NON SI UCCIDONO COSI’ I RICORDI?
(g.p.)______Vicino a Lecce, a pochi chilometri dalla città e a pochissimi da mare, sulla via di Frigole, ma posta di lato, di traverso, verso l’interno, quindi tagliata fuori dal traffico balneare della buona stagione, cioè, in pratica, sempre isolata, con due segnali in croce che la indicano, c’è una frazione di paese, chiamata Borgo Piave, dove oramai sono rimasti in pochissimi, ma con gli insediamenti abitativi rimasti là, per quanto sempre più deteriorati, a muta testimonianza dei tempi che furono, di quando c’erano i contadini, e i militari della Marina, con le loro giubbe bianche, o azzurre d’inverno, come fanno i marinai.
Fra le due guerre, nel secolo scorso, come avvenne in tante altre e ben più importanti località, il territorio di Borgo Piave fu creato dall’opera di bonifica dell’Opera nazionale Combattenti, cui il fascismo fin dal 1926 aveva affidato i compiti di trasformazione fondiaria e incremento della piccola e media proprietà agraria.
Sulla fontana del grande e scenografico piazzale c’è ancora tanto di fascio littorio, a ricordare la bonifica e l’altra grande opera pubblica dell’acquedotto pugliese. La facciata della scuola riporta poi automaticamente, con i colori sbiaditi e la scritta composta e austera, a tante infanzie trascorse nell’apprendimento semplice, ma efficace, di tempi ancora più remoti. Le case dei coloni rimandano poi addirittura alla vita dei campi raccontata da Giovanni Verga.
Sono sicuro che Borgo Piave, se l’avesse mai visto, sarebbe piaciuto tantissimo a Pier Paolo Pasolini e ne avrebbe di sicuro fatto teatro del suo rimpianto struggente quanto asciutto per la civiltà contadina pre–industriale, in cui vedeva l’autenticità vitalistica, prima degli attentati alla propria identità cui fu sottoposta dall’omologazione consumistica, che al di là delle forme l’ha impoverita nella sostanza.
Erano poveri, ma felici, i contadini, perché vivevano di poco, cioè del necessario e per questo erano tutti necessari, comunque potevano essere sé stessi. Invece poi siamo stati resi tutti superflui, perché costretti a vivere di beni superflui, e costretti ad omologarci ai modelli dominanti, in cui il popolo ha smarrito ogni identità originaria.
In questi giorni, come leccecronaca.it documenta nell’ articolo precedente, qualcuno, non sappiamo se per ignoranza, per superficialità, per vandalismo, per applicazione della recente legge Fiano, vai a capire perché, ha staccato l’ insegna ‘EDIFICIO STORICO RURALE’, dall’ antica scuola del borgo, che adesso non c’è più (nella foto grande di copertina, come era prima; nel riquadro in alto a destra, come è adesso; nella foto interna, come era prima),
E’ come se avesse ferito a morte la memoria, come se avesse amputato un pezzo del cervello di tutti noi.
Ora c’è meno dopolavoro ferroviario, meno libro Cuore, meno Giovanni Verga, meno fanciullino del Pascoli, meno battiam battiam le mani arriva il direttore, meno Amintore Fanfani, meno grembiulini bianchi, meno tutto, di quello che, nel bene, nel male, appartiene al nostro passato, piaccia, o non piaccia, e che, fino a ieri, si era conservato miracolosamente intatto, sottraendosi all’incuria del tempo e degli uomini.
Ora c’è meno di tutto, e bisogna muoversi, prima che ci sia meno di niente.
Quando sindaco e assessori competenti finiranno di fare passeggiate, e cominceranno a mettere mano alla riqualificazione delle marine, comincino da Borgo Piave, se mai lo faranno.
Là c’è ancora qualcosa, che servirà, visto che le nostre non ci sono riuscite, alle generazioni future, per costruire quella preziosa memoria condivisa, che ci manca tanto, terribilmente.______
LA RICERCA nel nostro articolo precedente di oggi
e nel comunicato del 6 febbraio scorso
https://www.leccecronaca.it/index.php/2017/02/06/per-il-recupero-di-borgo-piave/
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