IL DIAVOLO NON VESTE PRADA. SI NASCONDE NEI DETTAGLI. LA PRESENTAZIONE A LECCE DEL LIBRO DI GIANNI SVALDI, OCCASIONE DI RIFLESSIONE SUL BENE E SUL MALE
di Eliana Masulli______
Il gemellaggio delle Associazioni Thorah e Gnosis continua a dare buoni frutti.
Negli accoglienti locali del Museo Faggiano, sabato sera anche Lecce ha saputo accogliere, richiesto a gran voce, il libro del giornalista Gianni Svaldi (secondo da sinistra nella foto di copertina) dal titolo “Satana Dentro”. Un percorso itinerante, quello dell’ autore, che, se saputo contestualizzare, funge da valido pretesto per riflettere sui fenomeni socio-culturali e antropologici, che spesso possono degenerare in uno spiccato disequilibrio interiore e un disconoscimento del principio d’identità del proprio Io.
L’affluenza di un numeroso pubblico leccese è stata una prova evidente di questo traguardo raggiunto.
Le Associazioni hanno ritenuto opportuno creare una commissione scientifica, che sapesse affrontare sotto il profilo teologico, psicanalitico e psichiatrico il caso di possessione di Maria, pseudonimo della giovane foggiana che, negli anni Novanta, fu al centro di un caso di possessione demoniaca, riconosciuto e affrontato all’unanimità da psichiatri e padri esorcisti.
A parlare di “Satana Dentro” lo psichiatra e psicoterapeuta Gianfranco Antonucci, seguito dallo psicologo e psicoterapeuta Sergio Martella e, non ultimo, il padre esorcista Don Mimmo Ozza; il tutto, ovviamente, accompagnato dall’autore, e dallo scrittore ed editore di “IQdB” Stefano Donno.
Fondamentale la presenza di Svaldi che, con spiccata sensibilità e disarmante rispetto, ha raccontato al pubblico cosa comporta la stesura di un libro-inchiesta su un caso di possessione cosiddetta demoniaca: «Ho incontrato Maria su una panchina – ti parlo della mia storia-, mi disse; così ho deciso, con il suo consenso, di iniziare a testimoniare il dolore profondo che la teneva sospesa e in lotta contro se stessa e contro Dio. Io sono un giornalista, badate bene, e devo riportare i fatti così come sono.
Quello che Maria mi raccontava ha sempre avuto un riscontro con le testimonianze che ho raccolto. Un anno di lavoro, di confronti, di incontri, che hanno richiesto un grande impegno, non solo personale, ma di tutti, di Maria, dei suoi familiari, della gente di paese e di tutte quelle persone che accorrevano sotto casa di Maria da tutta Italia per pregare insieme, affinché quel male andasse via.
Maria era un’adolescente come tanti altri e conduceva una vita normalissima. Andava in discoteca con gli amici; mi cristallizzò -per fare solo un esempio sulla vicenda- apprendere che, durante quelle serate e quando veniva colta da un attacco, gli altri amici fermavano il tempo del loro divertimento per pregare su di lei e prendersi cura, così, di un’amica che soffriva tremendamente.
Ripeto, io sono un giornalista, e durante quei racconti il mio Io privato e il mio Io pubblico dovevano ascoltare con le stesse orecchie. Farmi impermeabile».
Senza alcun dubbio la storia di Maria è una storia che andava raccontata, e andava fatto nel modo più giusto, senza pregiudizi, senza tabù, senza supposizioni; nel doveroso raccoglimento di un dialogo iniziato da una panchina.
Comunque essa lascia ancora delle domande su cui interrogarsi, qualcosa che non trova un volto immediato, un nome, un riferimento tangibile, una definizione.
Satana dentro: fa male al cuore sentirlo pronunciare, immaginarlo dentro il corpo di una giovanissima donna, posato lì, in fondo, viscerale e solitario; eppure, contemporaneamente, Satana dentro non risponde ad un’immagine immediata, non riesce a giustificarsi in alcun modo, neanche con una forte e incrollabile Fede nella parola di Dio. Questo perché il Male può trovare tante strade, troppi nomi, inaspettate modalità con cui rivolgerci la parola.
«Molto spesso, sui casi di possessione cosiddetta demoniaca esistono opinioni e poco materiale. Eppure proprio la Chiesa è sempre stata la sentinella più attenta alle dinamiche che legano il terreno e l’ultraterreno, quando si portano alla luce vicende come quella di Maria. Ci si chiede spesso: solo chi crede può essere posseduto? Ebbene, esiste un substrato naturale e sociale in cui le manifestazioni possono sovrapporsi, laddove in primo luogo un caso di possessione demoniaca è quasi sempre la rappresentazione di un’esperienza di alterità, di condizioni di isolamento portate all’ estrema interiorizzazione, di uno spiccato senso di vergogna» – lo psichiatra e psicoterapeuta Gianfranco Antonucci ha così concluso il proprio intervento, dopo aver minuziosamente analizzato il testo di Svaldi in ogni sua parte, con lo sguardo oggettivo del professionista e la pacatezza di chi riconosce nel caso di Maria una profonda esperienza di dolore, in primis.
Riprendendo il suo ragionamento, don Mimmo Ozza, padre esorcista, ha ben precisato quanto sia difficile e arduo, per tutti, immaginare la concretezza di esseri spirituali, e quanto sia ancora più arduo distinguere, per menti razionali, il materiale dallo spirituale, o meglio il farsi visibile del concreto, laddove il materiale è tale poiché sintetizzato quasi esclusivamente dai nostri organi di senso: «Come nuotare per troppo tempo sott’ acqua: non si resiste troppo a lungo».
Per padre Ozza l’uso improprio di una comune e umana libertà può, in questo, degenerare, facendo sì che la spiritualità e i suoi percorsi di fede imbocchino le strade più errate, secondo una corrente opposta e avversa al diritto stesso della libertà e della pace tra gli uomini.
Di cerniera, in ultimo, i riferimenti apportati dall’ intervento di Sergio Martella, che ha invitato il pubblico alla visione di un momento emblematico della pellicola “A Dangerous Method”,con cui ha posto l’accento sul valore terapeutico e curativo di una mirata psicanalisi, attenta a rastrellare l’albero genealogico del paziente, per risalire alla causa delle manifestazioni di uno spiccato disagio interiore. e per raggiungere, esattamente, il cuore pulsante di un meccanismo di sofferenza innescato a catena e tramandato involontariamente, di genitori in figli: «Ci rendiamo conto che tutto si basa su come impostiamo le nostre relazioni umane e sociali? Queste assumono delle componenti che vanno al di là del razionalismo, che si permeano di una enorme vastità di ricchezze, umane e interiori. Distruggendo l’equilibrio di queste relazioni, viene distrutta anche la voce di un Io interiore, si distrugge la propria identità, sino a raggiungere limiti estremi».
Il dibattito finale ha dato modo di dialogare, civilmente e apertamente, non solo sul caso specifico di una possessione demoniaca, bensì anche e soprattutto sull’ importanza di prestare ascolto al proprio modo di relazionarsi, tanto nei contesti sociali quanto in quelli familiari, che troppo spesso perdono la strada verso un sano e più equilibrato riconoscimento del Sé rispetto all’ Altro.
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