ITALUS BATTE PURE LU NONNU UCCIO
(g.p.)______Correva l’ anno 788 d.C, Carlo Martello, tornando dalla battaglia di Poitiers, aveva salvato dalla dominazione degli Arabi l’ Europa intera, così l’ avevano presa i Franchi, e ci piantarono su le famose, spesso evocate, radici cristiane. Una dozzina di anni, ancora, e a Roma sarebbe stato incoronato Imperatore Carlo Magno, le uniche tracce, per quanto remote, dell’ impossibile unità europea, insieme a quelle flebili, solo culturali, cinquecento anni dopo e cinquecento anni fa, segnate da Erasmo da Rotterdam.
Correva dunque l’ anno 788 d.C. e nel Sud del Sud dei Santi e degli Imperatori, dei nobili e dei poveri, alle pendici del Monte Pollino, in Lucania, come si chiamava allora, allora sotto la dominazione dei Bizantini, qualcuno pensò bene di piantare altre radici, quelle vere, di un albero, un esemplare di pino, anzi, per la precisione, tipica della zona, della variante detta pino loricato.
Quel qualcuno ringraziava così i suoi progenitori di avergli fatto trovare quella meraviglia naturale a disposizione, che oggi è diventato il Parco Nazionale del Pollino, e si premurava non solo di conservarla, ma pure di trasmettrla ai suoi figli e ai suoi nipoti.
Non immaginava certo che avrebbe stabilito un record, dodici secoli dopo.
Quell’ albero, infatti, notizia di ieri su comunicato stampa dell’ Ente Parco, è l’ albero più vecchio del nostro continente. E con l’ occasione è stato battezzato – un po’ in ritardo, ma va beh pazienza, non è mai troppo tardi per farsi battezzare – Italus (nella foto).
Ha 1230 anni.
Lo hanno stabiito con innovativi e attendibili metodi scientifici i ricercatori dell’ Università della Tuscia, guidati da Gianluca Piovesan, dopo lunghe, accurate e approfondite indagini, che hanno riservato non poche sorprese, e che comunque, al di là dei dati numerici, sono utilissime, perché permettono di capire come le specie vegetali si adattino alle modificazioni climatiche e alle malattie, vere e presunte.
Italus ha sbaragliato i concorrenti in longevità, compreso suo cugino Pino di Grecia, che – eh, i ricercatori lo hanno sgamato – aveva barato sulla carta di identità, per accreditarsi quale albero più longevo d’ Europa, visto che, ora è ufficiale, ha ‘solo’ 1075 anni.
E i nostri fratelli ulivi millenari del Salento, come sono messi? L’ età precisa non la sappiamo, perché ora bisognerebbe ri-verificarla alla luce dei nuovi metodi scientifici del professor Gianluca Piovesan.
Però, anno più, anno meno, siamo lì. Con la differenza che, al contrario dei pini loricati, sono messi malissimo, come è noto. Invece che proteggerli, li vogliono eradicare, con tutta la specie originaria, in nome dell’ affaire Xylella’ e per conto non sappiamo ancora bene di chi, ma possiamo agevolmnte immaginarcelo. Certo con la mano cattiva dei burocrati dell’ Unione Europea, che non sono i feudatari franchi, né gli intellettuali umanisti. Sono gli speculatori, i lobbysti e gli affaristi dell’ alta finanza internazionale di Bruxelles, e i politici loro camerieri, tipo quello, tanto per non fare nomi, del famigerato ultimo decreto.
Longa vita a Italus, allora!
E, nell’ occasione, buona vita pure a Nonna Ndata e a Nonnu Uccio, buona vita, come li chiama il sindaco di Melendugno Marco Potì, a tutti ‘i nostri fratelli ulivi’, che con i loro sguardi umani ci parlano, e sopravvivono all’ incuria del tempo e degli uomini, ai veleni chimici con cui abbiamo irrorato le campagne salentine, e non vogliono certo arrendersi ora, soccombendo a Jean-Claude Juncker, e a Maurizio Martina.______
LA RICERCA nel nostro articolo del 20 maggio
I NOSTRI FRATELLI ULIVI, GIOIELLI VIVI, CHE NON TROVANO RAPPRESENTANTI NELLE ISTITUZIONI
Grazie Giuseppe! La memoria di questo commento vivrà quanto i nostri ulivi! Perché loro, non saranno vittime della mannaia speculativa……..
Complimenti per il bel pezzo. Gianluca
HA 1.230 ANNI “ITALUS”, UN PINO LORICATO DEL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO: È L’ALBERO VIVENTE SCIENTIFICAMENTE DATATO PIÙ ANTICO D’EUROPA
LO HA STABILITO L’ACCELERATORE DI PARTICELLE TANDETRON DEL CENTRO DI FISICA APPLICATA DATAZIONE E DIAGNOSTICA UNISALENTO
“Italus” è, con i suoi 1.230 anni, l’albero vivente scientificamente datato più antico d’Europa: si tratta di un pino loricato del Parco Nazionale del Pollino; la datazione assoluta con il radiocarbonio è stata effettuata con l’acceleratore di particelle Tandetron presso il CEDAD, il Centro di Fisica Applicata Datazione e Diagnostica del Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” dell’Università del Salento, specializzato nel campo delle tecniche nucleari per la datazione e le analisi isotopiche e dei materiali.
Il risultato è stato presentato nei giorni scorsi nel corso della conferenza internazionale “Radiocarbon” a Trondheim, in Norvegia, dal team di ricerca multidisciplinare italo-americano che ci ha lavorato, guidato dal professor Gianluca Piovesan dell’Università della Tuscia di Viterbo.
Gli scienziati del CEDAD hanno usato una serie di anelli di accrescimento annuale di Italus, selezionati dagli altri ricercatori coinvolti nel progetto, come “archivio” per ricostruire il contenuto di radiocarbonio nell’aria negli ultimi 1.230 anni.
Il radiocarbonio (un isotopo radioattivo del carbonio), noto per il suo uso nella datazione dei reperti archeologici, si produce infatti continuamente nell’atmosfera della Terra per effetto dei raggi cosmici che provengono dal Sole e dal resto dell’Universo. Quanto più intenso è questo “bombardamento” tanto più radiocarbonio si produce e tanto più ne viene assorbito dagli organismi viventi. Qui entra in gioco Italus e l’idea degli scienziati: misurando la quantità di radiocarbonio in ogni singolo anello di Italus è possibile risalire all’intensità del “bombardamento” in un determinato anno.
«Abbiamo analizzato con l’acceleratore del CEDAD la quantità di radiocarbonio contenuta in singoli anelli di Italus e abbiamo identificato un aumento anomalo dell’anno 993-994 dopo Cristo», spiega il professor Lucio Calcagnile, direttore del CEDAD, «Si tratta di uno dei cosiddetti eventi di Miyake dovuti, probabilmente, a un aumento molto significativo dell’attività solare connessa all’emissione di protoni di alta energia da arte del Sole (i cosiddetti SPE: Solar Proton Events). Per la prima volta questo evento viene indentificato in Italia e in un albero vivente».
«L’identificazione di questi eventi rappresenta una sfida da un punto di vista scientifico, perché richiede un’accurata selezione dei campioni, complesse procedure di trattamento chimico e, soprattutto, precisioni e sensibilità strumentali al limite delle capacità tecniche disponibili», commenta il professor Gianluca Quarta, docente di UniSalento e co-autore della scoperta,
«La sfida ora è identificare altri eventi di questo tipo (certamente ve ne è stato un altro ancora più intenso nel 774-775 dopo Cristo), stabilirne la natura e l’eventuale periodicità. Con la consapevolezza che, se nel passato un evento di questo tipo portava solo a vedere le aurore boreali anche alle nostre latitudini, oggi provocherebbe danni ingentissimi ai sistemi di telecomunicazione e ai satelliti, e sarebbe un serio rischio per molte delle tecnologie cui siamo quotidianamente abituati».