IL MUSEO DELL’ AMORE PERDUTO
(g.p.)______Oggi l’agenzia Ansa ha messo tanta ansia a tanti, nelle redazioni di molti mass media. Ha battuto un ‘lancio’ da Zagabria, per risegnalare, non è un novità, esiste da dieci anni, che nella capitale della Croazia esiste un museo che si chiama Broken Relationships Museum, il Museo dell’ amore perduto, potremmo tradurre in italiano parafrasando Fabrizio De Andrè.
L’ occasione, è che oggi esso ha aperto al pubblico una nuova sezione.
Pare che sia un’attrazione turistica, dove ogni visitatore, fra l’ altro, porta e lascia qualcosa di suo, oltre ad un pezzettino del suo cuore: qualche cimelio (nella foto), qualche pupazzo, qualche bigliettino, tutto rigidamente catalogato e spiegato.
Dove vai quando poi resti solo? Già, per non stare più nella casa trasformata in un tempio, vai a Zagabria. Oppure a Los Angeles, California, Usa, dove del Broken Relationships Museum hanno aperto una specie di succursale (nella foto).
Nella cultura, nella cultura che poi significa anche turismo, indotto, e tante altre cose ancora, ci vuole un po’ di fantasia. Senza la puzza sotto al naso, tanto cara a certi sedicenti intellettuali emiliani, bolognesi, salentini e leccesi, fra l’ altro, per la cultura popolare.
Così, spesso le idee si rivelano vincenti, di successo.
Pure valide artisticamente, o dal punto di vista letterario,perché di motivi e personaggi, di suggestioni infinite, questo Museo deve essere ricchissimo.
La più bella poesia sul tema comunque l’ha già scritta un poeta meraviglioso, quanto sottovalutato, Roberto Carifi, si chiama, è del 1990, sta nella raccolta “Amore d’autunno”. “Le cose non dimenticano”, si chiama. Eccola:
“Le cose non dimenticano,
hanno troppa memoria.
Si rammenta di noi questa finestra
che un tempo, chiusa, proteggeva
i nostri corpi, lasciava passare
uno spiraglio che ti baciava il viso.
Chi sa se vedeva la minaccia,
chi sa se piange la finestra!
Ma noi duriamo, nelle cose.
E parlano, ragionano di noi,
specialmente se si accende un lume
e lo porta una mano misteriosa.
Chi sa se piangono le cose,
se questo freddo è la loro nostalgia.
Ricordi, stanza, come l’aspettavamo?
E tu, quaderno consumato, e voi,
finestra, porta, sedia con le sue forme,
terrazzo che mi somigli, cosí sospeso,
avete atteso invano il suo ritorno?”