LECCE, LA CITTA’ DELLA SOLITUDINE / IN MEMORIA
(g.p.)______Si chiamava Nirvair Singh. Discendete di stirpi di nomadi Sikh, lasciatosi morire perché non aveva più Patria.
La sua, il Punjab, a lungo, per secoli, sfruttata dai dominatori inglesi, poi abbandonata alle lotte feroci fra India e Pakistan, uscite scombinate dal lungo tunnel del colonialismo, fino a diventare marginale, derelitta e povera, ma sempre con fierezza.
Amò l’Italia, a tal punto da volerci venire a vivere, discepolo della lingua indoeuropea, che originò il greco, da cui derivò il latino, da cui viene la nostra.
Ma non era Italiano, e però pure non sapeva più vivere nemmeno a Lecce, dove era approdato, chissà come, una dozzina di anni fa, quando ne aveva venti e aveva in corpo forza e coraggio, schiacciati in seguito ben presto da delusioni, amarezze e da una tristezza senza rimedio.
Non sapeva più sciogliere il canto dell’abbandono.
Lo hanno trovato cadavere questa mattina avvolto nel sacco a pelo dove aveva trascorso la notte sotto i portici di una stabile in centro, su viale Otranto, della Lecce bene, delle case da trecento metri quadri e con i balconi che sembrano piste da atletica.
Un vuoto a perdere che nemmeno la Monteco toglie dall’indifferenziata.
Nel suo cuore era già inverno, in questa città dove comunque ‘face friddu’, checché se ne pensi, appena passa l’afa dell’estate, prima l’afa, subito dopo freddo e umidità, a far star ancora più male, chi vive con l’angoscia dentro di sè, e un’amarezza congenita, che corrode giorno dopo giorno come un cancro nell’anima.
E’ solo l’ultimo episodio di una lunga serie di squallore di una città che ti consuma senza scampo, e in cui la solitudine ti uccide, nella sua periferia e nel suo centro di una metropoli globalizzata, problematica, anonima, ipocrita, indifferente, ed emarginata, sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera.
Una città che se ne lava le mani: ci sono i dormitori, alla Caritas danno da mangiare, è una “scelta” loro, dice.
E non capisce che con questi alibi alla propria indifferenza finisce con l’aggravare la condizione degli ultimi, degli emarginati, dei disperati, dei poveri che diventano sempre più poveri e sempre più numerosi, perché non sa più avvolgerli in una Comunità, di cui ha smarrito l’appartenza, e il senso stesso, attenta solamente alle logiche egoistiche, consumistiche ed affaristiche.
Così, a Lecce, mentre tanto i Leccesi tutti stanno scomparendo, questa notte, nella solitudine più disperata e disperante, se n’è andato un Leccese per caso.
E forse io solo saprò ancora che visse.
Category: Cronaca
Quando l’ideologia dell’accoglienza, trasforma gli esseri umani in numeri da trasformare in business, e quindi l’accoglienza degli ultimi diviene appannaggio di organizzazioni che su questi lucrano, i cittadini non riescono più a comprendere coem si devono comportare, non sono più in grado di occuparsi del vicino di casa che ha bisogno di aiuto, o di colui che dorme su un cartone a pochi metri dalla nostra casa. Questa società che dice di voler essere solidale e multiculturale è solamente e colpevolmente ipocrita.
“Oggi un giovane in grave stato di bisogno è morta per cause naturali, come accertato dai medici intervenuti, sotto i portici di un condominio di Viale Otranto dove aveva trovato riparo nella notte. Singh, Sony per i suoi amici, era conosciuto dai membri della comunità indiana, presso la quale ha in passato trovato sostegno e possibilità di impiego e l’offerta di un aiuto economico per tornare nel suo paese d’origine, che, a quanto riferitomi, ha declinato.
Non era sconosciuto al Comune e alla rete delle associazioni caritatevoli della città, ma non fruiva abitualmente dei servizi di ricovero presso Masseria Ghermi o delle mense che sono presenti in città. Servizi dei quali puntualmente le persone senza fissa dimora vengono informate dal settore Welfare, anche con l’ausilio di Polizia Locale e Protezione Civile. E per fruire dei quali è necessaria la volontà dell’utente, oltre alla disponibilità degli Enti.
Sono profondamente dispiaciuta per l’epilogo di una vita che sono certa tutti potevamo fare di più per riportare su un percorso diverso, e mi unisco al dolore della comunità Sikh e di quanti lo conoscevano.
Mi dispiace che nei dibattiti sui social si affrontino con leggerezza drammi che nella quotidianità, in tanti casi, si preferisce ignorare passando avanti. La realtà, che oggi si rivela in maniera così cruda, è che anche nella nostra città, come altrove, esistono persone che non riescono, per forti dipendenze da alcool o droghe, disabilità, psicosi ad immaginare un’alternativa, a scorgere una via d’uscita da un cammino che può condurre anche alla morte.
Oggi siamo costernati, domani dovremo impegnarci tutti maggiormente per fare in modo che non accada più”.
Sarà, purtroppo, il destino delle migliaia di immigrati, sfruttati sino a quando possono competere nel mondo del lavoro nero, e poi invisibili