CINQUANTA ANNI FA ‘IL SESSANTOTTO’ A LECCE. QUANDO, DOPO ESSERSI DATA LA MANO, NIETZSCHE E MARX PRESERO MAZZE E CATENE, E SE LE DIEDERO DI SANTA RAGIONE
(g.p.)______”La destra giovanile ebbe un atteggiamento duplice verso il movimento studentesco. Da una parte si opponeva, anche con frequenti attacchi fisici e agguati anche personali, in nome dell’ anticomunismo e del ripristino dell’ ordine. Dall’ altra era irresistibilmente attratta, come nella prima fase iniziale, dal fascino della novità, dalla freschezza degli ideali, dalla rottura dell’ establishment culturale e di costume, dalla possibilità anche di ritagliarsi un ruolo da protagonista”.
‘Fotografia’ a mezzo stampa perfetta del campo avverso, ma in un primo momento, come abbiamo visto, alleato, fatta da uno dei leader leccesi di sinistra della Contestazione, Oreste Massari.
Proprio così. Con riscontri paradossali addirittura.
Adalberto Baldoni racconta in “Noi, rivoluzionari” come ai famosi disordini di Valle Giulia a Roma del 1 marzo 1968, quelli per cui Pier Paolo Pasolini scrisse una celeberrima poesia, in cui migliaia di studenti si scontrarono per tre ore con la Polizia, e che segna praticamente l’ inizio della Contestazione in Italia, parteciparono numerosi giovani di destra, anzi ne erano “la forza d’ urto”.
Però pochi giorni dopo, il 16 marzo, parlamentari ed esponenti di primo piano del Movimento Sociale Italiano vanno a ‘liberare’ l’ Università, seguiti dagli attivisti fedeli alle direttive nel frattempo emanate dal partito, all’ epoca guidato dal ‘moderato’ Arturo Michelini, in testa Giorgio Almirante, destinato a succedergli poco dopo, cominciando dalla facoltà di Legge occupata da altri giovani di destra, passando poi a quella di Lettere, dove fanno a botte con gli occupanti ‘comunisti’ (nella foto).
Questo avvenimento, con gli scontri seguenti con i ‘comunisti’, segnerà in maniera irreversibile gli sviluppi futuri in tutta Italia e segnerà una frattura irreversibile.
Mi raccontò e mi spiegò a suo tempo un testimone oculare di quel 16 marzo 1968 a Roma, uno studente univeritario leccese: “…Il bello era che fra gli occupanti c’era una discreta rappresentanza di giovani di destra che, pur senza avere le idee chiare, partecipava al fenomeno in atto, accanto a quelli che allora si chiamavano ‘rossi’, ‘cinesi’, e pure gli altri, più confusi ancora, denominati ‘nazimaoisti’.
Noi, inesperti come loro, credevamo invece di stare dall’ altra parte della barricata, con una chiarezza ideologica pari alla disinformazione del momento.
Certo non avevamo capito niente della contstazione, noi esattamente come gli altri.
Dall’ altro lato, infatti, il partito, almeno in taluni settori ufficiali, pensò di interpretare un certo diffuso stato d’ animo dell’ opinione pubblica che voleva porre fine a quel clima agitatorio e parainsurrezionale, e auspicava il ristabilimento dell’ ordine. Fu così che, per farci paladini di tali intendimenti, fu deciso in breve dall’alto di andare tutti in forze, proprio noi, ‘disoccupare’ l’ Università”.
A Lecce, dove, come abbiamo visto, come anche in tante altre città d’ Italia, i giovani di destra parteciparono attivamente con quelli di sinistra alle fasi iniziali della contestazione, il ‘contrordine camerati’ giunge presto.
Ruggero Vantaggiato – nel già più volte citato “Quei giovani ribelli del ’68 salentino” – descrive cosa successe con minuzia di particolari. Parte dal fatto che un Movimento Studentesco sempre più con connotati di sinistra occupa di nuovo l’ Università, e questa ne tiene fuori quelli di destra. Poi racconta che l’ 11 diembre ci fu una riunione in cui “decidemmo di sbloccare con la forza l’ insostenibile situazione che paralizzava il normale svolgimento delle lezioni“.
A mezzanotte, si ritrovano in venti, armati di mazze di biliardo e di catene. Si muovono con grande cautela, “perché i comunisti che occupavano l’ Università erano allertati e pronti allo scontro con mazze, catene e pietre”.
Passano dal retro dell’ Ateneo rompendo una finestra dell’ Istituto di Pedagogia, ma rimangono intrappolati in un’ aula. Gli occupanti se ne sono accorti, e cominciano a gridare contro di loro, e a cantare ‘Bandiera rossa”. Gli assalitori riescono a sfondare la porta interna dell’ Istituto e arrivno al contatto fisico.
I due gruppi, prima di separarsi, portandosi appresso i numerosi feriti, nessuno dei quali fortunatamente in maniera grave, se le danno ‘all’ arma bianca’ per due ore, fra vetri rotti, masserizie distrutte, suppellettili disperse, libri e documenti danneggiati.
Il giorno dopo, l’ allora procuratore capo della Repubblica Biagio Cotugno, per non fare torto a nessuno, avvia un procedimento penale a carico di decine di giovani, sia i promotori dell’ assalto, sia i responsabili dell’ occupazione, contestando vari reati, fra cui rissa e danneggiamenti.
La contestazione, dalle aule universitarie, si trasferisce in quelle giudiziarie.
Il ‘Sessantotto finisce presto, e da lì a poco cominciano ‘gli anni di piombo”.______
5 – Fine.______
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