“I Pasano”, L’ULTIMO ROMANZO DI FEDERICA MURGIA
di Raffaele Polo______
L’idea di scrivere una storia come se la stesse raccontando, in un diario o in un manoscritto, la protagonista, non è nuova, ma è pur sempre solleticante. Soprattutto perché permette di usare un lessico diverso da quello, sovente stereotipato, che adotta il narratore standard, preoccupato di essere comprensibile e facilmente fruibile dai suoi lettori.
L’operazione non è facile, perchè bisogna abbandonare il proprio modo di scrivere e calarsi interamente nel protagonista della storia, aderendo il più possibile alla sua psicologia e al suo modus vivendi. Se, poi, si tratta di uno svolgersi in tempi passati, bisogna, addirittura, cercare di vedere e pensare come si usava allora…
In questo mare letterario sicuramente tempestoso si cimenta Federica Murgia che, per nulla impressionata dalle molteplici difficoltà, ci offre un romanzo molto ben costruito, di piacevole lettura e dalla trama avvincente: ‘I Pasano’, edito da Il Raggio Verde (15 euro).
Persone, luoghi e vicende sono plausibili e anche se si potrebbe obiettare che è facile riconoscere subito i ‘buoni’ dai ‘cattivi’; come in tutte le storie ambientate nel secolo scorso, nel Meridione, è la povertà a farla da padrone, condizionando i comportamenti di uomini e donne che affrontano i propri destini in maniera opposta, a secondo di come un Caso che molti chiamano Provvidenza, li faccia nascere in un palazzo o in una povera casa…
In sostanza, questo romanzo va letto proprio come una ennesima condanna a quelle ingiustizie sociali che, nella nostra letteratura, formano un poderoso filone che va dal Verga a Silone, comprendendo poi tutti gli scrittori dell’immediato dopoguerra, attenti e partecipi di una ‘questione Meridionale’ mai risolta.
I Pasano, insomma, finiscono per diventare una famiglia-simbolo che si muove in panorama di speranza e povertà, riuscendo a simboleggiare l’asserto che, nonostante mille difficoltà e sacrifici, alla fine le vite dei singoli possono realizzare i propri seppur limitati desideri, facendo affidamento all’onestà e al lavoro, senza lasciarsi tentare dalle scorciatoie che, con l’adulazione, il servilismo e l’ipocrisia, potrebbero facilitare il superamento degli ostacoli.
Il senso di questo scritto è proprio nella insistita, sottolineata condanna a chi partecipa alle sopraffazioni e alla disonestà, in nome dell’utile immediato e tangibile, disposto a sacrificare qualsiasi ideale e buon proponimento a svantaggio dei propri simili ma per il proprio, esclusivo interesse.
In questo l’autrice, utilizzando la prosa, l’intercalare, la scrittura della protagonista, il suo semplice, ingenuo e non acculturato procedere, riesce a corroborare ulteriormente il grido di condanna che parte dal basso e coinvolge tutti quei ‘caporali’ che, da sempre, imperversano nelle società più povere e religiose.
Un valore sociale evidente è quello che viene fuori dalle pagine di questo volume; che può essere letto anche come un pratico, esemplificativo affresco di come andavano le cose, nella nostra realtà…
E l’aver collocato tutto il male in un paese della Puglia e tutto il bene in una contrada del Lazio, non tragga in inganno: è un altro, efficace escamotage dell’autrice per far emergere l’ingenuo pensiero della protagonista e della sua famiglia, convinta che non si sconfigge il nemico fuggendo ma combattendo a costo di soccombere.
Un bel messaggio, fresco e sincero, che illumina e rischiara la nostra società contemporanea che ha conservato ancora, purtroppo, molte ombre dei secoli passati…