PROBLEMI AL PRONTO SOCCORSO DEL ‘VITO FAZZI’
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il presidente dell’ associazione Sportello dei Diritti Giovanni D’Agata ci scrive______
Pronto Soccorso dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. La denuncia degli infermieri: nessuno abilitato al triage, tranne un solo collega (ormai prossimo alla pensione). Occorre la formazione per aumentare le competenze e meglio salvaguardare i pazienti.
«Tutto il personale infermieristico del PS del Vito Fazzi chiede di essere abilitato a svolgere la funzione di “triagista”…». Inizia così la lettera appello, ma anche di denuncia, degli infermieri del Pronto Soccorso dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce rivolta al Direttore Sanitario, al Direttore del U.O. del Pronto Soccorso e al Responsabile dell’Ufficio Formazione, con la quale viene esposto un problema che lo “Sportello dei Diritti” ritiene di primaria importanza: quello della carenza di formazione del personale rispetto alla fondamentale e imprescindibile attività di “triage” all’interno di ogni unità di Pronto Soccorso che si rispetti.
Con questo termine di origine francese s’intende, infatti, un sistema utilizzato per selezionare i soggetti coinvolti in infortuni secondo classi di urgenza/emergenza crescenti, in base alla gravità delle lesioni riportate e del loro quadro clinico. Per estensione, la tecnica del triage, di competenza infermieristica, viene messa in opera ogni qual volta è necessario smistare una serie di utenti che chiedono un servizio verso gli operatori opportuni.
Quindi, quanto è dato apprendere a seguito della nota trasmessa dal personale infermieristico del PS del Vito Fazzi di Lecce appare del tutto sorprendente per non dire preoccupante, perché nessuno degli addetti, se non uno solo dei decani dell’Unità Ospedaliera in questione ormai prossimo alla pensione, è abilitato a questa fondamentale attività che richiede un’adeguata e specifica formazione, per la quale, gli stessi firmatari nel chiedere ai vertici ospedalieri di organizzare corsi di formazione abilitante specifica in tal senso, hanno dichiarato di declinare «qualsiasi responsabilità derivante da questa carenza formativa».
Non vi è alcun dubbio, che quest’appello debba essere senz’altro accolto perché nella gestione delle emergenze e di situazioni che richiedono decisioni rapide e sempre più appropriate, la formazione sia la risposta migliore, per aumentare le competenze degli addetti ai lavori e meglio salvaguardare i pazienti.
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Infermieri del Pronto Soccorso del “Vito Fazzi” privi di abilitazione al Triage? Una vera e propria bufala. A smentire in maniera decisa le notizie circolate è il primario Silvano Fracella, che rassicura: chi opera al triage è perfettamente formato e lo fa in base al protocollo operativo stabilito dallo stesso primario e condiviso con il direttore di presidio.
Insomma, una falsità fatta circolare ad arte per non meglio identificate finalità e carpendo, in maniera fraudolenta, la buona fede di diversi infermieri del Pronto Soccorso che hanno sottoscritto una pur legittima richiesta di aggiornamento professionale, ma si sono ritrovati con la propria firma in calce ad un documento diverso e che denuncerebbe la presunta mancanza di un’abilitazione per poter operare al Triage. Una certificazione – rimarca il primario – che non è prevista da alcuna normativa italiana. In realtà per essere addetti al Triage, che è sostanzialmente una funzione di prevalutazione per definire un codice di priorità prevista nei Pronto Soccorso con almeno 25mila accessi annui (il Fazzi ne registra circa il triplo), è necessario che gli infermieri abbiano un’anzianità di servizio di almeno sei mesi e siano adeguatamente formati.
Caratteristiche che nel “Vito Fazzi” vengono rispettate dal 1997, ossia da quando è stata istituita l’attività di Triage all’interno del Pronto Soccorso. In questo quadro di regole ben chiare il primario ha individuato, attingendo dalla pianta organica, un gruppo di 12 infermieri (impiegati due alla volta) e li ha dedicati esclusivamente al Triage. All’origine della scelta una semplice valutazione di opportunità, ritenendo importante valorizzare una funzione che dev’essere basata non solo su capacità tecniche ma anche su una propensione alla relazione interpersonale, all’ascolto dell’utenza. Una modalità organizzativa che, è bene ricordarlo, di recente è stata valutata positivamente da ispettori della Regione Puglia.
Quella della “falsa notizia” è una vicenda sulla quale, in ogni caso, la Direzione Generale intende andare sino in fondo, a tutela dell’onorabilità dell’azienda, degli operatori e degli utenti, in particolare per verificare se sia possibile ravvisarvi profili di procurato allarme.