ARTISTI SALENTINI / EDOARDO DE CANDIA
di Raffaele Polo______
Ci è venuto da pensare, qualche volta, a come si formano certe idee, certi giudizi. Negli anni Settanta e nei successivi, noi incontravamo praticamente ogni giorno il bravo Edoardo De Candia, riconoscevamo da lontano la sua andatura dinoccolata, i suoi capelli lunghi, non nascondevamo un certo fastidio per l’eventuale incontro che si sarebbe, di certo, concluso con l’offerta di un rotolo ancora fresco di colore che aveva, immancabilmente, sotto il braccio o, nella migliore delle ipotesi, con la sosta in un bar, dove lui avrebbe preso almeno un cognac, incurante della stagione e dell’orario, poi se ne sarebbe andato, attirato da nuovi, possibili soggetti cui benevolmente scroccare qualcosa.
Con le donne, poi, Edoardo era un vero gentiluomo: non mancava di recapitare garbatissimi complimenti, attentissimo però a non suscitare attriti con l’eventuale accompagnatore e stemperando qualsiasi contrasto con un largo sorriso.
De Candia (1933 – 1992), insomma, era un simpatico barbone, un hippy senza grandi pretese, anche i suoi disegni, di una semplicità incredibile, venivano da lui stigmatizzati con un sorriso ironico, te li offriva a prezzi variabili, a secondo se gli andavi a genio oppure no, con diecimila lire ricordo che acquistai una marina formata da due strisce orizzontali di colore marrone e azzurro, separate da uno spazio bianco….
Ora, ci sorprendevamo a pensare: se Edoardo fosse vestito con giacca e cravatta e avesse i capelli tagliati corti, e non si soffermasse ad ogni bar, con la mescita degli alcoolici preferiti, potremmo prenderlo per un pittore geniale, interprete del particolare momento storico esistenziale che si stava svolgendo sotto i nostri occhi? Macché, le sue ingenue composizioni non le avremmo neppure prese in considerazione, piuttosto gli avremmo chiesto consiglio su qualche futile interrogativo, aspettandoci una risposta insulsa ma coerente e non il categorico ‘L’amore ti fotte’ che pareva essere il Vangelo sintetizzato dal De Candia reduce da una vita avventurosissima, dove aveva sempre pagato in prima persona…
Poi…
Poi abbiamo appreso e scoperto che quei dipinti, quelle strisce di colore e soprattutto le immagini erotiche stilizzate vicinissime ai graffiti metropolitani, sono l’espressione unica e tangibile di un vero naif, meritevole di passare a quella storia che è una microstoria, ovvero nel Pantheon degli artisti leccesi.
Ecco, allora, il bravo Edoardo ancora in sospetta valutazione della critica ufficiale, che lo annovera tra i ‘pittori’ leccesi più qualificati ma è come noi, quando lo incontravamo nel Corso Vittorio Emanuele: facciamo finta di non vederlo, con un pizzico di disagio, caso mai ci chiedesse di acquistare un foglio colorato da poco. E adesso, pensiamo, a quanto arriverà il ‘costo’ dell’opera fresca di Edoardo?
Fateci caso: in realtà, un mercato delle opere di De Candia ancora non esiste.
Forse, non esisterà mai.
Come, del resto, sarebbe piaciuto a lui.
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