MAFIA E MASSONERIA – 6 / LE ZONE GRIGIE. CHE FARE, DI FRONTE AL “mutamento della strategia criminale della mafia che, ora, mira a sedersi nei tavoli degli accordi piuttosto che impugnare le armi per le strade”
(g.p.)______La parte finale della lunghissima relazione conclusiva della Commissione Antimafia su “mafia e massoneria” che abbiamo fin qui riassunta è dedicata ad una serie di proposte di natura legislativa, demandate alla prossima legislatura.
Vediamole.
Si riparte da alcune considerazioni acquisite.
Negli ultimi decenni, dalle costituzioni massoniche e dai tipi di giuramento massonico, seppure modernizzati si evince: un rapporto di subordinazione gerarchica del massone di grado inferiore rispetto a quello di grado superiore con obbligo di rispettarne le direttive; un vincolo di solidarietà tra massoni anche all’esterno dell’associazione massonica; un obbligo di segretezza in ordine a determinati rapporti e prassi; il rifiuto della “giustizia profana”, ossia di quella di Stato, a favore della giustizia massonica riguardo a liti fra massoni.
Il vincolo di solidarietà tra fratelli, a sua volta, consente, perfino, come visto in uno dei casi di estrema gravità Affrontati, il dialogo tra esponenti mafiosi e chi amministra la giustizia; dialogo che non solo legittima richieste di intervento per mutare il corso dei processi, ma impone il silenzio di chi quelle richieste riceve.
La prevalenza dell’ordinamento massonico, ancora, impedisce allo Stato la conoscenza perfino dei reati consumati nonché il controllo dell’applicazione delle proprie leggi sui dipendenti pubblici; consente lo spregio delle regole e dei doveri civici da parte dei massoni con l’assoluzione preventiva del cerimoniere il quale garantisce che l’osservanza delle norme interne include automaticamente quella delle altre; toglie la parola agli assessori comunali, seppure impegnati nelle terre martoriate dalla mafia, per farne muti servitori della massoneria.
I vincoli di obbedienza gerarchica inducono al silenzio anche sulle infiltrazioni della mafia perché altrimenti, come è accaduto, si offende implicitamente la dirigenza massonica, che tutto vede e tutto fa, di non aver visto e di non aver fatto nulla.
Tuttavia è proprio il segreto, con tutte le sue appendici, che consente, peraltro “fisiologicamente”, l’incontro tra le due formazioni, una illecita e l’altra lecita, al di fuori di qualunque controllo esterno e, per di più, con la parvenza della liceità, così dando luogo ad una zona grigia della quale ben poco è dato sapere.
Ma vi è di più. Se, da un lato, i singoli massoni sono menomati nella libertà di esternare la zona grigia, dall’altro lato, viene a crearsi, l’asservimento, anche rispetto a fini non massonici o addirittura mafiosi, pure da parte di coloro che, essendo chiamati a svolgere funzioni al servizio dello Stato, devono improntare le loro condotte all’assoluta trasparenza e all’incondizionata lealtà verso le Istituzioni.
Né può dimenticarsi, ancor meno, che la storia di questo Paese, unica nel panorama europeo, è stata
costellata dalla prevaricazione della mafia, soprattutto nel Sud, ma con sempre crescenti fenomeni di
espansione, che ha rappresentato, dunque, una delle emergenze più importanti con cui ci si è dovuti
confrontare e con cui, tuttora, ci si confronta.
L’Italia, colpita dalle stragi di mafia e dalle migliaia di morti, compresi innumerevoli servitori delle Istituzioni, è riuscita a dotarsi di una legislazione sempre più specializzata e attenta che potesse contrastare un così devastante fenomeno; una legislazione all’avanguardia, poi mutuata da altri Paesi, che ha permesso, insieme all’impegno della magistratura e delle forze dell’ordine, di costringere la mafia sanguinaria ad operare in contesti di
sommersione in cui viene privilegiato il metodo collusivo-corruttivo rispetto alle tradizionali
condotte improntate a forme eclatanti di violenza.
Va considerato anche, al riguardo, come ulteriore segno di allarme e di urgenza, l’elevato numero, in continuo aumento, degli iscritti alle logge massoniche calabresi e siciliane. Il dato è certamente giustificabile con il fatto che centinaia di persone, specie nel Sud, possano cercare, all’interno della massoneria, risposte alla crisi economica o, anche solo, a quella dei valori. Ma può altresì essere collegato, magari solo in parte, e soprattutto nelle zone ad alta densità mafiosa, al mutamento della strategia criminale della mafia che, ora, mira a sedersi nei tavoli degli accordi piuttosto che impugnare le armi per le strade.
In questo peculiare momento, dunque, se dovessero sfuggire al controllo istituzionale e normativo
le zone grigie che anzi, proprio perché dissimulate dalla legalità, si trasformano in zone franche, si
vanificherebbero gli enormi sforzi compiuti negli ultimi decenni.
La risoluzione della questione, finora rinviata o ignorata, dunque, non appare più procrastinabile.
Ed è nei principi della Carta costituzionale e della Convenzione dei diritti dell’uomo riportati nelle
pagine precedenti che va ricercata la stella polare che consenta il bilanciamento del diritto
dell’individuo ad associarsi liberamente con l’interesse preminente dello Stato alla tutela della
società dalle mafie.
Che fare allora?
Sarebbe possibile ipotizzare, dunque, un provvedimento amministrativo prefettizio di scioglimento (sottoposto alla possibilità di impugnazione) dell’obbedienza o di una sua articolazione territoriale, e, solo per il caso di persistenza, sotto qualsiasi forma della medesima associazione disciolta, la sanzione penale.
E’ opportuno aggiungere che una norma che vieti, erga omnes, la segretezza di tutte quelle formazioni sociali, massoniche e non, che celino all’esterno e/o all’interno la loro essenza, e dunque così presentando profili di incompatibilità con il libero esercizio dei diritti assicurato dalla nostra Costituzione, non potrebbe ritenersi discriminatoria e nemmeno persecutoria nei confronti della massoneria, come più volte dalla stessa paventato.
Una previsione simile colpirebbe sì quelle associazioni massoniche che non proveranno a rivedere il loro ordinamento e ad adattarlo a quello dello Stato, ma non sarebbero soltanto queste, come è ovvio, gli obiettivi di una norma generale.
In ogni caso, non può non riconoscersi la peculiarità italiana in tema di massoneria che, in diverse occasioni, si è ben differenziata da analoghe associazioni operanti in altri Paesi, per il grave fatto di essere stata la sede di interessi criminali, eversivi e mafiosi.
Una tale norma, del resto, sarebbe conforme alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo e alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che, nonostante quanto inopinatamente affermato in proposito dai gran maestri, non salvaguarda il diritto alla segretezza bensì il diritto all’ associazione; diritto, quest’ultimo, che, secondo la normativa europea, può certamente essere sacrificato in presenza di una espressa previsione legislativa, del perseguimento di finalità di ordine pubblico e di sicurezza nazionale, della proporzionalità della sanzione rispetto ad enti che abbiano finalità lecite, della assenza di pratiche discriminatorie individuabili nel trattare in modo diverso situazioni materialmente paragonabili e senza una giustificazione obiettiva ragionevole.
Infine, una norma di rango superiore che vieti concretamente, e non solo come postulato, le associazioni segrete in senso sostanziale, sarebbe risolutiva, a monte, di tutte quelle altre problematiche prima evidenziate riguardo ai soggetti che, a vario titolo, svolgono attività al diretto servizio dello Stato.
A maggior ragione, può ben prevedersi per le categorie di altri soggetti che instaurano un legame di natura diversa con la Nazione (incaricati di cariche pubbliche e pubblici dipendenti) il mero dovere di comunicare, a pena di decadenza, la propria adesione a tali associazioni, e ciò in virtù dell’obbligo di trasparenza nei confronti della collettività che rappresentano o al cui servizio esercitano le proprie funzioni.
Non si vuole di certo auspicare il ripristino delle disposizioni fasciste, seppure non va dimenticato che, accanto a coloro che perseguivano evidenti volontà illiberali, insigni giuristi apprezzavano tali normative che, per l’eterogenesi dei fini tipica delle leggi, garantivano comunque un sistema di conoscenza e di trasparenza.
Né, all’opposto, il sistema può fondarsi sull’affidamento alle dichiarazioni/autocertificazioni dell’appartenente all’ente pubblico e dell’associazione privata eventualmente richiesta di fornire informazioni, non potendo permettersi che le verifiche sul rispetto dei principi costituzionali possano essere affidate ad un mero postulato di
lealtà.
Una soluzione intermedia potrebbe essere individuata nell’introduzione, innanzitutto, del dovere dell’ente pubblico di effettuare periodicamente tali verifiche, a cui deve corrispondere un dovere specifico di risposta, veritiera e tempestiva, dell’associazione, prevedendosi, per quest’ultima, in caso di inadempimento o di mendacio, la possibilità di un controllo da parte delle prefetture e, quindi, l’eventuale avvio della procedura di scioglimento dell’associazione qualora se ne constatino i caratteri della segretezza.
Appare infine auspicabile che nella prossima legislatura il Parlamento valuti quanto prima, da un lato, come e quando inserire nel proprio programma dei lavori l’argomento oggetto della presente relazione, ai fini delle opportune modifiche alla legislazione vigente. Dall’altro, appare altresì utile una contestuale riflessione su come proseguire il lavoro di inchiesta mediante un mandato da conferire alla prossima Commissione Antimafia, anche
attraverso ulteriori coordinate della ricerca.
In seno al dibattito sono state avanzate proposte, infatti, che i tempi e le risorse disponibili
non hanno consentito di mettere in atto in questa legislatura.
Tra queste, rivestono particolare interesse: l’estensione dell’analisi del rischio di infiltrazione mafiosa nella massoneria anche alle restanti regioni d’Italia, senza limitarla solo a Sicilia e Calabria; l’estensione della verifica sulle
situazioni giudiziarie non solo ai reati di mafia in senso strettamente tecnico, ma anche ad una serie ulteriore di “reati spia”.______
(6 – fine)
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