’atteggiamento di fondo poteva comunque apparire animato dalla sua apprezzabilissima e profonda onestà intellettuale.
Qui sulla terra, sul pianeta terra, nella nostra dimensione fisica per intenderci, Franco Battiato ha lasciato dopo un anno un vuoto enorme, una voragine musicale ed artistica difficilmente colmabile sotto tutti i punti di vista. Non ci resta che pensare che, ovunque egli sia, il viaggio in altri mondi di “controllori di volo/pronti per il decollo/telescopi giganti per seguire le stelle” possa essersi compiuto, e chissà, forse alla ricerca di un dio ritrovato.
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