SERIE TV E POLEMICHE CONTINUE SULL’USO DELLE DROGHE DA PARTE DEI GIOVANI
LA CURA MIGLIORE? LA PREVENZIONE. A leccecronaca.it LA PSICOLOGA MARIA GRAZIA MARTIN SPIEGA “la peer education” E “il metodo autobiografico”. PER PREVENIRE “bisogna stimolare nei ragazzi l’acquolina in bocca, un desiderio di costruzione”
di Chiara Evangelista______
Sulla scia delle polemiche che di recente ha suscitato la docuserie Netflix “SanPa” che ricostruisce le vicende della famosa comunità di San Patrignano, leccecronaca.it ha voluto affrontare il tema della prevenzione alla tossicodipendenza, piuttosto che della riabilitazione.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Maria Grazia Martin (nella foto), psicologa che ha rivestito il ruolo di dirigente per quaranta anni nel Ser.T di Chivasso, e per alcuni anni ha pure coordinato a Torino i servizi dell’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte.
<<Tossicodipendenza? Non si può generalizzare… La tossicodipendenza ha un’identità volubile e plurale. E forse questo è uno dei motivi per cui ancora non si riesce ad attuare una prevenzione efficace>> racconta la dottoressa Martin, in riferimento alla possibilità di etichettare o inquadrare il fenomeno.
Che fare allora?
<< La Peer Education però potrebbe essere un metodo efficiente. Si tratta di un’educazione tra pari: i ragazzi spiegano ai ragazzi, attraverso un confronto aperto, cosa toglie l’utilizzo della droga. Ovviamente serve un personale specializzato e competente per far sì che il confronto non si appiattisca e confluisca in una mera predica. Nelle scuole la maggior parte delle volte chi fa prevenzione si limita a scoraggiare l’utilizzo delle sostanze senza però avere un confronto, uno scambio di esperienze con i ragazzi>>.
Per prevenire, cadute e ricadute, bisogna cominciare proprio dalla comprensione reale del fenomeno:
<< Le motivazioni per cui si provano le droghe sono le più disparate: l’esigenza di adrenalina, l’insoddisfazione e il senso di vuoto. Ma anche la noia: il cervello degli esseri umani non sopporta la noia. Perciò ci si riempie la vita con altro. Chi ha obiettivi, sogni e aspirazioni potrà anche provare sostanze stupefacenti, ma nella maggior parte dei casi l’uso non diventerà dipendenza>>.
Sul terreno della prevenzione, ma anche della riabilitazione, la dottoressa Martin è fautrice del “metodo autobiografico”, di cui Duccio Demetrio è il fondatore. << La scrittura può curare le ferite che poi diventano con il tempo cicatrici. Raccontarsi attraverso la scrittura permette di guardarsi dall’esterno per comprendere il mondo e capire se stessi nel mondo. Stiamo perdendo quello che Daniel Kahneman definì “il pensiero lento”, ovvero la capacità di riflettere in modo profondo. Siamo fagocitati dall’idea del “tutto e subito” e dalla necessità di un pensiero veloce, intuitivo, adatto ai tempi. Scrivere recupera la dimensione riflessiva…>>
Se scrivere è il tentativo di mettere ordine nel mondo che si sente come labirinto e manicomio, parafrasando Dürrenmatt, il valore della scrittura come terapia è stato già riconosciuto anche nel territorio leccese. Nel 2012 fu pubblicato “Storiarsi”, un libro che contiene le narrazioni dal Ser.T. di Lecce e che è la conclusione di un laboratorio di scrittura dal titolo “Raccontarsi”, condotto da Mauro Marino, Piero Rapanà e Santa Scioscio.
E, prima di concludere la nostra conversazione, la dottoressa Maria Grazia Martin aggiunge: << Dobbiamo recuperare l’idea di progettualità, di percorso, di gradualità. Bisogna stimolare nei ragazzi l’acquolina in bocca, un desiderio che implichi costruzione. Ma, proprio perché la natura umana è plurale, è difficile adottare un metodo preventivo universale che sia efficace per tutti…>>.
Difficile, ma non impossibile.