PONTE DI GENOVA / UN DISASTRO, ORA BISOGNA AFFRONTARE LE EMERGENZE. IL GOVERNO HA PERO’ GIA’ INDICATO RESPONSABILITA’ PRECISE. HA RAGIONE
di Giuseppe Puppo______Giornata di Ferragosto di dolore, di solidarietà, di emergeza, ma anche di polemiche per l’ Italia intera, che guarda a Genova con profonda e sincera partecipazione, allo sforzo dei tanti all’ opera per rimuovere l’ enorme cumulo di macerie e mettere in sicurezza la zona, dove quel che è restato del ponte minaccia una serie di palazzine, intanto fatte sgomberare.
Più di trecento persone hanno dovuto abbandonare le proprie abitazione, per sistemazioni di fortuna.
Bisogna poi urgentemente capire come intervenire sulla struttura, e come ripristinare i collegamenti nella città spaccata in due.
Infine, si tratta di recuperare i corpi delle vittime, seppelliti sotto i blocchi di cemento e fra le lamiere accartocciate.
Non ci sono più speranze di trovare qualcuno ancora in vita.
I morti accertati al momento sono trentanove, una ventina i feriti, di cui cinque in gravi condizioni.
La magistratura ha aperto un’ indagine, come già annunciato ieri.
Il governo, i principali esponenti sono tutti in zona, per coordinare le varie emrgenze, ha detto a più voci, tutte concordi, di non voler aspettare le conclusioni dell’ inchiesta penale e ha già indicato quelli che ritiene siano i responsabili: i vertici della Società Autostrade per l’ Italia, posseduta dalla famiglia Benetton in primo luogo e poi da tanti investitori di peso e di prestigio.
L’ accusa è di non aver effettuato la necessaria mnutenzione e/o di non aver proceduto a risolvere le criticità più volte segnalate, ponte di Genova per primo.
Ha annunciato che saranno revocate le concessioni, e comminate sanzioni.
Infine, ha detto di voler procedere di propria mano ad una verifica delle infrastrutture ritenute a rischio.
La società si difende, sostenendo di essere in regola, e di aver fatto tutto quanto di sua competenza.
Saranno i magistrati ad appurare la verità, o, almeno, la verità giudiziaria che emergerà dai procedimenti.
Ci vorranno anni, ovvio.
Però esiste una verità politica, sempre, che non ha bisogno dei tempi lunghi, a volte biblici, a volte evanescenti, fra rinvii e prscrizioni, della giustizia.
Qui è lampante, e ricade tutta quanta sulle responsabilità della classe dirigente della fine della così detta Prima Repubblica e della così detta Seconda.
Al di là delle contestazioni di merito, il governo, questo governo, ha ragione.
La Società Autostrade per l’ Italia ha fatto profitti privati enormi, imponendo una situazione di monopolio del traffico automobilistico e facendolo pagare a caro prezzo.
Lo sanno tutti, tutti gli Italiani, che per spostarsi in auto, che so, da Roma o da Bari verso il Nord, bisogna prendere l’ autostrada, a meno di non impiegare giorni, al posto di ore, per raggiungere la propria destinazione.
Lo sanno tutti che i pedaggi sono carissimi, spropositati, a fronte di una manutenzione e di un’ assistenza che ogni volta che si è registrata una criticità sono apparse, per usare un eufemismo, carenti.
Perché dunque tutto è andato sempre avanti così?
Perchè in Italia, dagli anni Novanta in poi, sono state fatte le così dette ‘privatizzazioni’, una sciagura immane, in tanti settori
Mi scuso per la sintesi estrema, ma penso che sia corretta nella sostanza: cioè lo Stato si è privato di suoi gioielli, questi sì, strategici, e li ha ‘venduti’ a gruppi privati, spesso esteri, a volte di multinazionali potentissime.
Venduti si fa per dire: gli imprenditori spesso li hanno acquistatii a debito, con i finanziamenti delle banche, a lunghissimo termine, ma hanno cominciato a guadagnare e a speculare subito.
Le autostrade sono l’ esempio più lampante: una quantità di denaro fresco, tutti i santissimi giorni che Dio comanda, nelle tasche dei privilegiati del sistema.
Già, perché questi a loro volte hanno sostenuto l’ intreccio fra sistema politico, i partiti della Prima Repubblica, e della Seconda, sistema creditizio e finanziario, e loro interessi privati.
In cambio, poco e punto, per i cittadini, ma tangenti alla politica, appalti stratosferici e cariche, incarichi e consulenze, per i suoi a vario titolo assistiti.
Questa è la situazione delle infrastrutture, delle opere pubbliche in Italia.
Le autostrade abbandonate a sè stesse, con i controllati, almeno formalmente, che si sceglievano e pagavano i controllori, quelli che cioè avrebbero dovuto controllarli, sia politicamente, sia tecnicamente.
Abbiamo avuto un ministro, addirittura, che era uno di questi impenditori, che altro dire?
L’ Iri non ha più i suoi gioielli, che hanno fatto la Storia e l’ orgoglio della nostra Nazione, passati a speculatori finanziari, che hanno pensato solamente ad accumulare profitti: niente controlli, materiali scadenti, un guazzabuglio pressoché inestricabile di interessi privati, una torta enorme spartita, digerita e messa a frutto all’ estero.
Poi, così, succede quello che appariva addirittura impensabile, per quanto in passato ci siano stati alcuni episodi del genere di minore entità, e che incomprensibile appare ancora, al di là dei dibattiti specifici fra ‘addetti ai lavori’, a loro volta divisi sul tema, ma che non doveva succedere: che venga giù un ponte, a seppellire vite innocenti, ma forse a consentire di rimettere mano a una situazione troppo a lungo da altri favorita e tollerata.
Il governo, questo governo, ora si deve occupare delle emergenze di Genova, poi contemporaneamente di affrontare altre situazioni pericolose, con un piano efficace a medio termine.
E lasci perdere le nuove ‘infrastrutture’, dirotti tutte le risorse disponibili su quelle esistenti, e sulle emergenze causate dalle privtizzazioni.
Però ha fatto bene, sia pur sommariamente, a indicare subito quali siano le responsabilità. E’ nel giusto.
Si tratta poi però di passare comunque dalle indicazioni, agli atti concreti, che ristabiliscano un minimo di interesse puublico, di bene comune, nella jungla delle privatizzazioni, e in questo si vedrà davvero, se ci sarà, quanto ci sarà dell’ invocato cambiamento.
Il triste evento che ha scosso gli italiani in questi giorni, il crollo del Ponte Morandi a Genova, tragedia alla quale esprimiamo ancora una volta tutta la nostra solidarietà, ha riacceso un dibattito cruciale per la gestione delle infrastrutture strategiche dello Stato.
Le strade, le grandi industrie come l’Ilva, la rete elettrica e delle comunicazioni, così come l’eventuale realizzazione del Gasdotto TAP sono sempre state un nodo fondamentale per comprendere cosa sia stata la ventata di liberalizzazioni che negli ultimi decenni ha interessato il Paese. Quel che un tempo era pubblico è diventato privato, e al momento delle “concessioni” quel che è successo lo sa solo chi ha firmato i contratti, dunque i governi di turno e i concessionari.
A poche ore dal disastro, il Governo Conte, per bocca dello stesso Presidente del Consiglio – ma anche del Ministro per le Infrastrutture Toninelli e dei vicepresidenti Di Maio e Salvini – ha prontamente dichiarato che “chi ha sbagliato deve pagare”, annunciando persino la revoca delle concessioni ad Atlantia, la società della famiglia Benetton proprietaria di Autostrade per l’Italia.
Crediamo che qualche tempo fa nessun Governo avrebbe mai minacciato la revoca delle concessioni, per due semplici motivi: il primo è che il dogma del libero mercato impone che non esistano più settori monopolizzati dal pubblico, il secondo è che i governi uscenti sono andati a braccetto con multinazionali come quelle dei Benetton, facendogli regali su regali, o meglio, concessioni su concessioni.
Ammesso e non concesso che i proclami del Governo Conte in questa fase calda non restino i soliti proclami privi di azioni concrete, il vero dramma sta nel fatto che molti giornali parlano che la revoca delle concessioni comporti delle penali salatissime per lo Stato Italiano.
Praticamente, ogni volta che un governo vuole e può assumersi una responsabilità politica, facendo una scelta controtendenza e coraggiosa, molti giornali sono pronti a mettere tutto in discussione in nome del bene dello Stato anzi, delle casse dello Stato. Non importa se ci sono state delle gravi inadempienze, clausola che potrebbe sì giustificare una revoca delle concessioni, quel che conta è garantire “lo stato di diritto”, dove per stato di diritto si intende la tutela dei diritti acquisiti dalle multinazionali private e mai la tutela dei diritti e della sicurezza dei cittadini.
Per venire al Gasdotto TAP, ravvisiamo il medesimo schema. Se qualcuno vuole mettere in discussione la concessione e la realizzazione del Trans Adriatic Pipeline, deve ricordarsi che prima vengono gli interessi del TAP poi quelli della popolazione residente dove si vuole realizzare il gasdotto.
Un altro punto in comune tra TAP e autostrade per l’Italia è la totale mancanza di informazione sui termini della concessione. Pensate che buona parte dei termini contrattuali per la gestione delle strade italiane sono secretate, neanche fossero segreti militari.
Purtroppo, a noi viene da pensare che dietro questi segreti si nascondano delle vere e proprie truffe, firmate dai Governi per favorire gli amici delle multinazionali a scapito dell’interesse dei cittadini.
Oggi, quando si presenta una possibilità di cambiamento si agita lo spettro delle penali per far restare tutto com’è, questo succede con TAP. Eppure nella vicenda del gasdotto mancano all’appello un bel po’ di informazioni. Innanzitutto l’esistenza delle penali, di cui si parla tanto e di cui non si vede traccia, l’altra sono gli accordi tra Stato Italiano e TAP così come gli accordi internazionali.
Ad oggi, ministri e giornalisti parlano di penali, senza mai citare le fonti, per questo giorni fa, come vi abbiamo annunciato, un gruppo di cittadini e associazioni ha avanzato quattro istanze di “accesso generalizzato” (c.d. “FOIA”) rispettivamente ai Ministeri Ambiente, Affari Esteri, Sviluppo Economico, Interni e Ministro per il Sud. Tale richieste, promosse dal Prof. Michele Carducci, ordinario di Diritto Costituzionale comparato presso l’Università del Salento, hanno lo scopo di fare chiarezza proprio su queste informazioni circa costi e penali che lo Stato Italiano dovrebbe sopportare in caso di uno stop al Gasdotto TAP. Questo serve anche a ricordare al Governo che una democrazia, per essere tale, oltre alla partecipazione deve garantire la trasparenza.