DALLE DEVASTAZIONI AMBIENTALI NEL SALENTO CI SALVERANNO GLI SCRITTORI? PER ORA HANNO OMESSO. MA C’E’ UNA PRIMA ECCEZIONE, IL ROMANZO “Un abbraccio sospeso”. A leccecronaca.it PARLA L’AUTRICE, LUIGINA PARISI: “Bisogna gridare e destare le coscienze addormentate. Non sono più tollerabili tutte queste morti”
di Giuseppe Puppo______
“Il Salento è diventato un laboratorio sociale e culturale, ricco di esperienze di discussione e partecipazione popolare su problemi e questioni direttamente connesse al futuro della democrazia in termini di approccio ecosistemico, ossia nel rapporto con la salute delle persone e i diritti delle future generazioni, il rispetto della loro dignità sociale e culturale, i diritti della natura come biodiversità eco-sociale di esseri viventi ed elementi vitali per la sopravvivenza umana”.
Così si esprimeva qualche anno fa Michele Carducci, costituzionalista, docente dell’Università del Salento e da sempre attento alle tematiche ambientali, in pratica fidando i termini della questione principale, nei molteplici pericoli, per il nostro territorio. E così proseguiva:
“Si pensi alla vicenda degli Ulivi abbattuti in nome della Xylella, alla questione TAP sul litorale di San Foca, al dramma dell’ILVA di Taranto, all’impatto ambientale della centrale a carbone di Cerano, all’inquinamento del Polo petrolchimico di Brindisi, agli effetti della presenza di Colacem a Galatina”.
Mettiamoci pure le trivelle nei mari, le discariche più o meno abusive, la desertificazione del territorio, i veleni della chimica nei campi, le centrali a biomasse, per ultimo ma non per ultimo il 5G.
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Ora, è singolare il modo con cui sui mass media tali pericoli siano stati per lo più affrontati, spesso con superficialità, accettando sovente le divulgazioni superficiali, la narrazione a senso unico del partito unico dominante.
Non sono mancati certo le reazioni alternative, però liquidate a colpi di insulti, senza un minimo di confronto.
Questo, se non un silenzio assordante, da parte della maggior parte degli intellettuali, quelli che dovrebbero essere la coscienza critica, vigilante e guerriera, rimasti invece in disparte, accomodati nei loro salotti da talk show, buoni buoni senza interrompere, per non disturbare, e poter continuare a coltivare i loro orticelli da addetti ai lavori, e a raccattare le briciole delle onorificenze e delle prebende, che il potere del partito unico dominante sa direttamente o indirettamente distribuire con generosità.
In questo contesto, e in questo silenzio assordante, gli scrittori salentini deflagrano.
Un’unica eccezione, che non a caso viene da un musicista, da un artista poliedrico, prima ancora che scrittore, la vicenda raccontata da Nandu Popu nel suo splendido romanzo d’esordio letterario nel 2012 “Salento fuoco e fumo”, pubblicato da Laterza e da cui egli ha tratto in seguito anche uno spettacolo teatrale: qui, le vicende del protagonista si muovono in una quotidianità in cui le speculazioni affaristiche minacciano costantemente l’ambiente e il territorio.
Ma è l’eccezione che conferma la regola di tutti gli altri scrittori salentini, non pervenuti, sulla questione principale.
Per il resto, infatti, Lecce città, il Salento fanno da sfondo alle loro storie da cui le tematiche ambientali sono completamente assenti. Un territorio da cartolina, buono quale location di vicende fra sole, mare e vento, per lo più sentimentali, poliziesche, storiche, ma mai impegnate, sui fronti su cui si gioca la partita decisiva: quella per il futuro, la sopravvivenza stessa del territorio, che avremmo il dovere di trasmettere alle nuove generazioni così come noi lo abbiamo avuto da Nostra Madre Natura. E invece…
Qui dove, per citare l’oncologo Giuseppe Serravezza, “Non c’è più spazio nemmeno per accendere un cerino, questa è la verità”…
E invece continua a prevalere la logica del profitto, dei pochi, a danno della democrazia e dell’esistenza stessa, di tutti.
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L’ ho presa un po’alla lunga, e me ne scuso, ma ci tenevo a spiegare bene il perché di questa intervista. Niente di letterario, delle questioni editoriali se n’è già occupato egregiamente, da par suo, Raffaele Polo. Tutto di sociale, e, nel senso migliore del termine, di politico.
Mi sembra una novità significativa: per la prima volta in un’opera letteraria ambientata nel Salento si parla di questioni ambientali nell’essenza stessa dell’opera.
Ecco perché ho voluto sentire l’autrice del romanzo “Un abbraccio sospeso” di Luigina Parisi (nella foto), che ringrazio per aver accettato l’intervista a leccecronaca.it
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– Ci racconta qualcosa su di Lei?
– Vivo a Racale, sono laureata in Scienze Biologiche, ho insegnato per vari anni materie scientifiche. Sono madre di tre figli, ormai grandi abbastanza da permettermi di intraprendere un mio percorso privato fatto di scrittura.
Amo leggere, ma scrivere per me è stato terapeutico, ha sedato mie inquietudini: mi fa guardare il mondo con gli occhi degli altri, cambiare punti di vista e comprendere meglio la realtà che mi circonda.
Infatti, il mio amore per le scienze e l’attività didattica non mi hanno impedito di coltivare sempre la scrittura, sia poetica, sia narrativa. Ha partecipato e vinto diversi concorsi letterari.
– Quindi non si tratta di una vocazione scoperta in età adulta, ma di una passione sempre coltivata, ed esplosa solo adesso. Non è mai troppo tardi, e puoi sempre ricominciare da dove sei, no?
– Sì. Nel febbraio 2020 grazie alla vittoria al concorso Clepsamia indetto dalla casa editrice VJ Edizione ho pubblicato i miei racconti in una raccolta dal titolo “Malurmia”.
– E adesso cosa farà da grande, la scrittrice?
– Lo spero. La mia raccolta di racconti è nata in un periodo critico. Sono dodici racconti in cui le inquietudini cercano strade. ‘Malurmia’ infatti è una parola dialettale che potrebbe essere tradotta con ‘Malombra’.
– …E ogni riferimento ad Antonio Fogazzaro non è casuale, anche per lui fu quella l’opera prima… E l’opera seconda?
– La pubblicazione del mio romanzo Un abbraccio sospeso era stata programmata per l’inizio della primavera, prima ancora di sapere dell’uscita di Malurmia, per cui d’accordo con l’editore Luciano Pagano, abbiamo spostato l’uscita al 25 luglio.
– Ed ha subito trovato l’attenzione di un critico attento quale Raffaele Polo, che ne ha scritto da par suo, in termini lusinghieri. Nel Suo romanzo ad un certo punto Lei parla del progetto relativo all’Orto dei Tu’rat, strumento naturale per contrastare l’avanzamento delle zone aride e desertiche. Ci può spiegare?
– Sì, volentieri. Vero, parlo dell’esperienza dell’Orto dei Tu’rat, realizzato a Ugento, in provincia di Lecce da Mino Specolizzi, come progetto sperimentale unico in Europa. Lo scopo del progetto era dimostrare la possibilità di coltivare la terra anche in situazioni di carenza di acqua, problema molto sentito nell’agricoltura del territorio salentino. Si tratta di mezzelune costruite con pietre a secco senza aggiunta di leganti di nessuna natura che ricordano i tanti muretti della campagna.
– Ci faccia capire meglio…
– I Tu’rat sono dei condensatori d’aria umida che grazie alla loro forma e orientamento consentono di captare il vapore acqueo contenuto nell’atmosfera. La loro forma e il metodo con cui sono stati realizzati li rendono perfettamente adeguati al paesaggio, che ne risulta qualificato.
– La desertificazione del territorio è purtroppo un tristissimo record detenuto dal Salento su scala nazionale…
– Il nostro territorio si sta desertificando, i paesaggi che si aprono agli occhi dei turisti appaiono agonizzanti, le falde acquifere sono sempre più inquinate e più scarse, per cui la costruzione di tu’rat potrebbe aiutare a far crescere alberi da frutto senza grande bisogno di acqua.
– E’ questo lo sfondo naturalistico, veristico, che fa da sfondo al Suo romanzo?
– Sì, descrivo le campagne, la desertificazione che avanza nel nostro Salento, gli alberi d’ulivo che coloravano le nostre terre ormai ridotti a scheletri e spesso bruciati da roghi che devastano le campagne in modo spaventosamente frequente. Molte sono le terre abbandonate, con erba alta che il gran caldo fa seccare e diventare facile preda del fuoco.
– E noi restiamo inermi, indifferenti…
– Penso che serva una nuova coscienza ecologica, sostenuta politicamente e socialmente. Forse la scuola dovrebbe farsi locomotore trainante di un nuovo modo di pensare. Non è tollerabile vedere le strade ingombre di rifiuti di ogni genere, rifiuti che con il caldo vanno in autocombustione. Sono molto convinta del potere educativo della scuola.
Per il resto, stanno nascendo nel territorio piccole realtà di agricoltura biologica, orti sinergici, associazioni che utilizzano l’aridocoltura con la rotazione delle coltivazioni, come sapevano ben fare i nostri avi. Ma è ancora troppo poco.
L’uso indiscriminato di pesticidi sta uccidendo la terra.
– Poi nel romanzo lei parla dei morti per tumore…
– Sì. Il protagonista maschile è rimasto vedovo, perché Linda, l’amata moglie, è morta da poco per una inesorabile malattia contratta dai rifiuti tossici interrati nelle campagne salentine…
– Scrive proprio questo?
– Sì, nel romanzo faccio riferimento a rifiuti tossici interrati come causa della malattia che colpisce Linda. Ho conosciuto molte Linde che ci hanno lasciato prematuramente.
In generale, ho tratto ispirazione da fatti di cronaca per imbastire una storia e far pensare, scuotere e forse capire. La vita vale più di ogni profitto.
Nel romanzo ho dedicato solo un breve capitolo alla malattia di Linda, molto di più alla sofferenza che questa ha lasciato in chi l’ha amata. È il vuoto lasciato che deve gridare.
– Che idea si è fatto della questione Xylella?
– La xilella è stato un brutto colpo al cuore del Salento. E’ una malattia ben strana. Ho sempre pensato agli ulivi come forza e potenza, la loro vita secolare inattaccabile. Ma evidentemente così non è, i cambiamenti climatici, le carenze nutrizionali, l’incuria del territorio, le sostanze chimiche con cui i terreni risultano abbondantemente irrorati li hanno indeboliti e resi attaccabili da malattie a cui in passato probabilmente avrebbero resistito.
– Il gasdotto Tap/Snam è solo un tubicino, è davvero un’opera strategica?
– Sono contraria al gasdotto perché ritengo che ci siano altre risorse naturali da sfruttare per avere energia senza la necessità di deturpare una terra già sottoposta a dure prove. Lo sfruttamento di riserve combustibili è roba vecchia, a mio parere bisogna puntare sulle risorse rinnovabili e sull’efficientamento energetico di tutti gli edifici.
– E dunque perché allora…
– Perché è frutto della logica del profitto. La vita del pianeta è diventata un unico grande mercato dove circola ogni risorsa, merci, denaro, informazioni, pensieri, aspettative, ma anche sostanze tossiche smaltite senza troppi scrupoli. Si ritiene legittima la produzione di sostanze che appaiono utili e quindi interessanti dal punto di vista economico, producendo sostanze che la natura non ha saputo o voluto creare. Ovviamente l’impatto ambientale di tutti questi prodotti importa poco, vista la scarsa considerazione che da sempre viene riservata all’ambiente.
– Ci faccia un altro esempio…
– Pensiamo alla plastica, un prodotto al quale siamo abituati e senza il quale ci pare impossibile vivere. Eppure abbiamo vissuto in passato senza sentirne la mancanza. Ora questo prodotto lo si trova ormai persino tra i ghiacci dei poli, nei tessuti animali, e ovunque intorno a noi, come un materiale indistruttibile che entra nella nostra catena alimentare.
Ma sono tante le sostanze che nuocciono alla nostra salute e a quella del pianeta. Nelle nostre terre è stata riscontata la presenza di metalli pesanti e di policlorobifenili, composti organici inquinanti con tossicità vicina a quella della diossina. Studi scientifici hanno riportato una stretta relazione tra PCB e cancro. La loro diffusione nell’ambiente avviene tramite l’acqua, l’aria, e il terreno. I PCB si accumulano nel grasso animale, diffondono nel fegato e in tutti gli organi e tessuti ad alta concentrazione lipidica.
– Se è per questo, ci sono tanti studi scientifici che attestano la relazione fra emissioni inquinanti delle varie Ilva e Cerano, e l’insorgenza dei tumori. Un ultimo studio di un congresso di oncologi qui a Lecce addirittura ha parlato chiaramente di relazione fra uso della chimica e deformazioni dei feti già nel grembo materno…
– Il Salento non è solo pizzica, belle chiese, mare trasparente. Purtroppo il Salento è anche ben altro, e adesso va salvato dall’incuria, dall’indifferenza dei suoi stessi abitanti.
– Non è mai troppo tardi?
– No! E spetta un grande compito alla Poesia, alla Narrativa, alle belle penne che popolano questa terra: bisogna gridare e destare le coscienze addormentate. Non sono più tollerabili tutte le morti di tumore che intasano i nostri sagrati. Non è più tollerabile un atteggiamento di rassegnazione. Gridiamolo il nostro malessere attraverso racconti, poesie e canzoni. Forse è poco, ma il silenzio è peggio.______
LA RICERCA nel nostro articolo del 29 luglio scorso