DOPO L’ ULTIMO SQUALLIDO EXPLOIT TELEVISIVO / FENOMENOLOGIA DI VITTORIO SGARBI INACIDITO: L’ INSUCCESSO GLI HA DATO ALLA TESTA
di Giuseppe Puppo______
Come lo yogurt, Silvio Berlusconi sarà pure ‘scaduto’, come gli ha detto domenica scorsa una bella ragazza, mostrandogli le tette.
Ma, dopo una campagna elettorale sopra le righe, spesso inutilmente cattiva, e sotto i risultati, si è comportato poi con decenza, da signore: ha ammesso la sconfitta, ha annunciato di volersi comunque impegnare, di voler tenere fede ai patti e cose – garbate – simili.
Se però lui forse è scaduto, di certo Vittorio Sgarbi è inacidito, peggio di uno yogurt marcio, ormai.
Dopo una campagna elettorale condotta a suon di falsità, offese e volgarità, che gli ha riservato una sonora, quanto sacrosanta, memorabile batosta, una vera e propria figura di, sì, insomma, è inutile usare il lessico a lui abituale, nella frase celeberrima di Emilio Fede, l’ insuccesso gli ha dato alla testa.
E, siccome al peggio non c’è mai fine, ieri sera l’ ha chiusa in bruttezza.
La sua carriera di sedicente celebrità iniziò tanti anni fa con l’ epiteto di, va beh, dai, siamo sempre in tema, dato ad una professoressa in un ‘Maurizio Costanzo Show’, ed è finita ieri sera, miseramente, in un dibattito televisivo sul risultato elettorale condotto su Rete 4 da Maurizio Belpietro e dalla giornalista Veronica Gentili.
L’ho visto, con i miei occhi, durante un fortuito, anzi, fortunato, a questo punto, ‘zapping’, come dicono quelli che parlano bene l’ italiano, e vederlo non avrei voluto.
Mi sono vergognato io per lui, per tutti gli amanti della cultura, per tutti i giornalisti, per tutti i maschi.
Certo, il personaggio non è nuovo a schifezza simili, d’accordo. Ma ogni limite ha la sua pazienza, e ieri Vittorio Sgarbi l’ ha frantumata.
Perché se poi la cultura deve portare questa tristissima, squallida, delirante deriva, allora è meglio rimanere analfabeti.
L’ educazione viene sempre prima di tutto. E un così detto cafone contadino ne ha certo sempre e comunque più di lui.
La cultura poi insegna il rispetto, detta la tolleranza, predica la modestia, favorisce il confronto, e tutta una serie di belle maniere e tanta altra ottima educazione sentimentale, che egli pare aver smarrito per sempre, se mai le abbia mai avute.
Ha vomitato in diretta nei confronti della povera Veronica Gentili, capro espiatorio del delirio di onnipotenza patologico oramai in cui egli versa, tutta una serie di offese e insulti irripetibili, cui la malcapitata ha garbatamente rimandato al mittente, ed elegantemente pure alla di lui sorella, pur rimanendone poi visibilmente scossa, scura in volto, incredula più che offesa.
Il motivo scatenante dell’ ira maldestra sgarbiana talmente esacerbata, da rendere pure le capre da lui spesso citate, di lui migliori, è stato il fatto che la giornalista voleva fare il suo mestiere, fare cioè una domanda, nel mezzo dello sproloquio senza capo né coda, in cui egli si era lasciato andare in tempi biblici.
Tutto qui. Apriti cielo! Da qui è partito lo show nemmeno più della volgarità, dell’ orrore proprio, con le frasi irripetibili.
Che tristezza. Un Golem reincarnato, ormai. E che squallore.
Classe 1952, di Ferrara, Vittorio Sgarbi, di famiglia agiata, si era laureato in filosofia con specializzazione in storia dell’arte a Bologna ed era diventato dipendente del Ministero dei Beni Artistici, funzionario alla sovrintendenza regionale del Veneto. Aveva cioè avviato una “normale” e “tranquilla” carriera e aveva pubblicato una serie di anonime monografie e di cataloghi accademici.
Un uomo (non una delle tantissime donne conosciute) gli cambia la vita, nel 1989: Maurizio Costanzo, allora in gran auge, che lo invita ripetutamente al suo “show”, già sulle reti televisive berlusconiane, a parlare di arte. L’unica materia che il Nostro ha almeno studiato, per quanto la interpreti e la renda in maniera del tutto accademica, didascalica, oltre che con la solita prosopopea e per usi disinvolti, al limite delle sconcezze in cui altrimenti è ripetutamente sconfinato in tutti gli altri campi di intervento in cui ha esercitato la sua vena protagonistica.
Sgarbi si impone nello smodato repertorio di varia umanità che là trovava esibizione e gloria, all’epoca salotto – buono della decadente così detta “prima repubblica” e vetrina del regime demo – socialista, mentre in sinergia con le altre reti Fininvest preparava l’avvento della seconda, senza che nessuno se ne accorgesse, ma già capace di dettare l’agenda dell’editoria e dello spettacolo. Non so come e perché i due si fossero conosciuti e non sono riuscito a scoprirlo, ma certo sarebbe interessantissimo ricostruire cause e motivi di questa “attrazione fatale”, perché parte da qui lo snodo di tutto il resto.
Non per la qualità delle partecipazioni: le sue conversazioni in tale sede non si discostano da semplici chiacchierate divulgative . Però Vittorio Sgarbi diventò ospite privilegiato dopo che, alla prima occasione, insultò con un termine irripetibile una delle altre partecipanti, una preside che leggeva una sua poesia, inaugurando la tv del turpiloquio e della lite volgare, di cui sarebbe diventato superbo interprete, con ciò accreditandosi man mano, parolaccia dopo parolaccia, offesa dopo offesa, interruzione dopo interruzione, sproloquio dopo sproloquio, quale personaggio pubblico di fama smisurata.
Grazie alla benevolenza di Maurizio Costanzo, insomma, dopo quasi tre anni, sessanta puntate, quindici ore in totale di discorsi complessivi, pure venticinque videocassette (vendute in edicola e prodotta da una società controllata dallo stesso Maurizio Costanzo, quando si dice il conflitto di interessi) era nata una stella dello Spettacolo.
Proprio negli anni, nel 1989 e nel 1990, in cui partecipa con tale assiduità al “Maurizio Costanzo show”, ma in cui era pur sempre ancora funzionario del Ministero del Beni culturali, Vittorio Sgarbi si mette in malattia. Rimedia la prima e la più disdicevole di una serie di condanne penali, e traversie giudiziarie in cui in seguito sarà ripetutamente coinvolto, dalle diffamazioni, all’uso privato di beni pubblici, per gli infamanti reati di falso e truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato: sei mesi e dieci giorni di carcere. Pena confermata in appello nel 1996 e passata in giudicato.
Ma ormai è un personaggio famoso e pensa bene di “allargarsi” alla politica.
La televisione gli rimane dagli esordi ai giorni nostri uno strumento di notorietà, che usa a profusione, per corroborare il suo personaggio. Passa da una trasmissione all’altra, dando vita a una serie di memorabili quanto squallidi litigi, quando non addirittura vere e proprie risse, con l’universo mondo, in particolare quelle con Mike Buongiorno, Roberto D’Agostino, Alessandro Cecchi Paone, Alessandra Mussolini, risse che, anche grazie ai servigi di uno strumento quale You tube, resteranno monumentum aere perennius della tv – trash dell’epoca nostra, capace di elevare al rango di “maitre a penser” e intellettuale sommo un eccentrico, quanto limitato e per giunta volgare personaggio come Vittorio Sgarbi, appunto.
Peggio.
La notorietà televisiva gli spalancò le porte – girevoli, molto, ma molto girevoli, è il caso di dire – della politica, di cui Vittorio Sgarbi ben poco sapeva e ben poco continua a sapere, quanto a retroterra ideologico e prospettive sociali, da oscuro militante locale che era in origine dell’ allora Pci, il che non gli ha impedito di assemblare confusamente incarichi elettivi, cariche pubbliche, nomine di sotto – governo e di sotto, sotto – governo dettate dal potere politico, organizzazioni di partiti varie, in un guazzabuglio pressoché inestricabile di giravolte, a destra e a manca di Forza Italia, e di Silvio Berlusconi in particolare, al quale rimane, alla faccia dell’indipendenza della cultura e della carica di critica e di libertà che essa dovrebbe sempre avere, supinamente allineato e coperto.
Risibili tout court tutte le sue invenzioni ‘politiche’ di tanti anni.
La politica come avanspettacolo, insomma, senza offesa per il nobile genere dell’ avanspettacolo, quello serio, nella sua versione di spettacolarizzazione di massa del giullare servo del potere, la personificazione delle piece di Dario Fo, l’ incarnazione dei saggi di Alberto Asor Rosa.
Ugualmente emblematico il rapporto di Vittorio Sgarbi con l’universo femminile, che vogliamo ugualmente commentare, perché “privato” è “pubblico”, “personale” è politico
L’aereo di Stato che prende con Sara Tommasi (a parte l’altra sconcezza del vantarsi di essere stato anch’egli con la ormai famosa Ruby) per portarla alla corte di Silvio Berlusconi non è infatti un’altra dimostrazione del disinvolto uso dei beni istituzionali (dall’apertura dei musei apposta per i suoi amici, alle auto blu di rappresentanza ); non è infatti un’altra dimostrazione di servilismo politico; è invece una paradigmatica dimostrazione della concezione sua riguardo alle donne.
Verso di loro, infatti, le quali ne sono comunque attratte, dal fascino sicuro e affidabile degli stereotipi dell’uomo di maturità, di cultura, di potere, di successo, manifesta prepotenza, arroganza, sostanziale disprezzo. Però, a differenza di lui, un uomo maturo è capace di stabilire legami autentici e profondi.
La cultura, poi, ribadisco, insegna prima di tutto l’educazione, quanto meno il rispetto. Il potere dovrebbe vestirsi di umiltà e di povertà. Il successo, quindi, nella fenomenologia di Vittorio Sgarbi, è l’unica dimensione reale: ma si tratta del successo materiale e volgare dell’apparire, tipico dei giorni nostri e in tal senso va inquadrato e correttamente misurato.
Infine, a completare un quadro come si vede ben diverso nella sua vera dimensione da quel che appare, nega poi completamente la funzione materna: o, per meglio dire, nega la sua paternità.
Insomma, leva sistematicamente a ogni rapporto d’amore la dimensione vitale e dunque più magica, la stessa prospettiva futura: quindi, nega l’amore stesso.
Fin qui la storia di quest’uomo, che ho voluto, sia pur in sintesi giornalistica ricostruire – sia ben inteso: in spirito crociano, e sottolineo: crociano, senza indulgere in accanimenti, che sarebbero stati oltremodo facili – per un’unica considerazione, che proprio non riesco a sopportare: che, oggi, quando si parli di cultura, si parli di Vittorio Sgarbi, e ancora a Vittorio Sgarbi si pensi.
Dopo l’ ultima serata televisiva di lunedì 5 marzo 2018, non è proprio più possibile.
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