SABATO 31 A LECCE, DAVANTI IL TEATRO APOLLO, LA PROTESTA DEI LAVORATORI DELLO SPETTACOLO
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori dello spettacolo ci mandano il seguente comunicato congiunto______
Il mondo salentino dello spettacolo e della cultura, in ginocchio in seguito alle misure anti-Covid, si mobilita
Non siamo invisibili. Lavoro, Diritti, Dignita’
“Reddito di emergenza, contratto e tavoli di crisi”
Tutti i soggetti interessati coinvolti nella manifestazione di sabato
Manifestazione domani alle 18.00 davanti al Teatro Apollo
Lecce, 30 ottobre 2020 – Il mondo dello spettacolo e della cultura si mobilita. Parte dal Salento un movimento che tiene unite tutte le componenti di un settore che il Covid ha messo a dura prova: dagli artisti alle maestranze, dalle aziende ai sindacati, dai lavoratori autonomi alle associazioni di categoria. Tutti insieme – con il supporto di Slc Cgil Lecce, Fistel Cisl ecce, Uilcom Uil Lecce, Bauli in Piazza, Fedas Puglia, Autonomi dello Spettacolo, Chiamate di Produzione – per chiedere “Lavoro, Diritti, Dignità. Appuntamento a Lecce domani, sabato 31 ottobre, alle ore 18.00 davanti al Teatro Apollo (in via Trinchese).
Con la manifestazione, pacifica e che si svolgerà nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e anti-contagio, operatori ed operatrici del comparto intendono rivendicare attenzione, diritti e il giusto riconoscimento del proprio ruolo nella società, oltreché accendere un faro sulle condizioni di un settore in forte crisi a causa della pandemia. Il rischio concreto è perdere professionalità, artisti, luoghi di sperimentazione e aggregazione: un patrimonio di competenze, contenitori culturali e reti sociali che ha contribuito in modo decisivo alla crescita del Salento e della Puglia e che ha raggiunto la consapevolezza che nessuno si salva da solo.
Al centro della manifestazione ci sarà un baule serrato, a simboleggiare la chiusura di un mondo, quello dello spettacolo e della cultura, che pure aveva investito ingenti risorse per rispettare le norme anti-Covid.
Le rivendicazioni dei manifestanti sono chiare:
- garantire un reddito di emergenza stabile, e non una tantum, per tutti gli operatori dello spettacolo, proposta già al vaglio degli interlocutori istituzionali nazionali;
- regolamentare un mondo in cui regna la precarietà e in cui gli operatori si ritrovano “scoperti” di fronte a crisi strutturali. Lavorare per tali motivi in modo da ottenere un Contratto collettivo nazionale davvero inclusivo;
- attivare i tavoli anticrisi a livello locale, regionale e nazionale, coinvolgendo le parti sociali e datoriali per discutere non solo degli stanziamenti dello Stato e delle risorse derivanti dal Recovery Fund, ma anche dei provvedimenti regionali che tardano ad arrivare.
Il Covid-19 ha messo a nudo la fragilità del comparto. Soprattutto in Puglia, dove si sconta il ritardo sulla nuova legge regionale, la mancanza di un fondo di garanzia per le imprese, la mancata rivisitazione delle modalità sui bandi e infine l’assenza di un sostegno regionale al reddito ai singoli lavoratori.
I provvedimenti nazionali e regionali per contenere il rischio del contagio hanno travolto il settore. Migliaia di spettacoli ed eventi già programmati sono stati sospesi o annullati, produzioni teatrali e cinematografiche sono saltate, tutti i contenitori culturali hanno dovuto chiudere. La falsa ripartenza di giugno non si è mai tradotta concretamente in un rilancio reale, anzi: le aziende che hanno investito in sicurezza, sanificazione, percorsi dedicati hanno visto vanificati tutti i loro sforzi per poter andare avanti. È ormai indifferibile trovare forme di sostegno certe e strutturate a favore dei lavoratori dello spettacolo sino a tutto il 2021; organizzare e agevolare forme di ripartenza in sicurezza, vigilare sul rispetto dei contratti nazionali; individuare, per tutta la fase dell’emergenza criteri di assegnazione del Fus (Fondo unico per lo spettacolo) che leghino l’erogazione alla tenuta occupazionale.
Il ritorno alla normalità è al momento una chimera, ma nel frattempo centinaia di lavoratrici e lavoratori si ritrovano di nuovo senza retribuzione, senza un sussidio, senza alcuna prospettiva. La necessaria convivenza con il virus pone la questione della sopravvivenza di un settore che in Italia vale il 17 per cento del Pil e che dà lavoro complessivamente a oltre 1,5 milioni di persone. Un settore che non ne può più di essere considerato un orpello, tantomeno di essere bollato come superfluo.