RESPONSABILI ED ESPERTI A CONFRONTO OGGI A LECCE AL CONVEGNO DELLA PROVINCIA PER CONTRASTARE IL CYBERBULLISMO: LEGGI E PROVVEDIENTI CI SONO, E’ NECCESSARIO ORA L’ IMPEGNO DI TUTTI
di Stefania Isola * (avvocato – per leccecronaca.it)______
Si è tenuto oggi presso la sala conferenze della Provincia di Lecce un interessantissimo convegno, dal taglio molto pratico e concreto, riguardante il diffuso e preoccupante problema del bullismo ed, in particolare, del cyberbullismo.
Molti i relatori presenti, e, tra questi, il procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni, Maria Cristina Rizzo; e Ivano Zoppi, referente operativo del CO.NA.CY, Centro di Coordinamento Nazionale per la prevenzione e il supporto ai casi di Cyberbullismo del Ministero Istruzione Università e Ricerca, che ha iniziato pochi giorni fa la sua attività alla presenza della Ministra Valeria Fedeli (nella foto).
Il centro, nato a seguito del Protocollo d’intesa sottoscritto nel 2015 tra il Miur e la Casa Pediatrica dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, intende costruire la prima rete nazionale di supporto in materia di cyberbullismo e delle patologie web-correlate rispondendo al bisogno di ascolto e alla domanda di intervento sempre più emergente.
Nella sua relazione il professore Zoppi, oltre a fornire dei dati a dir poco allarmanti in ordine alla diffusione del fenomeno soprattutto nei giovanissimi (l’uso della rete e degli smartphone iniziano precocemente intorno al decimo anno d’età), ha sottolineato come il cyberbullismo non si risolverà sino a quando la rete dei servizi ed i soggetti con responsabilità educative non collaboreranno totalmente per definire un protocollo di intervento sia sulla prevenzione che sulla cura.
Il web è stato una rivoluzione il cui aspetto negativo ed oscuro è, però, l’aver amplificato tutte quelle pratiche che oggi conosciamo con il nome di cyberbullismo.
Per i nativi digitali, la distinzione tra vita online e vita offline è davvero minima o nulla. Le attività che i ragazzi svolgono online o mediati dalla tecnologia, hanno spesso conseguenze spiacevoli anche nella loro vita reale. Nel caso del cyberbullismo, la tecnologia è utilizzata per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone.
Tutto questo può avvenire in vari modi, utilizzando diverse modalità offerte dai nuovi media come ad esempio telefonate, chat sincrone, social network (per esempio, Facebook), siti di giochi online.
Le modalità specifiche con cui i ragazzi realizzano atti di cyberbullismo sono molte. Ne elenchiamo alcune:
diffusione di pettegolezzi attraverso messaggi sui cellulari, mail, social network;
post o inoltro di informazioni, immagini o video imbarazzanti (incluse le fake);
furto di identità e dei profili altrui al fine di mettere in imbarazzo o danneggiare la reputazione della vittima;
insulti o derisione di vittime attraverso messaggi sul cellulare, mail, social network, blog o altri media;
minacce o intimidazioni.
Certamente non è possibile sintetizzare in poche parole quanto detto vista la necessità di una programmazione pluriennale, ma è importante sottolineare un fondamentale passaggio della relazione della dottoressa Rizzo, la quale, nella sua decennale esperienza di giudice e di madre, ha sottolineato che la prima risorsa per affrontare il problema è e resta la famiglia.
Difatti, se il primo istinto umano è quello di vietare, è bene sapere che questo atteggiamento non è certo la migliore delle soluzioni, anzi poterebbe condurre all’effetto opposto, ovvero portare il minore ad interagire in modo non appropriato proprio per contrastare ed opporsi al divieto.
Se quindi la soluzione in apparenza scontata è la peggiore, a parere del procuratore sono invece il controllo e la partecipazione del genitore alla vita virtuale del proprio figlio i mezzi per comprendere quali siano i reali pericoli e per far trovare nell’adulto un interlocutore in grado di intervenire nel modo e nei tempi giusti al fine di prevenire atti impropri.
Tutto questo implica la necessità di maggiori controlli sul web e del coinvolgimento delle scuole nel contrasto a queste attività che, in troppi casi ormai, hanno portato chi ne é stato vittima a togliersi la vita.
A tal proposito è stata approvata a giugno di quest’anno una legge sul cyberbullismo che prevede in ogni scuola, la nomina del cosiddetto docente antibullismo.
In ogni istituto tra i docenti deve essere individuato un referente per le iniziative contro il cyberbullismo; al dirigente spetterà di informare le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo informatico e attivare adeguate azioni educative. L’obbligo di informazione è circoscritto ai casi che non costituiscono reato.
Più in generale, il Miur si riserva il compito di predisporre linee di orientamento, di prevenzione e contrasto puntando, tra l’altro, sulla formazione del personale scolastico e favorendo il ruolo attivo degli studenti.
I compiti del Ministero prevedono misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti, mentre ai singoli istituti è demandata l’educazione alla legalità e all’uso consapevole di internet. A queste iniziative è richiesta la partecipazione della polizia postale e delle associazioni territoriali.
La speranza che le scuole si attrezzino ad affrontare questa sfida e che i propositi della legge non rimangano solo dei bei principi di diritto.
Necessario inoltre l’impegno di ognuno di noi, in qualsiasi ruolo coinvolto, per non dover rimpiangere, a drammi avvenuti, ciò che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto.
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