NOVITA’ EDITORIALI / “Tariq l’obbrobrio” DI KALOWSKI
di Raffaele Polo ______
Marcello Kalowski (nella foto), nato a Roma nel 1954, ha lavorato a lungo per la Hebrew Immigration Aid Service, organizzazione ebraico-americana che fornisce assistenza ai profughi ebrei.
Ha esordito in narrativa nel 2015 con il romanzo Il silenzio di Abram. Mio padre dopo Auschwitz, edito da Laterza. Adesso, pubblica con Besa questo “Tariq l’obbrobrio” nella collana Nadir (pag. 224 euro 16) dove il protagonista Tariq è un giovane inconsapevole omosessuale, che vive libero dai condizionamenti in una terra arida e straziata dal dolore da cui sarà costretto a fuggire.
Per salvarsi dal terribile destino che gli è stato riservato, Tariq cercherà rifugio nel nostro mondo: presto scoprirà, però, che quell’universo rigoglioso, felice e “pieno di colori” che era sicuro di trovare sa essere non meno arido e grigio di quello che è stato costretto a lasciare.
Una vicenda drammatica, ricca di introspezione, che la prosa dello scrittore rende molto efficacemente come si evince da questo breve estratto:
Per giorni ho ascoltato la radio, guardato la televisione, letto i giornali, alla ricerca di un piccolo spiraglio che insinuasse in me il dubbio, che potesse farmi sperare che mi sbagliavo, che non si trattava di lui. Conoscevo Tariq così bene che mi sarebbe bastato un particolare qualsiasi, anche il più insignificante, il più trascurabile, per capire; ho setacciato, sezionato, analizzato ogni notizia alla ricerca di qualcosa che incrinasse quella terribile certezza che mi divorava le viscere come una larva famelica; ma non ho trovato nulla. […] ho trascorso giorni e giorni annebbiata da una sensazione di colpa, e di perdita, da cui mi sentivo soffocare. […] Non ero sorpresa, sapevo che non ci sarebbe voluto molto perché arrivassero a me, credo di essere l’unica persona che lo frequentasse, in amicizia intendo dire, senza altri scopi. Più volte avevo pensato che forse sarei dovuta andare io alla polizia per spiegare che non ci può essere altro esito quando si continua a travasare infelicità in un recipiente stracolmo, che non ne può contenere oltre. Ma non avrebbero capito.