LECCECRONACHE / A CASA DI IRENE
di Raffaele Polo______
Giorni grigi sono le lunghe strade silenziose. Di un paese deserto e senza cielo.
A volte ti rimangono in mente motivi, parole, versi che continuano, per parecchio tempo, a frullarti per il capo. Sei lì, che guardi la televisione e senti questa frase che si ripete, dentro di te.
Stai davanti allo specchio, a meditare su come sei cambiato, adesso vecchio brutto e stanco, ma dentro sempre lo stesso, o no?, e c’è un sottofondo che ti martella con parole e musica sempre uguali, ripete un refrain che non se ne va, ormai deve fare il suo corso, poi scomparirà così come è venuto, anche prima di addormentarmi, eccolo che arriva
Giorni grigi sono le lunghe strade silenziose. Di un paese deserto e senza cielo.
Il bello è che questi spezzoni di memoria si adattano perfettamente al momento in cui stai vivendo, c’è sempre un addentellato con la realtà che ti circonda, il nostro cervello, macchina meravigliosa, non lascia nulla di scontato, proietta vecchi film, ricordi, sensazioni, cose che avremmo voluto fare ma non abbiamo fatto, odori e colori mai visti oppure sognati, a questo punto che importanza ha? Così, basta chiedersi perché, in questo preciso momento, ci vengono in mente proprio questi e non altri (pensieri, motivi, musiche, colori) per iniziare a comprendere perché agli antichi Profeti il Signore parlava nel sogno e quelli non stavano lì a pensarci due volte, capivano subito quale era il suggerimento, e lo mettevano in atto.
Giorni grigi sono le lunghe strade silenziose. Di un paese deserto e senza cielo.
Ora, se guardando dalla finestra le strade vuote, i negozi chiusi, addirittura c’è posto anche nel solitamente affollato parcheggio a strisce bianche, mi è venuto in mente questo verso di una canzone che poi mi sforzerò di ricordare, un motivo ci deve essere. E, stavolta, è facile, facilissimo capire cosa mi suggerisce il mio ‘Io’ che non parla ma è sempre lì, a indicarmi la strada da seguire. Insomma, mi dice di guardarmi attorno, e di fare in modo, per quel che posso, che il grigio scompaia e torni la voglia di guardare il cielo azzurro. Questo è il suggerimento, ora sta a me metterlo in atto.
E così, sono tornato davanti allo specchio, mi sono guardato e ho sorriso: ‘Un bel vecchione’ mi sono detto. E ho aggiunto: “ Quasi quasi sono come Sean Connery, che è meglio da anziano rispetto alle sue presenze giovanili”. E mi sono accorciate le basette, stando attendo a rispettare la simmetria.
Ci credereste, il refrain è scomparso.
Come in una playlist ben assortita, ne è subito comparso un altro, che sto canticchiando ancora adesso, mentre vi dico queste cose:
Ricordo una mattina
Che non andammo a scuola
Prendendoci per mano corremmo verso i campi
E come due bambini
Cantando noi lanciammo un aquilone
Che andava su nel cielo, che andava su nel cielo
P.S.
Il Coronavirus : A casa d’Irene, Nico Fidenco, 1964
Dopo il Coronavirus : L’Aquilone, Alunni del Sole, 1973