LECCECRONACHE / COME ERAVAMO (AD AGOSTO)

| 13 Agosto 2018 | 0 Comments

di Raffaele Polo______

Dov’è il profumo dei gelsomini?

Si, non c’è niente da fare. Le cose sono cambiate, la città è mutata. Non in meglio, forse neppure in peggio: ma è mutata, ce lo abbiamo sotto gli occhi.

Anche ad agosto, nei giorni vicini a Ferragosto, non c’è più quell’aria di libertà e di evasione che dava soprattutto il centro senza le auto e con pochissima gente in giro. Tutti al mare, in vacanza: col rientro programmato giusto per le festività di Santo Ronzo (si scriveva e si pronunciava proprio così… E i bambini si chiamavano Ronzino, le bambine Ronzina, era un bel nome da pronunciare, è cambiato anche quello, nessuno chiamerebbe più un bambino Oronzo, tantomeno Oronzino…) in un’occasione per acquistare ‘Festa Noscia’, ‘La Carrozza’ e cercare avidamente se ci fosse il nostro nome tra le ‘cose che brillano’, non si sa mai…

 

A Lecce, in questo periodo, tutti i negozi chiudevano, anche i bar, anche i ristoranti.

Inconcepibile, pensava il settentrionale che non si spiegava questa abitudine di chiudere un esercizio quando c’era maggior richiesta… ‘E che, non dobbiamo andare in vacanza un poco anche noi?’ sbottavano i leccesi titolari dei luoghi depositari di dolcezze e prelibatezze alimentari, di gelati e pasticcerie, di rustici e calzoni…Tutti chiusi, rigorosamente in ferie sino al 26 agosto.

I cinema, chiusi anche loro o, comunque, disertati. Perché l’estate si andavano a rivedere i film nelle arene, c’era un gusto particolare a sedere su quelle rozze sedie di legno verde a strisce e ferri arrugginiti, con uno schermo spesso attraversato da indolenti gatti sorpresi da quelle luci e da quei rumori.

 

Niente movida, nessun turista, supermercati neppure a parlarne e il sabato bisogna ricordarsi di comprare il pane anche per l’indomani perché la domenica e soprattutto le domeniche di agosto, i negozi sono chiusi…

È aperta e frequentata, invece, la Villa. E sino a tarda ora, quando un vigile (le vigilesse non le avevano ancora inventate…) fischia a lungo, avvisando che la Villa chiude e sollecitando le coppiette delle zone più scure a uscire, che dobbiamo chiudere.

 

Le vie sono deserte, anche in centro non si vede anima viva in giro, si sente che la città ci appartiene, un effluvio di gelsomino ci sorprende ogni tanto, ve lo ricordate il profumo dei gelsomini?

Non c’è più, quel profumo. Ce ne sono altri, è vero. Magari più appetibili e meno dolci.

Ma quello no, che non c’è più.

È volato via, come i nostri ricordi, i nostri sogni.

È volato mentre il cielo riflette l’immagine di una città che non sentiamo più nostra, che ci fa immalinconire con la sua moderna elezione turistica, col suo filobus, con i turisti che s’ingozzano di quelle crepes che noi, lo confessiamo, non le abbiamo mai ammesse come sostitute dello zucchero filato e della cupeta….

 

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura

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