IL SAGGIO DI DARIO CASALINI ESORTA A VESTIRE BUONO, PULITO E GIUSTO PER TORNARE AD UNA MODA SOSTENIBILE
di Francesco Rodolfo Russo______
La prefazione di Carlo Petrini, fondatore dell’associazione Slow Food, indirizza subito il lettore: il concetto di buono, pulito e giusto richiama titolo e struttura del libro da lui pubblicato 2005.
I tre aggettivi, cui si aggiungeranno nel corso della trattazione anche sano e durevole, sono utilizzati in questo saggio “Vestire buono, pulito e giusto – Per tornare a una moda sostenibile”
(Slow Food Editore, 2021, pagg. 240 , 16,50 euro) che si occupa del settore tessile e della moda.
Ne è autore Dario Casalini (nella foto), già docente universitario di Diritto Pubblico e oggi a capo dell’azienda di famiglia «Oscalito».
I trascorsi universitari di Casalini emergono immediatamente.
Il libro è diviso in paragrafi e sotto paragrafi e l’esposizione dei fatti è documentata e quindi oggettiva.
Già dalle prime pagine scopriamo “che le correnti oceaniche hanno formato sei isole di spazzatura galleggiante”, che hanno un nome e che la più piccola è vasta quanto la penisola iberica.
Procedendo tra un assaggio di Aristotele, Cartesio e Locke veniamo a conoscenza che l’industria tessile è responsabile di 1,2 miliardi di co2, “quantità che supera tutti i trasporti aerei e marittimi messi insieme”.
A questo punto la storia si fa cronaca: resoconto rapido del tragitto dal “negozio alla pattumiera [che] dev’essere il più breve possibile”, perché la società dei consumi pretende di proporre nuove offerte, denigrando le vecchie.
A questo pensano influencer e blogger in grado di sollecitare il bisogno dell’apparire dell’essere e del conoscere e far entrare rapidamente in circolo le novità, prodotte sempre più spesso in siti delocalizzati dove, non di rado, il minor costo coincide con le ridotte tutele lavorative e addirittura con lo sfruttamento dei minori. “In Uzbekistan si stima che 2milioni di bambini di età compresa tra gli 11 e i 17 anni raccolgano cotone in condizioni di lavoro forzato, spesso remunerati solo con il cibo”.
I prodotti, quindi, durano meno perché la durata non fa più parte della programmazione dei beni di consumo, ma è stata sostituita dall’obsolescenza pianificata.
Che dire del Made in?
La dicitura non garantisce che tutte le lavorazioni siano state svolte nel Paese indicato e le informazioni presenti sull’etichetta dicono poco sulla reale filiera produttiva, mentre dell’abito dovremmo conoscere la provenienza perché la salute della nostra pelle è importante; soltanto la metà delle aziende è in grado di tracciare la propria filiera.
Andando avanti nella lettura, veniamo a sapere che nelle tremila “fabbriche della città di Xintang [Cina] si producono 300milioni di jeans all’anno (800.000) al giorno”.
Casalini analizza il sistema Italia e fa notare che il nostro Paese sta diventando “un luogo di produzione a basso costo di manufatti tessili di alta qualità” con il rischio di scivolare nell’illegalità di sopravvivenza “che significa ingiustizia nei rapporti di lavoro e violazione dei doveri costituzionali di solidarietà”. In conclusione la qualità è sacrificata sull’altare della quantità.
Nel saggio c’è anche altro. Soprattutto ci sono le soluzioni.
Come dice l’autore “il bello è legato al sano, al pulito, al giusto, al durevole”.
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La recensione di Francesco Rodolfo Russo al libro “Vestire buono, pulito e gius to – per tornare ad una moda sostenibile” è chiara, sottolinea l’essenziale e rammenta i mali che una produzione tutta legata “al bisogno dell’apparire” reca non solo al mondo con l’inquinamento del cielo e delle acque, ma anche all’uomo, intaccando pesantemente la vita di milioni di bambini e di tanti cervelli legati “all’uomo appariscente e non all’uomo in quanto tale”. Ci rammenta pure che il cancro della moda che si mangia il tempo e i costi, non si ferma alla delocalizzazione imposta dai prezzi, ma sta ritornando nei paesi d’origine come pure l’Italia, venendo sempre più a mancare la qualità a favore della quantità. Il libro di Dario Casalini dà le soluzione ai problemi che però Russo rimanda alla lettura dello stesso per chi volesse approfondire.