RISCOPERTE LIBRARIE / QUEI TREPIDI RICORDI DI SCUOLA, E LA MITICA GIOVANNA, NONNA DEL CORSARO NERO
di Raffaele Polo______
Probabilmente, dipende dall’appartenenza ad una generazione nella quale si scriveva ancora con pennini ed inchiostro, almeno nelle prime classi delle elementari.
Le ‘penne Biro’ arrivarono subito dopo, soppiantando le splendide penne stilografiche che macchiavano e ti piantavano in asso quando servivano, ma avevano un fascino inarrivabile.
Allora, con la Televisione ai primordi, in biancoenero ma puntuale, ogni pomeriggio alle 17 con ‘La TV dei ragazzi’, c’era un’aria che bisogna aver vissuto, per poter apprezzare un genere di scrittori che, in seguito, verranno seppelliti nel dimenticatoio, rimanendo solo nell’immaginario di adulti in via di estinzione…
Diciamo di Giovanni Mosca e del suo ‘Ricordi di scuola’; e diciamo di Vittorio Metz, ricordando il suo gustoso ‘Giovanna, nonna del corsaro nero’, fortunatissimo sceneggiato, tratto dall’omonimo libro… O fu il libro ad essere pubblicato sulla scia del successo televisivo? Non lo sapremo mai… (nella foto).
Sono due testi diversi ma legati tra loro dal riuscito tentativo di parlare agli adulti attraverso la letteratura per l’infanzia. Un po’ come Pinocchio, ma addolcendo spigoli e immaginazione, calando nella realtà di tutti i giorni le vicende malinconiche e piene di pudore di chi passa dai banchi di scuola alla cattedra, per accorgersi che, in fondo, non è cambiato granché.
Come nel caso di Mosca che si circonda dei suoi personaggi (Martinelli, il vecchio tramviere che deve fare gli esami di licenza, la giovane maestrina timida) un po’ come succede nel ‘Cuore’ deamicisiano, sostituendo però alla fiera rettitudine piemontese un senso di piacevolissima quotidianità che sdrammatizza e avvicina ad un idillio pre adolescenziale destinato, purtroppo, ad esaurirsi con la perdita dell’innocenza così necessaria nella prima parte della nostra esistenza.
Avviene allora che ‘Ricordi di scuola’ fa commuovere più di ‘Sangue romagnolo’ perché è più reale, la sua storia si svolge nel brusio delle classi elementari, con il caratteristico odore che ricorda un po’ il pollaio, con i bambini che disegnano piccoli, antichi romani che inseguono una farfalla. A dispetto del Direttore che dice, con fierezza, che ai tempi degli antichi romani le farfalle non c’erano: e anche noi, con i ragazzi attoniti, vorremmo chiedergli quando furono inventate, le farfalle….
E, nella incredibile e imaginifica storia di Giovanna, il bravo Metz affida ai partners più simpatici, ovvero a Nicolino (immortale spalla impersonificata mirabilmente da Pietro De Vico in TV) e al Maggiordomo Battista (il suo intercalare: Mi sia consentito dire… è nella memoria comune) il ruolo di realistiche figure con problemi comuni e terra-terra, proprio come le figure delle Maschere nella Commedia dell’Arte: la fame, il sonno, la paura, la meraviglia…
Il Maggiordomo ha una cultura enciclopedica e sintetizza la sua vita con la frase latina Gutta fortunae prae dolio sapientiae che, nel libro, viene riportata con un incredibile errore: il ‘dolio’, ovvero il capace contenitore, diventa ‘d’olio’. Difficile pensare ad un lapsus del coltissimo Battista…
Piuttosto, potrebbe essere il modo di far ridere di quei tempi. Come nella versione latina dettata dal maestro che iniziava con ‘Esercito distrutto’ e viene tradotta dall’imprturbabile alunno con ‘exercitus lardi’ intendendo ‘Esercito di strutto’, ovvero di lardo…Il nonsense, insomma, seppure arguto, impera ed eredita da Bertoldo a Petrolini, quella verve che è efficace, seppur stantia.
Basta.
Sottolineando che i nostri due bravi letterati sono coetanei (Mosca nasce nel 1908 e se ne va nel 1983; Metz nasce nel 1904 e scompare nel 1984) invitiamo i ‘buoni lettori’ a riscoprirli. Magari aggiungendo ‘Non è ver che sia la morte..’ per Giovanni Mosca e ‘Mia moglie a 45 giri’ per Vittorio Metz.
Poi, poi….Vedrete, non ne parlerà più nessuno.
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