IL GIALLO INFINITO DI SIMONETTA CESARONI: A DISTANZA DI TRENTADUE ANNI ADESSO PIU’ VICINI ALLA VERITA’
di Flora Fina ______
Emergono nuovi importantissimi dettagli riguardo la svolta avvenuta pochi giorni fa nel caso di Simonetta Cesaroni, passato alla storia come uno dei misteri più intricati ed irrisolti nel panorama italiano.
Dopo difatti l’improvvisa riapertura delle indagini a distanza di un trentennio – con l’avvio di un’ inchiesta parlamentare da parte di alcuni deputati del partito democratico prima, e dalla Procura di Roma poi, coordinata dalla pm Ilaria Calò – i particolari che prendono velocemente piede nell’inchiesta hanno dell’incredibile, e con molta probabilità, potrebbero finalmente portare ad una sperata conclusione di questo lungo, lunghissimo percorso a cavallo tra suicidi sospetti, improbabili sistemi informatici utilizzati negli anni Novanta inerenti primi prototipi di chat, ma soprattutto, servizi segreti, banda della Magliana e Vaticano.
Come già anticipato infatti, nel nostro precedente articolo, per questo violento omicidio nel corso del trentennio passato furono ben quattro le persone accusate, scagionate ed infine assolte: tuttavia, le nebbie ancora da dipanare, e che hanno permesso l’immediata apertura dell’inchiesta, riguardano come già detto alcune testimonianze.
Si tratta in particolare di quelle di una donna – ritenuta dagli inquirenti affidabile – e che all’epoca lavorava per l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno. Proprio per quest’ultimo, ascoltato nel lontano 7 agosto del 1990, l’alibi comincerebbe ad oggi a vacillare, in seguito ad alcune constatazioni da parte degli investigatori, e che riguarderebbero reiterate molestie arrecate puntualmente a giovani ragazze che lavoravano nello stabile – secondo quanto riporta un verbale, del 1992, di un commissario di polizia, rivolto a un dirigente della Digos – ma anche un sospetto rientro a casa – da dichiarazioni di una portiera dello stabile dove viveva Francesco Caracciolo, distante una manciata di metri – in maniera affannata e con un pacco male avvolto tra le mani.
Erano i vestiti impregnati di sangue (e mai più ritrovati) della povera ragazza?
Simonetta Cesaroni, come si è potuto constatare in tutti in questi anni di ricerche di indizi e di prove, era solita lavorare per una società di commercialisti, ma due pomeriggi alla settimana andava negli uffici regionali degli Ostelli della gioventù, dove Caracciolo di Sarno viveva e lavorava: tuttavia, all’epoca, egli stesso negò di aver mai effettuato due telefonate che quel 7 di agosto partirono dagli uffici di via Poma verso la sua tenuta. Un dettaglio questo, che al momento delle indagini sfuggì agli inquirenti, concentrati in maniera alacre nell’individuazione dell’assassino tra i volti di Pietrino Vanacore prima, e Raniero Brusco poi.
Caracciolo dunque, alla luce delle nuove testimonianze, fornì agli investigatori una ricostruzione dei suoi spostamenti completamente inesatta: è chiaro quanto mai evidente che il suo alibi viene così oggi totalmente demolito, e si ha la palese impressione che già nelle prime fasi dell’indagine qualche allarme sarebbe immediatamente dovuto scattare.
Tuttavia, alla luce di queste nuove, recentissime rivelazioni, ancora una volta non si potrebbe trovare una soluzione definitiva per questo mistero, poiché, a complicare l’avanzamento delle indagini ci sarebbe la questione inerente la morte dell’avvocato Caracciolo, avvenuta ben sei anni fa e dunque, se davvero fosse provata la sua colpevolezza, il processo non potrebbe essere più celebrato.
L’articolo 150 del codice penale infatti recita chiaro: “La morte del reo, avvenuta prima della condanna, estingue il reato” e ci si ritroverebbe dunque in una situazione di stallo, per l’ennesima volta ai nastri di partenza: se i sospetti nei confronti dell’indagato dovessero trovare conferme, lui non dovrà più temere la giustizia degli uomini, questo è chiaro, ma qualcun altro sì.
Le motivazioni però, di un gesto così violento ed efferato, non si celerebbero solo e soltanto in alcune molestie da parte di Caracciolo, e che per il momento restano solo un ‘ipotesi : emergono altri importanti scenari a riguardo, poiché l’ avvocato – nonché come già detto presidente della società che gestiva gli ostelli turistici per la quale lavorava la Cesaroni – sarebbe stato casualmente anche al centro di un’altra vicenda, quella del furto delle cassette di sicurezza della banca di Roma dentro alla città giudiziaria, datata 16 luglio 1999, su commissione di Carminati, ex estremista di destra, poi vicino alla così detta Banda della Magliana, infine recentemente condannato nell’ambito del processo “Mondo di mezzo”.
La pista che emerge in questo caso è ovviamente relativa al fatto che il principale indiziato dei giorni nostri, fosse tra le vittime di questo furto, un furto probabilmente mirato, dato che solo 147 cassette su centinaia furono forzate, indiscrezioni queste, che oltre ad aver già messo in crisi il debole alibi dell’avvocato, giustificherebbero in qualche maniera la stranezza di alcuni suoi comportamenti dopo il delitto.
Non solo: a complicare la posizione giudiziaria dell’ormai defunto indagato, ci sarebbe una piccola agenda telefonica di Simonetta contenente ben due numeri riconducibili proprio a lui, lui che ha sempre negato perfino di averla conosciuta: “Mai vista, mai sentita, non sapevo il nome e non sapevo niente”, aveva ribattuto Caracciolo, una dichiarazione incredibile, impossibile, poco plausibile si potrebbe a questo punto dire.
Nella prima deposizione del 1990 disse di essersi allontanato da casa per accompagnare in auto all’aeroporto la figlia e le amiche, e sempre il 21 agosto Caracciolo confermò di aver aspettato la figlia davanti al suo garage tra via Poma e via Baimonti.
Ma la testimonianza chiave della portiera dello stabile dove l’avvocato viveva, a pochi metri da via Poma, rivela che in realtà Caracciolo era tornato nel palazzo “in compagnia di un altro uomo”.
Da non tralasciare assolutamente sono poi le due telefonate partite da via Poma tra le 23,00 e le 23,30, ricevute dai factotum delle campagne di Caracciolo: marito e moglie giurarono infatti che qualcuno avesse chiamato cercando l’avvocato con urgenza.
“Sì” afferma il fattore quando i magistrati gli chiesero se il mattino seguente Caracciolo sarebbe stato informato su quelle chiamate. “Lo escludo”, rispose intransigente l’avvocato.
Ad oggi, i legali della famiglia Cesaroni per il momento non commentano il nuovo sviluppo giudiziario, mentre dal canto suo l’avvocato Paolo Loria, difensore di Raniero Busco, ex fidanzato di Simonetta Cesaroni e assolto in via definitiva dall’accusa di omicidio, non nasconde la sua “soddisfazione”.
Detto ciò, dai rilievi effettuati anni or sono e da alcune perizie da parte del professore Carmelo Lavorino – già consulente della difesa di Federico Valle, nonché di quella di Raniero Busco – il profilo dell’assassino di Simonetta Cesaroni era sicuramente ascrivibile ad un soggetto di circa quarant’anni, mancino, dal gruppo sanguigno A dqalfa4/4, sposato con figli, o con una compagna fissa: dettagli questi, che ben potrebbero coincidere con l’identità dell’avvocato Caracciolo di Sarno.
Ma non solo: il profilo psicologico delineato è quello di una persona con forti tendenze narcisistiche, che non ammette fallimenti nella propria vita, e di persone che all’epoca gravitavano attorno all’ufficio dell’AIAG – associazione italiana alberghi per la gioventù – già sentite in merito all’omicidio, ce ne sarebbero state una o due. Proprio tra queste, un uomo violento, narcisista, aggressivo, che non permette assolutamente a nessuno di ostacolarlo, e che ha agito e ha perso il controllo in seguito ad un rifiuto e rabbia esplosiv,a potrebbe essere proprio l’indiziato numero uno di oggi.
Restano quindi ancora tanti nodi da sciogliere: in primis perché l’avvocato Caracciolo non c’è più da sei anni, ed in secondo luogo perché tanti, anzi tantissimi sono gli aspetti che rimangono sospesi in un limbo di incertezze e misteri.
Ci si chiede se eventi sospetti, come il suicidio di Pietrino Vanacore, possano collidere con la scoperta dell’indagato del nostro tempo presente, unitamente anche alle prospettive che riguarderebbero il coinvolgimento dei servizi segreti e della Banda della Magliana: tuttavia non ci è dato saperlo, almeno non nell’immediato, ma si spera, con affanno e determinazione, che il mistero del delitto di via Poma decada e non possa essere più annoverato come “ uno dei più grandi misteri della cronaca nera italiana ” lasciando finalmente al posto di questa “ etichetta ” un pozzo di certezze e sicurezze concrete sulla vera identità dell’assassino. ______
LA RICERCA nel nostro articolo del 23 marzo scorso
Category: Cronaca
La foto con il sangue per terra non è di via Poma
La fotografia non riguarda via Poma. Gli indizi su Caracciolo sono rimasti labili, ce ne sarebbero forse più su altri di cui si parla meno. Vi invito a leggere il mio libro “C’era una volta via Poma”