DOMANI SI VOTA IN EMILIA ROMAGNA, PURE IN CALABRIA, IN UNA PARTITA POLITICAMENTE DECISIVA: IL GOVERNO E’ APPESO AD UN FILO. DEL CITOFONO DI SALVINI

| 25 Gennaio 2020 | 0 Comments

(g.p.)______Certo che in molti si giocano tantissimo, in primis Matteo Salvini  e Nicola Zingaretti, che, a seconda di chi vincerà, per interposta persona, scriveranno il loro futuro domenica prossima, a Bologna.

In Emilia Romagna la partita è dura e decisiva per tutti.

Si è creata da molti mesi in tutta Italia un’attesa pazzesca.

Piaccia, o non piaccia – e, sia chiaro, a noi, come a tanti altri, non piace – domenica 26 nella regione un tempo ‘rossa’, amministrata da cinquant’anni, cioè da sempre, dalla sinistra, non si vota per il nuovo presidente della Regione, e nemmeno più per il governo nazionale, bensì siamo di fronte a un vero e proprio referendum nazionale, per gli Italiani tutti: volete la Lega, il centro destra e Matteo Salvini, oppure volete il Pd, il centro sinistra e Nicola Zingaretti?

Il popolo sovrano risponderà, sapremo presto, il tatarellum non fa scherzi.

Il risultato è incerto, e già questo è un dato politicamente significativo, perché l’Emilia Romagna è da sempre il feudo del Pd di Nicola Zingaretti, il territorio di Prodi, Bersani, Franceschini, Del Rio, e pure alle ultime politiche della Bellanova e di Casini, oltre che delle cooperative, delle organizzazioni parallele, delle finanziarie, in ultimo pure delle sardine a supporto: che, stando agli ultimi sondaggi disponibili, peraltro discordanti, si sia arrivato diciamo ad un testa a testa, significa già qualcosa, anche se poi non importa, importa solo chi vincerà, con qualunque margine, anche di un voto in più.

Ieri ultimo giorno di campagna elettorale, con Nicola Zingaretti che ha scelto di andare in Calabria, come pure Silvio Berlusconi, dove pure si vota domani, sempre per le regionali, sia pure con un sistema un pochino diverso, non netto e univoco quanto quello dell’Emilia Romagna.

Oggi tradizionale ‘pausa di riflessione’.

Pesa sul risultato anche l’incognita dell’affluenza, che cinque anni fa fu bassissima, anche se poi conta relativamente, perché, ammesso che siano di più quelli che andranno ai seggi, bisognerà capire cosa li abbia motivati.

I candidati a presidente dei due schieramenti contrapposti, come pure i rispettivi leader politici, nelle ultime ore hanno manifestato tutta la loro fiducia, uguale e contraria, nel risultato.

Luigi Di Maio ha pensato di dimettersi tre giorni prima da capo politico del Movimento 5 Stelle, che correrà da solo, memore dell’ultima esperienza, deludentissima, di tre mesi fa in Umbria, dove affiancò il candidato del centro sinistra, insieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale a questo giro si è anch’egli smarcato in tutta evidenza, ripetendo che comunque vada il risultato non influirà sul governo Pd-M5S-Leu-Iv.

Non la pensa così Matteo Salvini, che è stato iper presente in Emilia Romagna durante tutta quanta questa accesissima campagna elettorale, e che, se sarà premiato dal risultato, è pronto ad andare a suonare il citofono, ma questa volta a Roma quello di Palazzo Chigi, per intimare lo sfratto all’inquilino, mentre, se ne sarà punito, subirà un notevole ridimensionamento, magari pesantissimo, alla sua strategia di conquista del potere.

 

Category: Cronaca, Politica

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