NOTE D’ARTE / IL VERNISSAGE A LECCE DELLA NUOVA MOSTRA DI VITTORIO TAPPARINI. LA SUA ‘TERRA DI MEZZO’ ABITATA DA SENTIMENTI RIVELATI DAL MAESTRO TRA DIMENSIONE LUDICA E SPENSIERATEZZA QUOTIDIANA
di Eliana Masulli______
Vittorio Tapparini, figlio d’ arte, 56 anni, pittore e scultore leccese, protagonista di numerosissime esposizioni internazionali e premiato come Gran Maestro, presenta una sua nuova personale di pittura, intitolata ‘La terra di mezzo’, inaugurata ieri sera, sabato 16 dicembre, a Lecce, alla Fondazione Palmieri di Vicolo dei Sotterranei, e che rimarrà aperta fino al 7 gennaio, con orario 10.30-13.30 e 16.30-21.00.
La serata, introdotta dal fotografo Bruno Barillari e omaggiata dal Totem dei Pensieri di Ercole Pignatelli, ha visto la presenza della curatrice Claudia Presicce, che ha affermato che: «la terra di mezzo è la terra del coraggio in cui conoscere la parte più vera di noi sgangherata e imperfetta, ma libera».
Sentimenti e utopie, rivelate tra la dimensione del gioco e la spensieratezza di scene quotidiane animate da figure goffe di personaggi liberi da ogni tipo di condizionamento sociale; ‘La terra di mezzo’ ritaglia la realtà urbana, per riformulare la diffusissima necessità di comunità e di coppia, quale centrifugo moto antitetico alla chiusura dell’IO entro individualismi e continue lotte per la sopravvivenza.
Accenno di satira e garbata ironia, che secondo lo stesso Pignatelli fungono da «preludio ad una nuova sinfonia fatta con gli strumenti della pittura, che non arriveranno mai al dramma, con un giocoliere né divertito né impietoso che vive nei panni di un artista».
Lo stesso Tapparini, durante un’intervista, risponde: «a volte cercare lontano non serve se le cose le hai già dentro di te», continuando ad affermare, a proposito della triade simbolo-colore-figura «credo che sia tempo di una stagione nuova, in cui le arti in generale siano chiamate a riformulare un nuovo Rinascimento».
Un messaggio forte, quello di Tapparini, che ancora una volta decide di diffondere mediante lo strumento dell’arte, quasi a voler stimolare una nuova epoca artistica, secondo il principio di una libertà come possibilità d’essere e non come un obbligo, per dirla alla Magritte.
Ancora una volta Tapparini non poteva che rendere visibile il pensiero, mediante pennellate di colore in grado di ribaltare il piano di un’osservazione miope su ciò che spesso, erroneamente, si dà per scontato.
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