SUGGESTIVO RICORDO DELLO STORICO SALENTINO SULLA BASE DI DUE INCONTRI PERSONALI / IN MEMORIAM DI ANTONIO FERRARO, CHE CERCAVA UN APPRODO
di Roberto Molle______
Di norma da queste colonne mi occupo di musica, eccezionalmente qualche volto sconfino per trattare di altri argomenti, e questa, è una di quelle occasioni. Lo faccio per ricordare, a quattordici anni dalla scomparsa, la figura di Antonio Michele Ferraro (nella foto), uno degli intellettuali salentini meno allineati a qualunque cosa possa definirsi “sistema”.
Antonio è stato un brillante storico e ricercatore, preparato, ma schivo e spigoloso. Nato a Castrignano del Capo nel 1952, è morto annegato in circostanze misteriose il 12 agosto del 2006 nel tratto di mare dove l’acqua s’invasa nelle bocche delle “tre porte”, le suggestive grotte in località Marchiello a Santa Maria di Leuca.
Negli ultimi anni aveva pubblicato tre volumi dedicati a Castrignano del Capo, Salignano e Giuliano di Lecce. Un lavoro certosino di ricerca bibliografia, ricostruzione storica, collegamenti genealogici e, dove possibile, smentite e aggiornamenti su dati divulgati da precedenti ricercatori di storia locale.
Ho incontrato Antonio Ferraro in pochissime occasioni, ma sono bastate a farmelo conoscere al punto da poter sentirlo quasi un amico. In particolare due episodi sono ancora vivi nella mia memoria a distanza di quattordici anni, ne traccio qui un breve resoconto.
Il primo incontro fu in occasione di un viaggio. Un itinerario breve, che però toccava alcuni luoghi speciali del Salento. Partendo da Ugento insieme al cantastorie Antonio Cerfeda arrivammo a Leuca, dove ad attenderci c’era Antonio che, dopo una notte insonne per lavoro, era comunque pronto a farci da guida attraverso quei luoghi che lui conosceva bene anche sotto l’aspetto storico per averne scandagliato nel tempo: territorio, caratteristiche e umanità.
Iniziò col raccontarci della “Torre dell’uomo morto”, costruita a difesa contro i saraceni che tra il nono e il decimo secolo infestarono più volte la Puglia e, in particolare, il Salento. Poi, da lì, via in macchina per il tortuoso sentiero che costeggia il Salento orientale.
Imbastimmo una conversazione che durò l’intera giornata, stemperata solo dalle soste che avevamo programmato; così si cominciò a discutere di poesia, di donne, di arte, politica, storia e, inevitabilmente, di quello che era la sua passione principale: la ricostruzione storica di luoghi e percorsi umani attraverso lo studio e la decodifica di importanti documenti rinvenuti un po’ in tutti gli archivi religiosi e biblioteche nazionali.
Ricordo che rimasi molto colpito dal racconto che Antonio fece di uno dei suoi recenti studi effettuati nell’arco di una decina di giorni tra un archivio della chiesa a Napoli e due biblioteche nazionali tra Roma e Milano, dove le uniche pause erano costituite da veloci pasti frugali; poi ancora ore e ore di immersione totale in quel mondo da decifrare di cui lui possedeva i codici.
Tra le parole, i pensieri e le idee, s’inframmezzarono lo splendore di Punta Palascìa, la maestosità di Torre Sant’Emiliano, la purezza delle acque di Porto Badisco, il profumo di cultura secolare emanato dalle macerie dell’abbazia di Casole e, infine, Otranto, raggiunta nel pomeriggio.
Antonio ci stupì ancora facendoci notare tra le tante, una piccola scritta in latino sul portale laterale della cattedrale che citava un vescovo di Ugento di qualche secolo fa; poi in spiaggia, dopo aver fatto il bagno, cominciò a snocciolare con meticolosa precisione vari episodi sportivi del passato che riguardavano anche piccole realtà locali. Stupefacente la sua capacità mnemonica rispetto a date, protagonisti e dettagli riguardo specifiche gare calcistiche anche relativamente poco conosciute.
Alla fine della giornata e quindi del viaggio ci salutammo. Motivi di lavoro lo richiamavano a Milano.
La seconda occasione in cui ho incontrato Antonio Ferraro fu alla presentazione del suo libro su Castrignano del Capo, in qualche modo assimilabile a un nuovo viaggio che ha contribuito a farmi conoscere meglio la persona borderline e senza orpelli quali era.
Insieme ad amici comuni lo trovammo in una piazzetta determinato a non presenziare alla presentazione del suo libro. Intanto nell’aula consiliare tutto era pronto: pubblico, autorità, i componenti dell’associazione che gli aveva commissionato il lavoro. Lui continuava a essere in dubbio sul fatto se fosse il caso di andarci o meno; pressato dagli amici, alla fine desistette e si presentò dove tutti, imbarazzati ormai avevano perso le speranze.
Quella sera assistetti a una delle presentazioni più interessanti e originali a cui abbia mai partecipato.
Lui che sicuramente rifuggiva ogni tipo di ostentazione accademica, quando cominciò a parlare, con gli occhi un po’ bassi per la timidezza, lo fece con un linguaggio affatto artificioso e abbastanza comprensibile che permise ai presenti di capire il travaglio che lo aveva portato a realizzare quel complesso e ben documentato lavoro storico-bibliografico sulla città. Grazie a lui, per la prima volta la comunità di Castrignano del Capo, oggi ha più chiare le sue origini e le diramazioni genealogiche nel corso dei secoli.
Dopo, in trattoria, un’altra piacevole serata di conversazione e poi un giro per le stradine di Salignano a raggiungere e ammirare la bellissima torre che, a quell’ora di notte, grazie ai racconti di Antonio sulle sue origini e alla bellissima luna evocava antiche suggestioni.
Sono queste le memorie che mi restano di Antonio Ferraro. Varie circostanze hanno impedito di rivederci nuovamente, contrattempi, lavoro, impegni vari. Di quei brevi spazi passati insieme custodisco sempre bei ricordi e comunque avevo sempre sue notizie, e in qualche modo lui le aveva di me. Ci saremmo rincontrati prima o poi… per qualche libro o per qualche altro viaggio tra i profumi delle torri disseminate nel Salento, o chissà.
Sono ormai passati tanti anni dalla sua scomparsa e ogni tanto un magone ritorna; ci pensavo l’altro giorno guardando una foto scattata a Palascìa durante quel viaggio: Antonio che guarda il mare oltre il faro, con quella sua aria da marinaio un po’ tormentato, alla ricerca di un porto sicuro che, mi piace immaginare, abbia poi trovato.
Category: Cultura
Bellissimo e struggente questo ritratto umano, e questa storia salentina dai mille risvolti.
Antonio, un grande, incompreso e mai aiutato dalle istituzioni, a lui sarebbe bastato poco per arricchire tutto il territorio, ma gli è stato negato anche quello. Lui ,mi raccontava, viveva con due panini al giorno, non era molto , ma se li faceva bastare. In occasione delle feste di settembre di qualche anno fa fui invitato dal sindaco Annamaria Rosafio, ad una conferenza in piazza, come amico di Antonio, per parlare di lui. Nella discussione, dopo una vita dimenticato da quasi tutti, si voleva intitolargli una strada o una piazza, io consigliai di intitolargli la biblioteca comunale, l’idea fu accettata e presa in considerazione dal sindaco, ma non ha mai avuto la sua realizzazione. Antonio, oggi rimane nelle memorie di un libricino che ha raccolto i contributi di suoi amici, che lo portano nel cuore. Io conservo un grande ricordo di lui che mi ha permesso, grazie al suo lavoro certosino di poter avere nella biblioteca dell’associazione http://www.donliborioromano.it molti documenti che mi ha fatto dono. Potrei dire tante cose su Antonio,ma ci vorrebbe tanto tempo e spazio, comunque con l’aiuto di qualcuno si potrebbe scrivere un secondo volume su quello che ha lasciato e quello che avrebbe potuto dare a questo territorio che lo ha snobbato in vita e dimenticato ,dai più, in morte. Antonio ti porto nel cuore. Giovanni spano