L’OCCHIO SUL CINEMA EUROPEO: UN ULIVO PIANTATO A BLACKBURN PER MICHAEL WINTERBOTTOM
di Annibale Gagliani______
Nella mattinata estiva appena trascorsa, il narratore del reale, nonché cineasta della spazio, Michael Winterbottom, profumava d’ulivo. Essenza emanata dal Sommo dorato riservatogli per la carriera alla diciannovesima edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce, che è decollato con una popolare onda rock sulle mattonelle desiderate del Barocco.
Winterbottom è anche sceneggiatore, produttore e autore, uno dei più guizzanti e anticonformisti delle teche artistiche “God save the Queen”. Non è per niente campanilista, contrario alla Brexit dalla prima ora. Apprezza notevolelmente il cinema dei grandi Maestri italiani: Fellini, Rossellini, De Sica, Bernardo Bertolucci, Monicelli.
Ha cominciato a narrare le contraddizioni sommerse e le pulsioni positive delle gente comune nel piccolo schermo, per poi passare agilmente alla tipologia di narrazione a lui più congeniale: il docu-film da grande schermo. Recentemente si è avvicinato molto alla scena indipendente della Quinta Arte internazionale, denotando una notevole versalita, mista a un elcettismo figlio di profondi studi storico-letterari. Da buon figlio dell’accademia documentaria predilige i sistemi tradizionali d’ispirazione: viaggi, letture, discussioni, incontri con gli occhi che celano vicende travolgenti nell’anima.
Nei prossimi giorni saranno visibili al Cinema Massimo suoi capolavori di taglio giornalistico e delicatamente investigativo come: Welcome to Sarajevo, The Road to Guantanamo e Meredith – The Face of an Angel, giusto per citarne qualcuno. Il primo narra di come si possa vivere in uno Stato non ancora sovrano liberamente, il secondo di come essere militari americani in territorio avverso sia un brivido indelebile, il terzo della macchina mediatica azionata dinanzi a un processo giuridico di rilevanza mondiale, la cosiddetta (ma non troppo) “gogna”.
Stasera il critrico cinematografico Luca Bandirali presenterà Winterbottom al pubblico leccese, preannunciando la sua pellicola vincitrice dell’Orso d’oro al Festival di Berlino del 2003: Cose di questo mondo. Bandirali dice di lui: «In Witterbottom tutto nasce dall’esperienza dello spostamento, dal taccuino di un viaggiatore». Pensiero confermato dallo stesso cineasta, che alla mia sfida lanciatagli su “come racconterebbe il flusso sanguinante della vita in un quartiere di Aleppo o Damasco oggi”, lui ha risposto che sta già incontrando uomini e donne che hanno storie squassanti da raccontare per la questione siriana. Molti di loro sono giornalisti freelance, che con addosso uno zainetto e un bastimento di emozioni taglienti tra le sinapsi, raccontano la realtà senza filtri, assumendosi rischi che sono ampiamente amplificati.
Proprio quella realtà elegante e travestita, dura e didattica, protagonista assoluta del cinema witterbottomiano, che nel futuro prossimo approderà in Puglia, per rievocare gli scenari più dolorosi del fronte palestinese.