EMERGENZA #Coronavirus, I CARABINIERI LAVORANO SENZA DISPOSITIVI DI PROTEZIONE: “Mandati a combattere contro un nemico invisibile, senza gli strumenti adeguati”
(c.l.)______ “Altissima è la preoccupazione del personale dell’Arma dei Carabinieri della provincia di Lecce, come d’altronde lo è in tutta Italia, che, in piena pandemia, è costretto a lavorare in prima linea senza sufficienti dispositivi di protezione individuale, nonostante gli sforzi attuati dai Comandanti ai vari livelli dell’Arma territoriale”. Così Pantaleo Rizzo, segretario generale provinciale di Lecce di UNARMA- Associazione Sindacale Carabinieri, che questa sera pone il problema in tutta la sua drammatica attualità.
Alla sua accorata dichiarazione si aggiunge quella di Fabio Pizzo, segretario regionale per la Puglia dello stesso sindacato della Benemerita, che così si esprime: “Lavoriamo alacremente per il benessere dei cittadini, del personale e del nostro paese più in generale e, anche se qualcuno ancora oggi mette in dubbio l’utilità e le competenze dei sindacati militari, ci tengo a sottolineare come UNARMA sia stato invece il primo ad averci visto lungo e a segnalare per tempo le odierne criticità alle competenti autorità nazionali; non è una questione di primato, bensì di dovere e senso della responsabilità”.
I due sindacalisti ci riportano la sconcertante testimonianza del vice presidente nazionale di UNARMA A.S.C., Gianluca Tondo, il quale ha reso noto come “già il 23 gennaio u.s., dopo un’attenta riunione del nostro direttivo, avevamo ritenuto importante scrivere al Ministro della Difesa, al Ministro della Salute ed al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, per segnalare la preoccupazione che il virus stava suscitando tra l’opinione pubblica e tra i carabinieri in particolare. Avevamo chiesto un intervento urgente di carattere preventivo, atteso che il virus
aveva caratteristiche di rapida diffusione da persona a persona. Ebbene, risulta che solo il 28 gennaio successivo il Gabinetto del Ministro abbia inviato, per le valutazioni del caso, la nostra urgente missiva allo Stato Maggiore della Difesa. Ben cinque giorni per giungere da un ufficio all’altro dello stesso palazzo: è incredibile!
Nel mese di febbraio, è stato, poi, necessario tornare sull’argomento e scrivere più volte: per esempio, per mettere in evidenza le carenze di sicurezza per i carabinieri che operano nei porti e negli aeroporti; per segnalare che il gel disinfettante distribuito era, clamorosamente, scaduto e, dunque, inefficace; per segnalare la carenza di mascherine, guanti e quant’altro, così come per suggerire l’utilizzo di tute operative al posto delle normali uniformi; tutte circostanze spiacevoli e su cui non avremmo mai voluto essere costretti ad intervenire“.
Il comunicato sindacale così continua:
“Quale nazione manderebbe il suo esercito a combattere, peraltro contro un nemico invisibile, senza ogni adeguata strumentazione? Eppure è così: le poche mascherine consegnate, tra l’altro monouso, sono state sanificate e riutilizzate tantissime volte. Ciò nonostante, vengono richiesti continui controlli su strada, dove non sempre è possibile mantenere la distanza di sicurezza dalla persona controllata; altrettanto dicasi per le operazioni di polizia giudiziaria, che vanno svolte a stretto contatto con eventuali fermati e/o arrestati. Purtroppo il problema non è solo quello delle poche mascherine: mancano le tute che dovrebbero coprire l’uniforme, veicolo di trasmissione del virus nelle caserme e nelle proprie abitazioni, qualora chi le indossa sia venuto in contatto con persone infette da Covid-19.
C’è poi da segnalare che, all’interno delle caserme, sono stati distribuiti pochi disinfettanti, alcuni dei quali scaduti, che di per sé non sono dannosi, ma che, di sicuro, sono inefficaci, in quanto hanno perso la componente alcolica che dovrebbe contro il virus. Infine, ci vengono segnalate le insufficienti operazioni di sanificazione sia dei locali delle caserme, sia, situazione ancor più grave, dei mezzi su cui i militari espletano il loro servizio di pattuglia.
Nella pur comprensibile difficoltà del momento, un’altra domanda sorge spontanea: possibile che i vertici delle istituzioni della Difesa non siano stati in grado di valutare per tempo questo pericolo per il nostro Paese? Il popolo italiano è preoccupato dell’inefficienza dimostrata dai vertici militari dinanzi a questo grave pericolo.
L’emergenza CoronaVirus era lì, già preannunciata dalle notizie provenienti dalla Cina, un Paese che, seppur geograficamente lontano, è invece molto vicino al nostro, dal punto di vista sociale e commerciale.
Alle domande, che esigono risposte, si contrappone purtroppo la realtà dei fatti. Ed ecco che, a distanza di poche ore, giungono le notizie delle morti per Coronavirus anche tra le fila dei militari dell’Arma dei Carabinieri.
Auspichiamo, dunque, che venga subito trovata una soluzione a questa grave contingenza, al fine di garantire la massima sicurezza e la giusta dignità lavorativa a tutti i militari, nella speranza che coloro, tra questi, che hanno sacrificato la loro vita siano uno sprone per i vertici competenti ad intervenire con tempestività e che questo Paese non debba piangere ancora vittime innocenti.
La frase “io speriamo che me la cavo” non deve diventare il motto con cui ogni militare si appresta ad iniziare il suo turno di servizio, perché la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è un diritto che deve essere garantito da ogni paese democratico ed è un caposaldo della nostra Costituzione, che non deve mai essere calpestata”.
Ogni lavoratore ha il diritto di essere tutelato nella propria incolumità fisica, quando si trova ad espletare le mansioni per le quali viene retribuito. Questo deve riguardare, a maggior ragione, gli appartenenti alle forze dell’ordine, che per il solo fatto di indossare una uniforme si espongono a divenire un bersaglio mobile per la criminalità, più o meno organizzata.
Chi si adopera per garantire il rispetto della legge e dell’ordine pubblico, DEVE essere a sua volta garantito nella sicurezza personale, e quest’ultima gli deve pervenire principalmente dallo Stato sulla cui bandiera ha prestato giuramento di “fedeltà nei secoli”.
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