LECCECRONACHE / IL DENTINO PER IL TOPOLINO

| 7 Maggio 2020 | 0 Comments

di Raffaele Polo______

“Hanno suonato, vai ad aprire!” grida mia moglie dal giardino.

Lei sta andando su e giù, deve percorrere non so quanti chilometri, lo spazio in giardino non è molto, ma ha organizzato una sorta di ‘3000 siepi’. Manca la pozza d’acqua, a dire il vero: ma non le ho detto nulla, caso mai mi costringesse a riempire la piscinetta gonfiabile che sta, ripiegata, nel ripostiglio, in attesa di tempi migliori.

 

Io sto leggendo. Contemporaneamente, ho davanti la ‘Settimana Enigmistica’, un numero vecchio di cinque anni fa, guardo un rebus stereoscopico che non sono riuscito ancora a risolvere, c’è uno che sta portando qualcosa, una pianta, forse. E poi penso a cosa debbo scrivere in questa sorta di ‘diario del Coronavirus’, dopo aver affrontato argomenti insulsi come la mascherina, la fila al supermercato, la pizza fatta in casa e le uscite col cane, comincio con i discorsi malinconici, anche se sarebbe meglio evitarli, meglio qualcosa di leggero, simpatico, che lasci un sapore piacevole in bocca, non l’amarognolo di tutti i giorni chiuso in casa, ad arrovellarsi e chiedersi quando finirà…

 

A Giulio, il mio nipotino, è caduto il primo dentino. Quello davanti; mi ricordo quando successe a me, mi vergognavo moltissimo e ridevo con la mano davanti. Mi consolò il regalino che, dissero i miei genitori, mi aveva lasciato il topolino. Misi il dentino in un buchino del muro, in terrazza.    “Vedrai, fai il bravo e verrà il topolino” mi disse la mamma, accarezzandomi. E, in realtà, l’indomani trovai qualcosa, credo un’automobilina, vicino al buco. E il dentino era sparito.

A Giulio il topolino ha lasciato un bigliettino: “Scusami, ma anche io ho problemi ad uscire, in questi giorni. Ti lascio dai nonni questi 10 euro, appena si può uscire, fatti comprare quello che vuoi, oppure conservali. Ciao. Il topolino”.

 

Ecco, è bello pensare a queste cose, certe tradizioni continuano, nonostante tutto.

“Vai ad aprire!” mi grida ancora mia moglie. E, come se mi risvegliassi da un sogno, mi scuoto e apro il cancello.

“Chi è?” domando, affacciandomi dalla porta socchiusa e rivolgendomi all’indirizzo di un addetto alla consegna postale, è vicino ad un furgone con strane scritte sui fianchi, indossa la mascherina, i guanti, non si capisce se è uomo o donna.

“Un pacco per lei” mi grida. Appoggia l’involucro sul muretto e se ne va.

Prendo la busta sigillata, sono curioso di sapere cosa è. Un libro, penso subito. Ma non ricordo di aver ordinato niente, apro concitatamente la busta, è un vecchio album dei francobolli, sono tutti dell’Africa, sono proprio i francobolli che non trovavo più, li avevo persi durante il trasloco.

Incredibile, sono proprio loro, li guardo con tenerezza, ricordo quando li andavo ad acquistare, c’era un negozietto di filatelia vicino all’Arco di Prato, ma anche la Casa del Libro li aveva…

“Chi era?” mi chiede mia moglie, sempre intenta a misurare il progredire del suo percorso in giardino.

“No, niente. Il topolino…” mi viene da rispondere, stringendomi l’album dei francobolli al petto.

Category: Cronaca, Cultura

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