NOVITA’ EDITORIALI / ESCE “La vita meraviglioso mistero” DI PIERO MARRA. PRESENTAZIONE A MELENDUGNO LUNEDI’ 2
di Raffaele Polo______
Lunedì 2 agosto, alle 21, a Melendugno, in piazza Monsignor Durante, ci sarà la presentazione del libro di Piero Marra (nella foto) “La vita meraviglioso mistero”, edito da M.A.G.I.C. (120 pagine, 15 euro).
Ecco qui di seguito la prefazione che ho scritto io.______
Quando mio cognato Piero Marra (lui ha sposato Maria Grazia, io ho sposato Albarosa: Maria Grazia e Albarosa sono sorelle) mi ha chiesto consiglio perché voleva pubblicare qualcosa che riguardasse la sua storia, il suo combattimento contro il subdolo male che lo portava avanti e indietro per varie sale chirurgiche, la mia prima reazione è stata spontanea: «Lascia stare, per carità!», non ho potuto fare a meno di esclamare. Perché, occupandomi di scritti di ogni genere da almeno mezzo secolo, so per esperienza che ciò che riguarda le personali storie di sofferenze, malattie, operazioni, lunghe battaglie contro mali fisici e psichici, non è particolarmente bene accolto dalla platea dei lettori.
Solo chi ha avuto problemi simili a quelli dell’improvvisato narratore, può accostarsi con una certa curiosità allo scritto.
Per il resto, anche di fronte ad una corretta e piacevole prosa, c’è una sorta di diniego che, del resto, la letteratura consente. Si può scegliere, infatti: e, tra un romanzo ricco di suspense e una raccolta di poesie d’amore, tra la descrizione di luoghi immaginari e sconosciuti o l’intreccio di un complicato caso di cronaca nera, passando per la fantascienza e per i saggi politici, ce n’è per tutti. Con le malattie no, il panorama è sempre lo stesso: dolore, attesa, primari col camice bianco in studi moderni tutti metalli e pareti bianche, corsie di ospedale e volti rigati dalle lacrime…
Poi, però
«Va bene», ho detto. E ho cominciato subito a discutere con il novello autore su quale fosse la migliore forma per attirare l’attenzione, farsi leggere senza fatica e soprattutto riuscire a dare un senso a tutta l’operazione. Quando si ‘scrive un libro’, infatti, bisogna sempre chiedersi, con grande onestà, perché si sta affrontando quella che è, in realtà, un’operazione difficile e irta di punti interrogativi. Quasi tutti risolvono il problema affermando che ‘scrivono per sé’ e la cosa finisce per essere esaustiva di tutto l’argomento. Ma non poteva bastare, almeno in quella occasione.
«Piero, perché vuoi scrivere un libro?» gli ho chiesto, guardandolo negli occhi.
Mi aspettavo una risposta evasiva, magari un lungo silenzio. E invece Piero, mio cognato, mi ha sorpreso. Mi ha detto, con tono sicuro, che vuole partecipare la sua storia ai familiari, agli amici, anche a chi non lo conosce, perché si sappia che bisogna lottare, che non ci si può abbattere e che la malattia non è altro che una prova da superare, indipendentemente dal suo esito finale. Come in tutte le tenzoni, bisogna fare di tutto per vincere, perché è questo che deve fare l’Uomo. Ha detto proprio così, Uomo con la U maiuscola, stavamo parlando ma io l’ho vista chiaramente quella maiuscola. L’ho vista e l’ho sentita nel suo fermo tono di voce.
Ed è stato questo che mi ha spinto a partecipare alla stesura di quello che avete tra le mani, una sorta di ‘reportage’ che sembra più il diario semplice e ingenuo di uno studente liceale, innamorato della vita e della sua realtà, dei genitori, della famiglia, della squadra di calcio e sempre pronto a mettersi in discussione, con ferma volontà e intento vittorioso, contando sulle proprie forze e sulla illuminata correttezza e onestà che non teme nulla, non teme neppure il Fato, proprio come quegli Uomini che, nel remoto buio del tempo, sopravvivevano a mille battaglie, pronti a sempre nuove imprese…
E così è nato questo scritto, nel quale mi premeva soprattutto conservare intatta la figura, il sentimento, l’animo di mio cognato Piero. Poche, pochissime modifiche, a volte per rendere più scorrevole il discorso e spesso per togliere ripetizioni che vanno benissimo nel racconto orale ma che la formula scritta cerca sempre di evitare.
E, andando avanti nella narrazione, sapete cosa è successo? Che mi sono accorto di come fosse necessario, in realtà, scrivere e diffondere questo testo. E di come fosse importante leggerlo e condividerlo, come si può fare per un bel racconto o un romanzo popolare.
Piero, insomma, è riuscito là dove molti ‘scrittori’ falliscono: ovvero, riuscire ad avvincere il lettore, comunicandogli, nel frattempo, delle Verità importanti e che erano rimaste nascoste fino a quel momento.
E mi sembra che quella forma di colloquialità, semplice ma diretta, adottata da Piero nel suo procedere narrativo, sia la migliore forma per far capire tutto quello che c’è nel profondo dell’anima, senza perdersi in esagerate drammaturgie o ipocrite rimesse al volere del ‘Fato’.
Per ultimo, proprio quando la sorpresa per la decisione di lasciar fuori dalla dolorosa vicenda la Provvidenza e l’intervento divino, pareva fosse proprio una scelta di intima decisione, ecco che vediamo Piero commuoversi e pregare davanti alla Madonna di Loreto.
Commuoversi, sì; pregare,certo.
Ma sempre con quella fierezza, con quel pudore mai confessato che lo presenta così, da Uomo dolorante ma tenace, anche davanti all’Ente Supremo.